sabato 3 febbraio 2024
Con la nota "Gestis verbique" il Dicastero per la dottrina della fede ribadisce che modificare i sacramenti è «gravente illecito e meritevole di una pena esemplare». No all'inventiva arbitraria
Il Papa amministra il Battesimo a un neonato

Il Papa amministra il Battesimo a un neonato - archivio Avvenire

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Lo scorso 26 gennaio, parlando ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Dicastero per la dottrina per la fede, papa Francesco ha ricordato che «mediante i sacramenti, i credenti diventano capaci di profezia e di testimonianza». «E il nostro tempo – ha aggiunto - ha bisogno con particolare urgenza di profeti di vita nuova e di testimoni di carità: amiamo dunque e facciamo amare la bellezza e la forza salvifica dei sacramenti!». Nello stesso discorso il Pontefice ha anche invitato i «ministri» a riservare «una particolare cura nell’amministrarli e nel dischiudere ai fedeli i tesori di grazia che comunicano».

Oggi il Dicastero ha emanato la Nota Gestis Verbisque sulla validità dei sacramenti per ribadire con forza che modificare «la forma di un Sacramento o la sua materia è sempre un atto gravemente illecito e merita una pena esemplare, proprio perché simili gesti arbitrari sono in grado di produrre un gravoso danno al popolo fedele di Dio». Infatti, mentre in altri ambiti dell’azione pastorale della Chiesa «si dispone di un ampio spazio per la creatività», una «simile inventiva» nell’ambito della celebrazione dei Sacramenti si trasforma «in una “volontà manipolatrice” e non può perciò essere invocata».

Un sacramento celebrato senza rispettare la materia e la forma non è valido e quindi è come non fosse mai stato celebrato. Con gravi conseguenze per i fedeli e per la vita della Chiesa. Così facendo, infatti, il sacramento stesso non è valido, dunque non c’è mai stato.

Nella presentazione del documento si spiega che la necessità di una Nota come quella pubblicata oggi nasce dal «moltiplicarsi di situazioni in cui si era costretti a costatare l’invalidità dei sacramenti celebrati», con modifiche che «avevano poi condotto alla necessità di rintracciare le persone coinvolte per ripetere il rito del battesimo o della cresima». E cita il caso delle modifiche alla formula del battesimo, ad esempio: «Io ti battezzo nel nome del Creatore…» e «A nome del papà e della mamma… noi ti battezziamo». Circostanze che hanno riguardato anche alcuni sacerdoti che «essendo stati battezzati con formule di questo tipo, hanno scoperto dolorosamente l’invalidità della loro ordinazione e dei sacramenti sino a quel momento celebrati».
La Nota spiega che la «materia del sacramento consiste nell’azione umana attraverso la quale agisce Cristo». In essa «a volte è presente un elemento materiale (acqua, pane, vino, olio), altre volte un gesto particolarmente eloquente (segno della croce, imposizione delle mani, immersione, infusione, consenso, unzione)».

Una corporeità «indispensabile perché radica il sacramento non solo nella storia umana, ma anche, più fondamentalmente, nell’ordine simbolico della Creazione e lo riconduce al mistero dell’incarnazione del Verbo e della Redenzione da Lui operata». Per quanto riguarda la forma del sacramento essa «è costituita dalla parola, che conferisce un significato trascendente alla materia, trasfigurando il significato ordinario dell’elemento materiale e il senso puramente umano dell’azione compiuta». Tale parola «trae sempre in varia misura ispirazione dalla Sacra Scrittura, affonda le sue radici nella vivente Tradizione ecclesiale ed è stata autorevolmente definita dal Magistero della Chiesa». Pertanto materia e forma «non sono mai dipesi né possono dipendere dal volere del singolo individuo o della singola comunità».

Il documento, che cita più volte San Tommaso e i Decreti del Concilio di Trento ribadisce che «per tutti i sacramenti, in ogni caso, l’osservanza della materia e della forma è sempre stata richiesta per la validità della celebrazione, con la consapevolezza che modifiche arbitrarie all’una e/o all’altra – la cui gravità e forza invalidante vanno appurate di volta in volta – mettono a repentaglio l’effettiva elargizione della grazia sacramentale, con evidente danno dei fedeli». Ciò che si legge nei libri liturgici promulgati deve essere quindi osservato fedelmente senza «aggiungere, togliere o mutare alcunché». Perché se si cambiano le parole o la materia, il sacramento non c’è. A tale proposito, nella nota 34, viene fatta una significativa distinzione tra liceità e validità, spiegando che «una qualsiasi modifica alla formula di un Sacramento è sempre un atto gravemente illecito». E «anche quando si consideri che una piccola modifica non altera il significato originario di un Sacramento e, di conseguenza, non lo rende invalido, essa rimane sempre illecita». Inoltre «nei casi dubbi, laddove vi è stata un’alterazione della forma o della materia di un Sacramento, il discernimento circa la sua validità spetta alla competenza» del Dicastero per la dottrina della fede.

La Nota, firmata dal cardinale prefetto Victor Fernandez e dal segretario per la sezione dottrinale, monsignor Armando Matteo, porta la data del 2 febbraio. Il testo, dopo essere stato approvato «unanimemente» dalla Plenaria del Dicastero il 25 gennaio, è stato «approvato» da Papa Francesco che ne ha «ordinato la pubblicazione» nel corso dell’udienza al cardinale prefetto del 31 gennaio.

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