giovedì 24 marzo 2016
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Francesco e 892 profughi salutati a uno a uno
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«Adesso vi saluterei uno a uno, di tutto cuore; vi ringrazio di questo… E soltanto ricordiamoci e facciamo vedere che è bello vivere insieme come fratelli, con culture, religioni e tradizioni differenti: ma siamo tutti fratelli. E questo ha un nome: pace e amore. Grazie!».
È con queste parole che Papa Francesco ha concluso la Messa in Coena Domini celebrata nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto, liturgia durante la quale ha lavato i piedi a dodici ospiti, tre dei quali islamici.
Parole che sintetizzano il significato della scelta di svolgere liturgia del Giovedì Santo in un luogo dove la maggioranza degli ospiti - 892 in tutto - non sono cristiani, ma musulmani. Scelta che pur essendo stata decisa diverso tempo fa, ha assunto un valore del tutto particolare dopo gli attacchi terroristici di Bruxelles. Nella breve e intensa omelia il Pontefice ha approfondito il senso della sua scelta. «I gesti parlano più delle immagini e delle parole», ha detto, spiegando come nella Parola di Dio appena proclamata ci fossero «due gesti». Il primo «Gesù che serve, che lava i piedi … Lui, che era il 'capo', lava i piedi agli altri, ai suoi, ai più piccoli». Un gesto. Il secondo «Giuda che va dai nemici di Gesù, da quelli che non vogliono la pace con Gesù, a prendere il denaro con il quale lo ha tradito, le 30 monete». «Anche oggi, qui, ci sono due gesti», ha quindi aggiunto Papa Francesco. Il primo è che «tutti» i presenti, «musulmani, indù, cattolici, copti, evangelici ma fratelli, figli dello stesso Dio» hanno il desiderio di «vivere in pace, integrati». Ma a questo gesto, ha aggiunto riferendosi agli attacchi terroristici di Bruxelles, si contrappone quello di «tre giorni fa», un gesto «di guerra, di distruzione in una città dell’Europa, di gente che non vuole vivere in pace». «Ma dietro a quel gesto, come dietro a Giuda, - ha proseguito - c’erano altri». Infatti «dietro a Giuda c’erano quelli che hanno dato il denaro perché Gesù fosse consegnato». Mentre «dietro 'quel' gesto» che ha segnato la capitale belga, «ci sono i fabbricanti, i trafficanti di armi che vogliono il sangue, non la pace; che vogliono la guerra, non la fratellanza». Guarda il video di Tv2000:

 

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«Oggi, in questo momento, quando io farò lo stesso gesto di Gesù di lavare i piedi a voi dodici, - ha quindi spiegato Papa Francesco - tutti noi stiamo facendo il gesto della fratellanza, e tutti noi diciamo: “Siamo diversi, siamo differenti, abbiamo differenti culture e religioni, ma siamo fratelli e vogliamo vivere in pace”».

E dopo aver pronunciato queste parole il Pontefice ha lavato i piedi a dodici ospiti del Cara. Quattro cattolici nigeriani e una italiana, tre donne ortodosse copte, tre musulmani e un indù. Due donne avevano in braccio il figlioletto. Papa Francesco ha lavato e baciato i piedi di ciascuno. Il gesto è stato seguito con grande attenzione, rispetto e commozione da parte tutti i presenti.

Anche il cielo che fino a  quel momento minacciava pioggia, si è aperto e ha fatto filtrare dei raggi di sole. Un altro momento di grande partecipazione e commozione c’è stato quando il Papa ha chiesto a tutti di scambiare il segno della pace.Alla fine della celebrazione liturgica Papa Francesco ha voluto salutare uno ad uno tutti gli ospiti del Centro. Accompagnato dall’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e da Angelo Chiorazzo, fondatore della Cooperativa Auxilium che gestisce il Cara, a ciascuno ha consegnato una busta con una offerta. Mentre in mattinata a Castelnuovo di Porto, piccolo comune alla porte di Roma, erano arrivati, sempre da parte del Papa, magliette a palloni da calcio, uova di Pasqua e coroncine del Rosario.

Alla cerimonia hanno partecipato anche due imam: l’egiziano Sali Salem della moschea della Magliana e Ihab Abu Muammar di quella del Cara. Alla liturgia hanno concelebrato, oltre a Fisichella, l’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato, i due segretari del Papa e due sacerdoti di Porto-Santa Rufina, diocesi a cui appartiene Castelnuovo di Porto.
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