sabato 12 dicembre 2020
Il presidente nazionale di Rinnovamento nello Spirito parla del Messaggio Cei alle comunità. «Il Covid-19 ha fatto esplodere le nostre contraddizioni e fragilità. Ora serve il realismo della speranza»
Salvatore Martinez

Salvatore Martinez - Ufficio stampa RnS

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L’impegno a moltiplicare la fraternità. Il realismo della speranza. Il coraggio di guardarsi dentro, in profondità. La preghiera (anche) come lievito per far crescere la comunità. I risultati sorprendenti della “conversione digitale”. Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo (Rns) vede in quello che stiamo vivendo un tempo di prova, una “provocazione” positiva all’unità, un’occasione per liberare una potenza d’amore straordinaria. E questo senza sminuire la drammaticità della situazione, la sofferenza terribile dei malati e di chi piange una persona cara, il sacrificio di quanti si stanno spendendo per gli altri. Letto nell’ottica necessaria della fede, allora, il cammino verso il Natale può assumere una luce nuova, più vera. «In realtà – spiega Martinez – diciamo “Natale” e omettiamo di dire “di Gesù”. Festeggiamo il Natale e ignoriamo la venuta di Gesù, il festeggiato; ci scambiamo auguri e regali non certo nel suo nome, ma per gratificare noi stessi, trascurando proprio il più grande dono concesso all’uomo: la persona di Gesù e il suo Vangelo. Nasce, rinasce e non ci diamo conto della sua presenza. Il Covid-19 ha messo a nudo il nostro bisogno di vita buona, di giustizia e di pace, ha fatto esplodere le nostre contraddizioni, la fragilità e l’inadeguatezza dei sistemi economici e politici.

I vescovi italiani nel “Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia” sottolineano come la tribolazione si debba accompagnare alla speranza. Su quale leva bisogna fare affidamento perché proprio la speranza prevalga?

Abbiamo bisogno di guardare più in profondità i nostri cuori. Cosa ci sta insegnando questa drammatica prova? Dove orienta il nostro sguardo? Di fatto, il coronavirus ci sta provocando all’unità? Più che alla divisione, alla prossimità più che all’indifferenza. Mai, come in questa stagione, la carità fraterna ha possibilità di incarnarsi fino al sacrificio, dando volto, slancio ai tanti “santi della porta accanto”, incoraggiando il bene e il bene comune. Pertanto, se da una parte poniamo limiti – per legge – alle nostre libertà individuali e comunitarie, dall’altra – per “legge interiore” – siamo chiamati a liberare una potenza d’amore straordinaria che vada oltre i nostri limiti, le nostre paure, i nostri ragionamenti umani. Vedo in tutto questo il realismo della speranza, una provvidenziale conversione dei nostri stili di vita verso esiti più comunitari e fraterni. Molto si dibatte e si legifera in termini di diritto alla salute, ma salus è, prima di tutto, salvezza: il diritto alla salute è la possibilità per l’uomo di essere salvato, non soltanto attraverso un vaccino o una cura medica.

Questo, si sottolinea spesso, è un tempo che può particolarmente favorire la preghiera. Lo sperimentate anche voi? In che modo questa opportunità può essere sfruttata?

La maggioranza della popolazione, certamente in gran numero i cristiani, da “credenti della domenica” stanno vedendo la loro fede ritrovare un senso e inedite opportunità nella “ferialità della prova”. Un campo nuovo, che trova il suo maggiore fertilizzante nella preghiera. La preghiera non conosce confini e ha il potere di rendere vicini i lontani e compresenti i divisi. Dall’inizio della pandemia, senza soluzione di continuità, abbiamo riscontrato numeri davvero impressionanti di persone che dall’Italia e dal mondo hanno preso parte alle nostre catene ininterrotte di adorazione, giorno e notte, in diretta anche da cappelle di ospedali, case di riposo, carceri, stazioni militari, monasteri. Oltre 2.000.000 di persone collegate, migliaia e migliaia di post e di mail a testimoniare i benefici spirituali e corporali delle preghiere di consolazione e di intercessione per la guarigione dei sofferenti.

La pandemia ci ha spinto a puntare molto sul virtuale, anche nelle attività comunitarie. Quanto di questa esperienza potrà poi entrare a far parte della normalità? Non c’è il rischio che si finisca per impoverire le relazioni interpersonali?

Dinanzi alla chiusura delle chiese e alla difficoltà di specificare la nostra fede in termini comunitari, non potevamo stare a guardare. C’è da dire, peraltro, che l’emergenza ci ha fatto prendere atto che molte chiese erano già state abbandonate dai fedeli prima dell’avvento del coronavirus. La “conversione digitale” che abbiamo vissuto, nel caso del RnS con esiti incredibili in termini di partecipazione numerica alla nostra programmazione – un vero e proprio palinsesto giornaliero, con 5 ore di contenuti offerti quotidianamente e il coinvolgimento attivo di circa 400 tra animatori, evangelizzatori e testimoni – è andata assai ben oltre i nostri numeri e gli stessi confini italiani, permettendoci di raggiungere non soltanto i “nostri” o i tanti fedeli dispersi, ma anche quanti si erano allontanati dalla Chiesa e i tantissimi lontani da Dio. La nostra esperienza, del resto, ci insegna che si “torna a Dio” più facilmente quando si è nella prova, quando il male si accanisce su di noi, quando ci si sente soli, quando si ha paura di vivere e di morire. Credo che lo Spirito Santo ci abbia specialmente assistito in questa opera di accompagnamento, aumentando la “nostalgia”. Sappiamo bene, guai a non ribadirlo, che la tecnologia applicata alla professione comunitaria della nostra fede non è e non può essere “sostitutiva”, bensì “integrativa” dell’esperienza comunitaria, sacramentale e carismatica, che il nostro credere, fondato su relazioni interpersonali, sempre reclama.

Il Papa parlando del cammino di Avvento ha suggerito tre comportamenti: sobrietà, attenzione discreta e rispettosa verso i bisognosi, a partire dai vicini, preghiera (soprattutto in famiglia). È questo il bagaglio di cui dobbiamo dotarci per arrivare pronti al Natale?

Sulla scia dell’enciclica “Fratelli tutti” ci apprestiamo a vivere la 44ª Conferenza nazionale animatori online (vedi box a lato ndr): un’occasione di grazia a partire da due capisaldi fondamentali, premessa del nostro impegno di carità fraterna: la consolazione e la compassione. È una sfida quella che il RnS intende lanciare a se stesso, con una risposta “sistemica” e programmatica da parte dei 1.700 gruppi in Italia e in altri Paesi: moltiplicare la fraternità, rigenerandola dentro processi di solidarietà e di comunione con chi è nella prova, inaugurando nuovi ambiti di impegno da coniugare con la carità, che per sua natura è sempre spirituale e materiale insieme, perché, lo ricorda papa Francesco, «nessuno si salva da solo». Il Natale di Gesù è ormai alle porte: segna sempre la nostra rinascita, il riscatto del genere umano dal male e dalla morte. Niente di più provvidenziale allora, a condizione di non ridurlo a una festa, magari preoccupati che sia meno fastosa che in passato.

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