Riccardi: «Il Papa voce dei civili inermi. A Gaza s'è superato il limite»

Per il fondatore di Sant’Egidio l'azione di Leone XIV è «l'unica a tenere alta la bandiera della pace. E non s'è affatto mosso solo dopo l'attacco ai cristiani»
July 21, 2025
Riccardi: «Il Papa voce dei civili inermi. A Gaza s'è superato il limite»
Siciliani | Andrea Riccardi
«Il Papa va ringraziato perché tiene alto in questo momento molto difficile la bandiera della pace a Gaza». Con Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ripartiamo dalle parole di Leone XIV all’Angelus domenicale e riavvolgiamo il nastro fino a giovedì scorso, giorno dell’attacco alla parrocchia di Gaza per provare a capire la visione della Santa Sede ora che sono stati superati tutti i limiti e non esistono più luoghi sacri. «Le parole di Leone sono state molto forti - spiega Riccardi - ricordando i colpi sulla chiesa della Sacra Famiglia e chiedendo con decisione di finire la guerra. Si sono aggiunti ieri 25 ministri degli esteri occidentali, che hanno condannato le lentezze imposte alla distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, denunciato “il livello insostenibile” di sofferenza dei civili e chiesto la tregua».
Qualcuno ha detto maliziosamente che il Papa parla quando viene colpita la chiesa cattolica.
Bisogna rivendicare la continua attenzione di Francesco e Leone XIV alla crisi di Gaza e i ripetuti, accorati allarmi della Santa Sede per la popolazione palestinese. La Santa Sede ha pure condannato il dramma che ha colpito il popolo di Israele con l’esecrabile attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, un pogrom terribile, e ha chiesto il ritorno dei rapiti.
Qual è la visione del Papa e della Santa Sede dopo l’attacco?
È una visione di pace, però il colpo alla chiesa della Sacra Famiglia, dopo quello alla chiesa ortodossa di San Porfirio, mostra che a Gaza non c'è più un luogo sacro, né tempio, né ospedale, né scuola. Ovunque la popolazione civile, bambini compresi, può essere colpita anche in fila in attesa del cibo. Il Papa chiede invece di rispettare l'obbligo di tutela dei civili. E si domanda perché continuino i bombardamenti quotidiani, perché il popolo di Gaza debba pagare ogni giorno un tributo di sangue. Ricorda il divieto di punizione collettiva, non si può ritenere la popolazione civile di Gaza colpevole delle atrocità di Hamas. Mi diceva un padre di famiglia palestinese, ospite di una delle strutture di Sant'Egidio con la famiglia, che il suo popolo è due volte ostaggio: di Hamas e dei bombardamenti israeliani, mentre fugge da un angolo all'altro alla ricerca di requie. Allora il caveat di papa Leone è chiaro: c’è un divieto di uso indiscriminato della forza. Il colpo alla parrocchia fa molto pensare, non perché le vite dei cristiani valgano più di quelle dei musulmani, ma perché si è superato il limite.
Il cardinale Segretario di Stato ha dichiarato che è legittimo dubitare della intenzionalità dell’attacco alla parrocchia. Che ne pensa?
Giustamente Parolin sottolinea la responsabilità di chi ha colpito la chiesa. Non esiste casualità nella guerra a Gaza, perché si colpisce ovunque e quindi non si può parlare di errore. Dette da una figura diplomatica e attenta come lui sono parole forti. Naturalmente sappiamo che le cose sono complicate, che gli israeliani hanno trovato presenze di Hamas in strutture pubbliche e ospedaliere, ma non era certo il caso della Sacra Famiglia. Poi mi domando se si possono sacrificare tante vite per colpire queste presenze. La guerra ha già in parte distrutto Hamas. È anche il sentire di parte dell'opinione pubblica israeliana.
Ma qual è lo scopo di questi attacchi indiscriminati degli israeliani contro persone o luoghi sacri? Si vuole che la popolazione palestinese lasci la Striscia?
