mercoledì 21 settembre 2022
All'inizio del nuovo anno pastorale nelle comunità si organizza il cartellone delle attività culturali e di riflessione su grandi. Su cosa puntare? Con quali criteri scegliere? Risponde un'esperta
Cosa organizzare in parrocchia? «Serve un anno sull’essenziale»

Foto Siciliani

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Come programmare un anno in parrocchia nel clima di stanchezza che si respira ovunque? La domanda potrebbe far pensare a una lettura pessimista dell’attuale momento pastorale. E invece, tutt’altro! Essa nasce dalla convinzione che questo momento di crisi è un’opportunità per realizzare finalmente quel rinnovamento nel quale forse non speravamo più. Il tempo difficile che stiamo attraversando è un periodo prezioso, bello da vivere, purché affrontato con l’atteggiamento giusto: quello di chi è disposto a lasciarsi sorprendere e attrarre da una novità possibile.
Nel lontano 1967 il teologo Karl Barth ebbe a scrivere che il futuro del cristianesimo o sarà mistico o non sarà. Mistico non sta per spiritualista, ma per radicato nel mistero di Dio come priorità assoluta, e non solo teorica. Se questo è vero, allora l’anno che verrà deve vederci impegnati a sconfiggere l’attivismo che assorbe più energie di quanto non generi in termini di vita cristiana. Le parrocchie devono scegliere coraggiosamente di fare di meno, non per risparmiarsi ma per ristabilire le proporzioni tra gli elementi di valore che fanno la sua vita: meno iniziative, meno attività, meno riunioni... Il futuro non passa da lì. Il futuro passa da comunità cristiane radicate nell’essenziale e fondate su uno stile che sappia interpretare le domande di vita e di serenità delle persone di oggi, a testimoniare dentro lo scorrere della esistenza di tutti la bellezza e l’originalità del Vangelo. Dunque programmi ispirati a profondità, audacia, creatività.
La comunità ecclesiale ha il suo centro nell’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana, dice il Concilio. Non perché è l’unica cosa che resta quando non si riesce a fare altro, ma perché è il cuore, in cui tutto è racchiuso: incontro con il mistero di Dio e la sua azione in noi e nella storia, incontro dei credenti in una fraternità generatrice di un mondo diverso. Questo è l’essenziale, questo è tutto.
L’Eucaristia si celebra in un luogo e in un tempo. Non è possibile viverla in verità se non c’è da parte di una comunità l’impegno attento ed empatico a conoscere la realtà umana in cui è radicata, ma soprattutto le caratteristiche di questo tempo complesso, in cui sono in atto cambiamenti importanti che, non conosciuti, finiscono con il generare disorientamento, giudizio, presa di distanza. Le comunità cristiane hanno un grande debito di conoscenza nei confronti della società e dei fenomeni che caratterizzano questo tempo; e un grande debito di empatia! Difficile testimoniare il Vangelo in un mondo da cui si desidera solo prendere le distanze.
L’Eucaristia è esperienza di Dio. Se non giunge a questa profondità, è un rito che non tocca la vita. Riescono le comunità cristiane a porre alle persone di oggi la domanda su Dio? Dio non si conosce sui libri o per semplici processi logici. Dio si incontra nel silenzio, nella contemplazione. Oggi i giovani cercano luoghi, momenti, esperienze che intercettino la loro inquietudine, la loro sete di infinito. E gli adulti non sono da meno.
L’Eucaristia è esperienza di ascolto: della Parola innanzitutto, per trovare parole nuove per comunicare tra di noi. La sfida per una parrocchia oggi è anche quella di creare luoghi in cui le persone possano parlarsi, ascoltarsi, raccontarsi quello che stanno vivendo. Le attività legate al Sinodo stanno dicendo il grande bisogno che le persone hanno di sentirsi ascoltate.
L’Eucaristia è fraternità: imperfetta ma possibile, desiderata e costruita. Per non scappare frettolosamente di chiesa appena termina la celebrazione occorre decidere di dare valore alle relazioni tra le persone che compiono una scelta così importante come quella di rivivere insieme la cena del Signore. Insieme: giovani e vecchi, uomini e donne, persone di ogni appartenenza sociale e di ogni cultura di origine. Saprà una parrocchia inventarsi gesti, scelte, stile che mostrino la fraternità di cui l’Eucaristia è segno e promessa?
L’Eucaristia è dono di sé: quello che il Signore ha fatto per noi, perché anche noi continuiamo a farlo nel tempo. Ciò che dobbiamo continuare a fare in sua memoria non è tanto il rito quanto l’amore con cui ci è stata data una nuova prospettiva di vita. È la sfida di trovare le forme che oggi, nel quotidiano, parlano di una esistenza che rifiuta l’individualismo narcisistico che genera tristezza, per scoprire la bellezza feconda dell’incontro gratuito con l’altro.
Così, l’Eucaristia è non solo il cuore della vita ecclesiale ma anche il paradigma di essa e della sua missione. Anima di ogni programma pastorale.
Ecco: chi avesse voluto trovare in questa riflessione un elenco di cose da fare – cose nuove, magari, capaci di attrarre le folle e di ricevere migliaia di like – ora forse sarà deluso. Ma l’intenzione era semplicemente quella di sollecitare nel lettore uno sguardo nuovo sull’oggi e al tempo stesso il coraggio di affrontare la testimonianza cristiana con una nuova simpatia per questo tempo.

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