lunedì 3 giugno 2019
La chiesa di Rimini festeggia il prete dei record. La Messa con il vescovo Lambiasi il 4 giugno. I suoi figli sono tutti sacerdoti. "Padre Pio mi disse: 'Avrai una famiglia santa e numerosa'"
Martedì 4 giugno, alle 17.30, nella Cattedrale, saranno celebrati i 100 anni di don Probo Vaccarini con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Francesco Lambiasi (a destra nella foto, don Probo è il sacerdote a sinistra)

Martedì 4 giugno, alle 17.30, nella Cattedrale, saranno celebrati i 100 anni di don Probo Vaccarini con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Francesco Lambiasi (a destra nella foto, don Probo è il sacerdote a sinistra)

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Il prete, che io sappia, in servizio più anziano d’Italia vive a Rimini. È don Probo Vaccarini, che il 4 giugno compirà cento anni. Da oltre trenta è parroco alla chiesa di San Martino in Venti. Ma non è tanto la sua longevità a costituire una notizia quanto la sua poliedrica vita, da lui stesso raccontata nel libro «Sposo, Vedovo, Sacerdote».

Don Probo, infatti, dopo essere stato sposato per diciotto anni con Anna Maria Vannucci, rimasto vedovo nel 1970 sentì la 'chiamata' a servire la Chiesa nell'ordine sacro, grazie anche ai consigli ricevuti da Padre Pio. Adempiuto l’iter formativo fu ordinato diacono e successivamente sacerdote, nel 1988. Quasi contemporaneamente i suoi quattro figli maschi diventavano anch'essi sacerdoti, ed una delle tre figlie emetteva i voti in una comunità di laiche consacrate.

Ciò che, però, non sorprende, nella vita da record di don Probo, è che abbia abbracciato il sacerdozio da vedovo, anche perché parallelamente alla sua scelta iniziava ad affermarsi il fenomeno delle vedove e dei vedovi, che mediante il voto di castità consacrano la loro condizione per dedicarsi alla preghiera e al servizio della Chiesa, entrando a far parte dell’Ordo viduarum. Un Ordine che ha radici antichissime. Già nel quarto secolo un console e governatore della Campania, Paolino, si diede con la moglie alla vita ascetica, distribuendo quasi tutti i suoi beni ai poveri. Rimasto vedovo fu ordinato sacerdote e consacrato vescovo di Nola. Proclamato santo oggi le sue opere onorano ancora la letteratura cristiana. Più nota la vicenda di Santa Rita da Cascia, che rimasta vedova per l’uccisione del marito e morti i suoi due figli, entrò nel convento delle agostiniane, dove condusse il resto della sua vita. Oggi è tra le figure di sante più venerate dalla Chiesa. Perfino nel Collegio Cardinalizio è entrato un vedovo: l’inglese Tommaso Weld, che durante la rivoluzione francese si distinse per il soccorso agli esuli e ai sacerdoti in difficoltà. Fu fatto cardinale nel 1830, e dopo la sua morte in suo onore fu eretto un monumento funebre a Roma, nella chiesa di San Marcello al Corso, dove pure riposano le spoglie della moglie e della figlia. Se, dunque, il fenomeno dei vedovi e delle vedove consacrate non è nuovo, sorprende il loro ritorno nel momento in cui tante cose sono cambiate; basti pensare che cento anni fa, quando don Probo nasceva, in Italia c’erano circa 60.000 sacerdoti, mentre oggi sono la metà con una popolazione raddoppiata rispetto ad allora, e ancora più accentuata risulta la variazione quantitativa dei religiosi e delle religiose.

Non si può, però, attribuire il fenomeno dei vedovi e delle vedove consacrate alla crisi delle vocazioni sacerdotali e religiose; esso piuttosto si ripresenta grazie ad una più matura visione della pastorale vocazionale. Da tempo si va ripetendo che la pastorale nel suo insieme è pastorale vocazionale; se così è non può stupire che essa abbracci anche le condizioni dei vedovi e delle vedove verso i quali va l’attenzione dei non pochi vescovi, che hanno istituito l’'Ordo viduarum' nella loro diocesi. Già nel 1993 il Direttorio della pastorale familiare, pubblicato dalla Cei, diceva: «La comunità cristiana non tralasci di proporre la vedovanza come dono offerto alla Chiesa e di presentare le ricchezze spirituali proprie dello stato vedovile». Di fatto le circa trecento vedove consacrate sono presenti in molte diocesi italiane, a Roma soprattutto dove si trova il nucleo più numeroso, composto da diciassette aderenti. Non è, pertanto, fuori luogo pensare ad una proposta vocazionale da rivolgere anche a vedovi e a vedove, dal momento che i Sacramenti sono un dono di Dio e i valori non si elidono, ma si sommano.

A chi chiede a don Probo se consideri un peso o un privilegio avere addosso tutti i sacramenti, risponde: «Monsignor Giovanni Locatelli, che mi ha ordinato sacerdote, quando lo chiamavo eccellenza rispondeva: 'Sì, io sono eccellenza, ma non ho tutti i Sacramenti che hai tu'».

IL RACCONTO STRAORDINARIO DI DON PROBO IN UN'INTERVISTA DEL 2013 A TV2000

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