lunedì 6 febbraio 2017
Martedì 7 febbraio sarà beatificato Justo Takayama Ukon (1552-1615), l'aristocratico che non volle rinnegare il Vangelo. Riconosciuto il suo martirio. Il rito a Osaka presieduto dal cardinale Amato
La statua di Justo Takayama Ukon (1552-1615) che viene beatificato

La statua di Justo Takayama Ukon (1552-1615) che viene beatificato

COMMENTA E CONDIVIDI

Sarà beatificato martedì 7 febbraio a Osaka in Giappone Justo Takayama Ukon (1552-1615), più conosciuto come il “samurai di Cristo”. La Messa sarà presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, che a Radio Vaticana spiega: «Aveva colto il messaggio centrale di Gesù, che è la legge della carità. Per questo era misericordioso con i suoi sudditi, aiutava i poveri, dava il sostentamento ai samurai bisognosi. Fondò la confraternita della misericordia. Tutto ciò provocava stupore e desiderio di imitazione». Aggiunge ad Avvenire Joseph Mitsuaki Takami, il 71enne arcivescovo di Nagasaki presidente della Conferenza episcopale giapponese: «La personalità umana e la vita cristiana di Takayama ne fanno un modello per i cattolici giapponesi di oggi, un incoraggiamento a vivere la fede mettendo in pratica iniziative di misericordia che piacciono a Dio».


Takayama era nato in una famiglia di daimyo, l'aristocrazia feudale giapponese. Quando aveva 12 anni, suo padre Dario, affascinato dalla predicazione di san Francesco Saverio che nel 1549 aveva introdotto il cristianesimo Giappone, si era convertito con tutta la famiglia. Justo era il nome che gli aveva dato il gesuita padre Gaspare di Lella al momento del Battesimo. I Takayama erano una famiglia influente e la loro protezione permise ai missionari gesuiti e francescani di diffondere il Vangelo. Questo “successo” accese il fuoco della persecuzione da parte dello shogunato, il potere militare giapponese. I missionari furono espulsi e i cattolici giapponesi convinti ad abiurare. La famiglia Takayama non si piegò: rinunciò agli onori e alle proprietà ma rimase salda nella fede. Il 5 febbraio 1597 fu ordinata l’esecuzione di 26 cattolici, stranieri e giapponesi: furono crocifissi tutti a Nagasaki dove oggi il Museo dei martiri ricorda una delle pagine più tremende della chiesa nipponica. Nonostante le forti pressioni cui era sottoposto – l’abiura da parte di un personaggio del suo rango avrebbe rappresentato una vittoria per lo shogunato – Justo Ukon continuò a professarsi discepolo di Cristo. La povertà e gli stenti, in parte alleviati dagli amici aristocratici di un tempo, ne minarono la salute. Nel 1614 lo shogun bandì definitivamente il cristianesimo dal Giappone e Justo si mise alla testa di un gruppo di 300 cattolici per guidarli nell'esilio verso le isole delle Filippine. Il gruppo si stabilì a Manila, ma l'inverno rigido aggravò la condizione fisica di Justo Ukon già resa precaria dalle persecuzioni subite in Giappone. Il “samurai di Cristo” morì il 3 febbraio 1615.


Il 21 gennaio 2016 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto per la beatificazione riconoscendone il martirio. Justo Ukon «sarà beatificato come martire – nonostante non abbia avuto una morte violenta –, in considerazione del fatto che questa è stata conseguenza delle sofferenze affrontate per conservare la fede. Tutto ciò rappresenta un buon messaggio per il mondo di oggi», racconta ad Avvenire il gesuita padre Renzo De Luca, direttore del Museo dei martiri di Nagasaki visitato ogni anno da oltre 35 mila visitatori di tutto il mondo. Il sito ricorda i 26 cristiani crocifissi nella città il 5 febbraio 1597 e poi canonizzati nel 1862 da Pio IX che vengono elencati nel martirologio romano come san Paolo Miki e compagni.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: