martedì 26 agosto 2014
Riunione straordinaria dal 15 al 17 settembre delle Caritas internazionali coinvolte in quella che Papa Francesco ha chiamato “la Terza guerra mondiale". Già impiegati 6 milioni di euro in aiuti.
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Una riunione d’urgenza sull’emergenza in Medio Oriente è stata convocata da Caritas internationalis, in via straordinaria, dal 15 al 17 settembre a Roma. Vi parteciperanno tutte le Caritas coinvolte in quella che Papa Francesco chiama “la Terza guerra mondiale. Ma fatta a pezzi, a capitoli. Il mondo è in guerra dappertutto”. Caritas italiana, impegnata nell’area con 550mila euro, ha ricevuto dalla Cei un milione di euro da suddividere fra tutti i Paesi.Dalla rete internazionale delle Caritas sono già stati impegnati  6 milioni di euro per aiuti umanitari - cibo, acqua, servizi sanitari e igienici, alloggi, scuole - alle popolazioni colpite dai conflitti in Siria, in Iraq, a Gaza, in Kurdistan, e ai 3/4 milioni di rifugiati siriani in Giordania, Libano, Turchia.Ma si prevede un forte aumento delle cifre per il 2014-2015, fa sapere l'organismo internazionale. Nella sola Siria vi sono 4-5 milioni di sfollati interni, 200mila morti e un numero di vittime che non accenna a diminuire: anche se i media non ne parlano più, secondo l’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) nel mese di luglio sono state uccise 5mila persone. L’Iraq, che aveva accolto 218.040 rifugiati siriani, ha ora almeno .200.000/1.500.000 di sfollati interni. Pronti per una risposta umanitaria più ampia. “Faremo una analisi della situazione - spiega all'agenzia Sir Paolo Beccegato, vice direttore di Caritas italiana e responsabile dell’area internazionale - per capire come migliorare il nostro intervento complessivo. Ci stiamo attrezzando per una risposta più ampia, anche perché il livello di rischio si sta alzando ovunque. Nei singoli Paesi alcune Caritas si trovano in grande difficoltà a causa del grande numero di rifugiati, che rischia di mettere in crisi la coesione sociale. Non si tratta solo di fare un intervento umanitario ma di integrarlo con politiche sociali. Perché quando si superano certi livelli, come sta accadendo in Giordania e Libano, si possono generare dinamiche molto pericolose. C’è poi il rischio terrorismo, anche nei Paesi occidentali, per cui la questione va affrontata sotto diversi punti di vista”. La Caritas teme che “insistere solo sull’intervento militare e sulla fornitura di armi non farà altro che inasprire la situazione. Bisogna cambiare registro e adottare un approccio più complesso, con una forte iniziativa internazionale che miri alla riconciliazione”.
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