giovedì 18 febbraio 2016
Gesuiti, la Compagnia di Papa Montini
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Da dove venite? Chi siete? Dove andate? Furono i quesiti chiave rivolti da Paolo VI nel celebre discorso pronunciato il 3 dicembre 1974 e indirizzato ai 237 padri gesuiti chiamati a partecipare alla XXXII Congregazione generale della Compagnia di Gesù. Un discorso che rappresentò agli occhi degli osservatori di cose vaticane l’attenzione paterna ma anche lo sguardo preoccupato di papa Montini verso il destino di quella “milizia scelta” di religiosi secondo l’impronta voluta da Paolo III e da Ignazio di Loyola che è sempre stata la Compagnia di Gesù; nel corso di quella Congregazione (2 dicembre 1974 - 7 marzo 1975) si sarebbe infatti deciso se estendere o meno il famoso IV voto di obbedienza al Papa a tutti i religiosi della Compagnia o riservarlo, come prescrivono le Costituzioni ignaziane, ai soli sacerdoti professi.

E un libro, appena uscito per le Edizioni Viverein "Paolo VI e i Gesuiti"  (pagine 83, euro 5) curato dal sacerdote rogazionista e reggente della Prefettura della Casa pontificia, monsignor Leonardo Sapienza, torna a quei “travagliati” giorni della Congregazione generale (2 dicembre 1974 - 7 marzo 1975); da queste pagine emerge soprattutto lo stretto legame tra Montini e l’ordine ignaziano. Il volume - che custodisce al suo interno vari documenti inediti come i biglietti autografi di Paolo VI indirizzati all’allora generale della Compagnia di Gesù, il basco Pedro Arrupe -, ospita tra l’altro un autografo di papa Francesco. «Dobbiamo essere grati a Paolo VI – scrive Bergoglio nel testo autografo – che ha amato tanto, fatto tanto, pregato tanto, sofferto tanto per la Compagnia di Gesù». E non è un caso che leggendo questo breve libro si scopra così che tra questi 237 delegati della Congregazione del 1974 comparissero anche l’allora giovane provinciale dei gesuiti argentini Jorge Mario Bergoglio e il biblista torinese Carlo Maria Martini. Grazie alla attenta ricerca di Sapienza emergono così dei piccoli aspetti inediti sull’assise gesuitica del 1974: il ruolo di mediazione tra la Santa Sede e i gesuiti, compiuta da padre Martini e che permise di recepire le indicazioni del papa di Concesio (tra cui quello di mantenere il IV voto come lo aveva stabilito Ignazio) o ancora che l’autore del celebre discorso montiniano, scritto in latino, fu il religioso ignaziano e confessore di Paolo VI, creato poi cardinale da Giovanni Paolo II, il milanese Paolo Dezza. «L’intero discorso è dominato visibilmente da una preoccupazione di fondo – si legge nella prefazione di monsignor Sapienza – che è la stessa manifestata dalla maggioranza dei gesuiti: “la preoccupazione di un sano, equilibrio, giusto aggiornamento nella fedeltà sostanziale alla fisionomia specifica della Compagnia”». Il volume ripercorre in controluce il secolare rapporto di obbedienza dei gesuiti alla Sede Apostolica, facendo affiorare la grande figliolanza che nutrì verso i padri della Compagnia l’ex allievo del collegio bresciano Arici, Giovanni Battista Montini. Sapienza con accurata finezza cita alcuni dei gesuiti più cari a Paolo VI come Henri de Lubac e Roberto Tucci, entrambi destinati a vestire anni dopo la porpora. Di grande interesse sono anche le pagine in cui vengono riportati le udienze e altri discorsi di Paolo VI come quello del 1965 al neo eletto preposito generale Pedro Arrupe, appena succeduto al belga Giovanni Battista Janssens o quello che non fu mai pronunciato da Giovanni Paolo I nel 1978, ma “fatto suo” da Giovanni Paolo II.Affiora da queste pagine la grande simpatia anche intellettuale di Montini verso i padri della Compagnia. Come grazie a questo libro appaiono ancora attuali proprio le parole pronunciate da Paolo VI in quel memorabile discorso del 1974: «Ovunque nella Chiesa, anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto tra le esigenze brucianti dell’uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i gesuiti».

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