lunedì 20 gennaio 2025
Sacerdote delle Missioni Estere di Parigi, aveva 85 anni. Arrivato a Phnom Penh nel 1965, documentò e raccontò gli eccidi perpetrati ne Paese. E salvò vite umane. Tradusse la Bibbia in lingua khmer
Padre François Ponchaud, missionario in Cambogia dalla metà degli anni Sessanta, morto all'età di 85 anni

Padre François Ponchaud, missionario in Cambogia dalla metà degli anni Sessanta, morto all'età di 85 anni - foto Missions Étrangères de Paris

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Un grande credente il cui sguardo ha cambiato il corso della storia. Così tanti ricordano, non solo in Francia e in Cambogia, padre François Ponchaud, appena scomparso all’età di 85 anni. Si tratta del sacerdote missionario che per primo, negli anni Settanta, denunciò in modo dettagliato i massacri del regime cambogiano dei khmer rossi, spalancando gli occhi del mondo su un abisso genocidario come pochi altri nel Novecento. Dal 2021 viveva nella Valchiusa, presso la casa per anziani della propria congregazione, le Missioni estere di Parigi. Chi lo affiancava rimaneva presto colpito dalla franchezza di uno spirito libero che non aveva mai esitato a denunciare tanto i vertici cambogiani, quanto l’atteggiamento occidentale verso il Paese asiatico.

Fin dal 1965, aveva realizzato il sogno d’essere missionario in Asia, stabilendosi presso la capitale cambogiana Phnom Penh. Nel 1970, con il putsch del generale Lon Nol, la Cambogia affianca gli Stati Uniti nella Guerra in Vietnam, approfittando del clima bellico per inaugurare una raffica di eccidi contro i vietnamiti, fra cui si contano non pochi cattolici. Una fase che vede padre Ponchaud già coraggiosamente in prima linea per salvare centinaia di scampati.

Ancora un quinquennio e il sacerdote poliglotta vivrà nel 1975 l’incubo dell’arrivo al potere del regime comunista dei khmer rossi, svolgendo talora persino il ruolo d’interprete fra i nuovi uomini forti e i diplomatici occidentali. Nel volgere di pochi mesi, sulla base di un minuzioso lavoro d’osservazione e di raccolta di testimonianze e documenti, comincerà a rivelare la "macchina di morte" del regime, attraverso articoli per la stampa francese, poi soprattutto con il volume Cambogia anno zero, uscito in Italia nel 1977 per Sonzogno: una denuncia frontale, in difesa del tanto amato popolo cambogiano, che valse a Ponchaud pure la diffidenza e le accuse, in Occidente, di tanti intellettuali filo-comunisti.

Nel 1979, dopo il collasso del regime, il sacerdote non esiterà a criticare pure i nuovi vincitori vietnamiti, confermando ancora una volta un’ammirevole indipendenza di giudizio. Anche negli anni Ottanta, non perderà un’occasione per svelare le atrocità e i tradimenti politici che feriscono la sua coscienza, indipendentemente dalla loro origine. Del resto, nel 2007, criticò persino il tribunale, posto sotto l’egida dell’Onu, sui crimini dei khmer rossi.

Fra le tante realizzazioni di un apostolato instancabile al servizio dei cambogiani, pure la traduzione della Bibbia in lingua khmer.

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