lunedì 14 ottobre 2019
Da 20 anni in Vaticano, coinvolto "senza responsabilità soggettiva" nella diffusione di documenti riservati alla stampa. Intervista a Vatican News: «Vivo questo momento difficile con serenità»
Domenico Giani (Vatican Media)

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Domenico Giani, dal 2006 Comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano dopo esserne stato vice per sette anni, “ha rimesso il proprio mandato nelle mani del Santo Padre, in spirito di amore e fedeltà alla Chiesa ed al Successore di Pietro”. Lo rivela un comunicato diffuso oggi pomeriggio della Sala Stampa della Santa Sede, che spiega come il Papa le abbia accettate sottolineando la “ventennale, indiscussa, fedeltà e lealtà” di quello che è stato l’”angelo custode” di tre pontefici.

Nel comunicato si afferma che Giani, 57 anni, ha preso questa decisione “pur non avendo alcuna responsabilità soggettiva nella vicenda” della diffusione da parte di alcuni organi di stampa, lo scorso 2 ottobre, di “una Disposizione di Servizio riservata, firmata dal Comandante del Corpo della Gendarmeria”, riguardante “gli effetti di alcune limitazioni amministrative disposte nei confronti di personale della Santa Sede”. Una pubblicazione - si sottolinea - “altamente lesiva sia della dignità delle persone coinvolte, sia della stessa immagine della Gendarmeria”.

Sabato scorso, il direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni, in una dichiarazione all’Ansa, aveva riferito che, per papa Francesco, la gravità della “illecita diffusione” di quella disposizione di servizio “è paragonabile ad un peccato mortale, poiché lesivo della dignità delle persone e del principio della presunzione di innocenza".

Con le sue dimissioni, spiega la nota vaticana diffusa oggi, Giani intende “garantire la giusta serenità per il proseguimento delle indagini coordinate dal Promotore di Giustizia ed eseguite da personale del Corpo, non essendo emerso al momento l’autore materiale della divulgazione all’esterno della disposizione di servizio”, in cui erano riportate anche le foto delle persone interessate, e che era rivolta esclusivamente agli appartenenti della Gendarmeria e della Guardia Svizzera.

“Nell'accogliere le dimissioni - si legge ancora nel comunicato - il Santo Padre si è intrattenuto a lungo col Comandante Giani e gli ha espresso il proprio apprezzamento per questo gesto, riconoscendo in esso un'espressione di libertà e di sensibilità istituzionale, che torna ad onore della persona e del servizio prestato con umiltà e discrezione al Ministero Petrino e alla Santa Sede”. Papa Francesco poi “ha voluto ricordare anche la sua ventennale, indiscussa, fedeltà e lealtà e ha sottolineato come, interpretando al meglio il proprio stile di testimonianza in ogni parte del mondo, il Comandante Giani abbia saputo costruire e garantire intorno al Pontefice un clima costante di naturalezza e sicurezza”.

“Nel salutare il dottor Domenico Giani - conclude il comunicato - il Santo Padre lo ha anche ringraziato per l'alta competenza
dimostrata nell’espletamento dei molteplici, delicati servizi, anche in ambito internazionale, e per il livello di indiscussa professionalità a cui ha portato il Corpo della Gendarmeria”.

Una uscita di scena con tutti gli onori, quindi, quella del Comandante Giani. Testimoniata anche dal fatto che è stata accompagnata da una lunga intervista pubblicata sui media vaticani a firma di Alessandro Gisotti, vice direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione, "Vivo questo momento difficile – dichiara Giani nell’intervista - con la serenità interiore che, chi mi conosce, sa che ha contraddistinto il mio stile di vita anche di fronte a vicende dolorose. Ho dedicato 38 anni della mia vita al servizio delle istituzioni, prima in Italia, e poi per 20 anni in Vaticano, al Romano Pontefice. In questi anni ho speso tutte le mie energie per assicurare il servizio che mi era stato affidato. Ho cercato di farlo con abnegazione e professionalità ma sentendomi, come il Vangelo di due domenica fa ci ricorda, serenamente un 'servo inutile’ che ha fatto fino in fondo la sua piccola parte".

Giani confessa a VaticanNews che gli eventi "hanno generato un grave dolore al Santo Padre e questo mi ha profondamente colpito”. “Sono trascorsi 15 giorni – aggiunge - dalla pubblicazione del documento che era stato inoltrato ad uso interno esclusivamente per Gendarmi e Guardie Svizzere. Come indicato nel comunicato della Sala Stampa del primo ottobre, è in corso un'indagine e le persone coinvolte sono state raggiunte da un provvedimento amministrativo. L'uscita di questo documento, pubblicato da alcuni organi di stampa, ha certamente calpestato la dignità di queste persone. Anche io come Comandante ho provato vergogna per quanto accaduto e per la sofferenza arrecata a queste persone".

