giovedì 8 maggio 2025
Quell'ingresso dei cardinali nella Cappella Sistina diventa come una bolla di silenzio
I cardinali entrano nella Cappella Sistina

I cardinali entrano nella Cappella Sistina - Ansa

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Entrano lenti, in processione, sotto la volta della Sistina. Intonano il Veni Creator Spiritus, grave e splendente canto del secolo XI, insieme. Poi, giurano. La mano destra è ferma mentre posa sul Vangelo. Mani nerissime o mani segnate dagli anni, e la più giovane, quella di Mykola Bychok, ucraino, 45 anni appena. Per sedere in questo consesso, un ragazzo.
In fila, come cadetti di una severa accademia al primo giorno di corso, i cardinali pronunciano: «Spondeo, voveo ac iuro. Sic me Deus adiuvet...». «Prometto, mi obbligo e giuro di osservare le leggi e il segreto del Conclave». Quando tocca alla grossa mano di Konrad Krajewski, l’Elemosiniere di Francesco, il suo viso bonario pare quasi un po’ imbarazzato di trovarsi qui oggi, vestito di porpora: lui amico dei clochard del Colonnato, lui che andava a Bucha a benedire i morti delle fosse comuni e a portare aiuti agli ucraini, guidando fino a laggiù un pesante furgone, d’inverno.
Poi - tutti i riti compiuti - la fila dei 133 va esaurendosi. Risuona l’“Extra Omnes”. Fuori tutti, coloro che non sono elettori. E con le porte della Sistina che si chiudono si forma, tra l’aula e l’esterno, una bolla di silenzio impenetrabile. I ripetitori del Vaticano spenti dalle 15, le pareti della Cappella schermate, irraggiungibili i cellulari. Che cosa singolare, nel rumore di un mondo ininterrottamente connesso e vociante, nel nostro infinito chiacchiericcio mediatico, che l’elezione del successore di Pietro avvenga in una enclave impenetrabile. Sembra quasi antimoderno, il silenzio della Sistina: ma chi sta a guardare se ne rallegra. Qualcosa almeno che ancora avviene senza che prima ancora se ne litighi sul web, senza che se ne faccia gossip. Come il concepimento di un figlio: nel silenzio, senza che nemmeno la madre ne sappia esattamente l’istante. Come, lassù, nella volta michelangiolesca, l’ineffabile quasi congiungersi dell’indice del Creatore con quello di Adamo. “Quasi” congiungersi, giacché il dito di Dio è teso e quello di Adamo - il corpo massiccio giacente, assonnato - è leggermente piegato. É solo vento, è fuoco, è Spirito quello che intercorre fra i due: chissà in quale formula fisica riducibile. Chissà se la troveranno mai gli uomini, la formula dell’amore che crea.
Così che se nella Sistina i cardinali, nei tempi lunghi fra votazione e deposizione delle schede e conteggi, guardano in alto, non possono che sentirsi gravati dal blu profondo di quel cielo all’inizio del tempo. Da quel mistero, sotto al quale mantenere il prescritto silenzio deve essere istintivo.
Anche al mattino, durante la Missa pro eligendo Pontifice, i volti dei cardinali erano stati inquadrati ad uno ad uno dalle telecamere delle tv di tutto il mondo, durante l’omelia di Re. Dalle parole del cardinale Decano, classe 1934, veniva tratteggiata la figura del Papa che la Chiesa attende: “casa e scuola di comunione”, luogo di “unità che non significa uniformità, purché si rimanga nella piena fedeltà al Vangelo”. E chi stava a guardare era confortato dalle espressioni sulle facce degli elettori: da come ascoltavano attenti, alcuni gravi, altri umili, quasi cercando un’ultima indicazione, prima di svolgere un compito gravoso.
Chi? Chi sarà chiamato, fra quelle decine di porpore, fra i tanti occidentali, o - schiera crescente - fra i cardinali voluti da Francesco, venuti anche loro “dalla fine del mondo”? Il peso dei 12 anni di pontificato di Bergoglio gravano sull’assemblea. Sanno, gli elettori, che non solo la Chiesa ma il mondo, in questo maggio 2025 incalzato da guerre e muri, attende qualcuno. Un uomo: che aiuti un pianeta piombato in un labirinto di odio e vendette. Pochi giorni fa restammo tutti senza fiato nel vedere Trump e Zelensky, soli, seduti uno di fronte all’altro, protesi ciascuno in avanti: come uomini che si parlano. Poi, lo stesso Trump ha ammesso che forse fra Putin e Zelensky “l’odio è troppo”, che forse la fine della guerra ai bordi dell’Occidente è impossibile. Impossibile forse agli uomini, e a Dio? E con l’aiuto di un uomo di Dio?
Gli ultimi Papi erano cresciuti in angoli dolorosi del mondo: Wojtyla, oppresso dai sovietici in miniera, Benedetto, che non andò a combattere in Urss o sulle Ardenne perché di pochissimo troppo giovane nel 1945, Francesco, vissuto nella sanguinosa dittatura argentina. Da quale angolo delle sofferenze del mondo, o da quali solitudini proverrà il nuovo eletto? Alle 20 la piazza è colma. Si attende con fiducia. Non il nuovo Papa, ma, afferma quietamente il cardinale Re, “l’Apostolo Pietro, che ritorna”.

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