lunedì 27 gennaio 2025
Ogni settimana uno spazio dedicato alla riflessione personale con l'aiuto di testimoni della fede e maestri spirituali. Oggi il teologo luterano di fronte all'eterno quesito: chi sono io?
Spesso è difficile capire quale sia la strada giusta da percorrere

Spesso è difficile capire quale sia la strada giusta da percorrere - ICP

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C’è una domanda che percorre tutta la nostra vita, a volte gridando, più spesso insinuandosi nei dubbi e al bivio delle scelte più importanti da prendere: chi sono io? Le strade per trovare una risposta sono tante quante le persone che abitano il mondo. Spesso la si cerca nel lavoro, nel successo professionale, nella fama. Oppure al'interno del perimetro degli affetti, in famiglia, svolgendo al meglio il proprio ruolo di figli, di sposi, di genitori. Dal canto loro i credenti alzano l’asticella del cuore fino al cielo, a Dio, trovando in Lui la soluzione alla loro ricerca di senso. Ma è una sfida impegnativa che interpella tutto il nostro essere, che chiede di superare la differenza tra ciò che siamo davvero e come ci presentiamo agli altri. Lo esprime con chiarezza e dolente coraggio Dietrich Bonhoeffer il teologo e pastore luterano ucciso nel campo di concentramento di Flossenbürg, il 9 aprile 1945, a 39 anni. Il brano che segue è tratto da “Resistenza e resa”, raccolta di lettere e testi scritti nel carcere berlinese di Tegel tra il 1943 e il 1945.

«Chi sono io? Spesso mi dicono
che esco dalla mia cella
disteso, lieto e risoluto
come un signore dal suo castello.
Chi sono io? Spesso mi dicono
che parlo alle guardie
con libertà, affabilità e chiarezza
come spettasse a me di comandare.
Chi sono io? Anche mi dicono
che sopporto i giorni del dolore
imperturbabile, sorridente e fiero
come chi è avvezzo alla vittoria.
Sono io veramente ciò che gli altri dicono di me?
O sono soltanto quale io mi conosco?
Inquieto, pieno di nostalgia, malato come uccello in gabbia,
bramoso di aria come mi strangolassero alla gola,
affamato di colori, di fiori, di voci d'uccelli,
assetato di parole buone, di compagnia
tremante di collera davanti all'arbitrio e all'offesa più meschina,
agitato per l'attesa di grandi cose,
preoccupato e impotente per l'amico infinitamente lontano,
stanco e vuoto nel pregare, nel pensare, nel creare,
spossato e pronto a prendere congedo da ogni cosa?
Chi sono io?
Oggi sono uno, domani un altro?
Sono tutt'e due insieme? Davanti agli uomini un simulatore
e davanti a me uno spregevole vigliacco?
Chi sono io? Questo porre domande da soli è derisione.
Chiunque io sia, tu mi conosci, o Dio, io sono tuo!»


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