Mi pare irrispettoso di un popolo intero e della sua storia e anche irrealista, perché non so dove andrà questa povera gente. Ma non riesco a trovare altre motivazioni. Bisogna dire basta, troppo sangue è stato versato.
Qualcuno si aspettava, magari a Washington, che un Papa americano potesse avere un atteggiamento diverso nei confronti della guerra?
Ma i Papi degli ultimi due secoli non hanno mai ragionato per appartenenze nazionali, si sono sentiti, come diceva Pio XII, padri di tutte le nazioni e testimoni di pace. C'è stato nel cambio di pontificato una strana aspettativa di discontinuità su vari temi, che non è propria di papa Leone. Il quale ha uno stile peculiare rispetto a Francesco e ai predecessori, ma assume sulle spalle la continuità del pontificato e nello stesso tempo lavora per costruire il futuro. Si vedono già segni di novità, perché il grande compito di Leone è portare la Chiesa verso il domani e lavorare per la pace futura. Mi sembra che l'attenzione con cui ha seguito Gaza e la crisi mediorientale sia profonda, con l’appassionata attenzione ai cristiani d'Oriente.
Sant’Egidio è tra le realtà preoccupate dal crescente antisemitismo. Ma pure chi critica Israele spesso è tacciato di antisemitismo. Quali anticorpi inserire nel dibattito politico e culturale contro le polarizzazioni?
L'antisemitismo che si sviluppa è tipico di questo tempo di spaesamento in cui si cerca il nemico. E l'ebreo si presenta come il nemico atavico. Un giovane, ieri, mi ha chiesto alla radio se si possono chiamare ancora gli ebrei fratelli maggiori dopo quanto accade a Gaza. Ho risposto seccamente: gli ebrei sono nostri fratelli maggiori e - disse Giovanni Paolo II nell'indimenticabile visita al Tempio Maggiore di Roma nell'86 - l'ebraismo in un qualche modo è intrinseco alla nostra fede. Abbiamo con l'ebraismo un rapporto particolare, diverso da tutte le altre religioni. Ma non è che, per questo legame profondo e inscindibile, bisogna sottoscrivere la politica del governo israeliano. Sono stato amico della grande figura del rabbino Toaff: anche lui talvolta non si ritrovava in alcune scelte del governo israeliano. Il grande problema dei cittadini israeliani è la sicurezza di Israele, tante volte messa in discussione anche dagli atti terribili dell'ottobre 2023, però questo non comporta condividere la politica del governo Netanyahu. Anzi, mi chiedo se questi atti alla fine favoriscano la sicurezza di Israele.
Da dove partirebbe per costruire la pace?
Il problema è che siamo in un mondo che ha riabilitato la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti e le parole del Papa ci aiutano a non dimenticare la pace che è l’autentica soluzione dei problemi. Una grande figura come Yitzhak Rabin, poi ucciso, l’aveva immaginata per Israele e i palestinesi. Oggi, non solo ci troviamo in un conflitto con bombardamenti fuori da ogni logica, ma anche con una accresciuta, incredibile tensione in Terra Santa e in Medio Oriente. La mia è una speranza di pace, perché credo che sia ragionevole, che non ci siano alternative al convivere nella sicurezza, perché è scritto nella storia e nella geografia. La strada è lunga e ci vorrà uno sforzo convergente dei grandi attori internazionali. Ci troviamo in una situazione nuova, ad esempio, in Siria, di cui bisogna preservare l'integrità accanto al fragile Libano. Ringrazio il Papa perché non ha abbassato lo stendardo della pace. L'anno scorso abbiamo tenuto la nostra preghiera della pace nello spirito di Assisi a Parigi e abbiamo scelto il titolo “immaginare la pace”. Perché ormai quasi l'abbiamo dimenticata come vera soluzione del problema.

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