Per questo, "avendo sempre detto e testimoniato di essere pronto a sacrificare la mia vita per difendere quella del Papa, con questo stesso spirito ho preso la decisione di rimettere il mio incarico per non ledere in alcun modo l'immagine e l'attività del Santo Padre. E questo, assumendomi quella 'responsabilità oggettiva’ che solo un Comandante può sentire".

L'ex capo della Gendarmeria spiega che nei colloqui di questi giorni col Papa, "ho sempre avvertito quella paternità che ha contraddistinto lo speciale rapporto che ho avuto con lui, sin dall'inizio del Pontificato". "Ho avvertito sempre - rimarca - l'umana sofferenza del Santo Padre nella decisione condivisa. Il Papa, d'altronde, conosceva però anche alcune fatiche personali che ormai da mesi stavo portando e anche un desiderio di dedicare maggiore tempo alla mia famiglia, a mia moglie e ai miei figli. Sono dunque profondamente grato al Santo Padre perché il suo attestare la mia lealtà, l'onore e la fedeltà con cui ho svolto il mio servizio, mi aiuta ad affrontare con serenità il futuro e i nuovi impegni che potrò assumere".

"Ho avuto l'onore di servire tre Papi - rammenta Giani -. Ricordo innanzitutto con grande commozione San Giovanni Paolo II che mi ha chiamato a servire in Vaticano e che ho accompagnato fino all'ultimo tratto della sua vita. Ho goduto e continuo a godere della stima e dell'affetto di Benedetto XVI al cui fianco ho affrontato delicatissime questioni ricevendo sempre il suo apprezzamento e la sua fiducia. Il Pontificato di Papa Francesco, per il suo stile improntato alla prossimità alla gente e alla spontaneità nei gesti, è stata un'ulteriore grande sfida con significativi e particolari momenti: ricordo in special modo il suo pellegrinaggio a Lampedusa, il viaggio apostolico in Brasile per la Gmg e quello nella Repubblica Centrafricana. Se chiudo gli occhi, mi scorrono davanti infinite scene dei quasi 70 viaggi apostolici internazionali che ho seguito, di innumerevoli visite pastorali a Roma e in Italia e di tantissimi momenti privati con i tre Pontefici".

"Il Corpo, come ho anche sottolineato in questi giorni al Santo Padre, è sano e ben preparato – conclude Giani -. Ho sempre cercato, insieme ai miei collaboratori, di formare persone che potessero essere buoni gendarmi e, con l'aiuto prezioso dei cappellani, anche dei buoni cristiani. Sono certo che chi subentra in questo delicato incarico troverà un terreno fertile, lo stesso che io ricevetti dal compianto Commendatore Cibin".

La vicenda delle foto

La storia che ha portato alle dimissioni di Giani è cominciata il 1° ottobre quando la Sala Stampa della Santa Sede informa circa una verifica in corso all'interno delle Mura Leonine. Si tratta in pratica dell'acquisizione di documenti e computer, operata nella stessa mattinata presso alcuni uffici della Segreteria di Stato e della Autorità di informazione finanziaria (Aif) dello Stato della Città del Vaticano, autorizzata con decreto del promotore di giustizia del Tribunale, Gian Piero Milano e dell'aggiunto Alessandro Diddi. Il tutto in seguito alle denunce, sottolinea il comunicato che non fa i nomi degli indagati, “presentate agli inizi della scorsa estate dallo Ior e dall'Ufficio del revisore generale, riguardanti operazioni finanziarie compiute nel tempo”.

Il 2 ottobre succede il "pasticciaccio". Nelle postazioni della Gendarmeria e delle Guardie Svizzere arriva, come sempre, un ordine di servizio in cui si comunica un provvedimento di sospensione cautelativa dal servizio, con tanto di foto segnaletica, riguardante cinque persone: monsignor Mauro Carlino, capo ufficio informazione e documentazione della Segreteria di Stato, il direttore dell'Aif Tommaso Di Ruzza, Vincenzo Mauriello e Fabrizio Tirabassi, minutanti in Segreteria di Stato, e Caterina Sansone, addetta di amministrazione della stessa Segreteria di Stato. Ordini di servizio di questo genere, con tanto di foto segnaletiche, non sono una novità nel lavoro di routine della Gendarmeria, ma è la prima volta che questo tipo di documento viene in qualche modo fatto uscire dalle Mure Leonine. Un “incidente” ritenuto di estrema gravità, tanto da provocare la caduta di un Comandante.

Un “incidente” ritenuto di estrema gravità, tanto da provocare la caduta di un Comandante, che comunque, alla luce delle chiare parole di stima manifestate da papa Francesco, esce a testa alta da questa brutta storia.

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