sabato 2 novembre 2019
Il sussidio di preghiera con al centro le meditazioni sul mistero della Croce e il mondo dei defunti. L'iniziativa realizzata da un sacerdote di Fidenza
Una donna depone dei fiori su una tomba nel cimitero del Verano a Roma (Ansa)

Una donna depone dei fiori su una tomba nel cimitero del Verano a Roma (Ansa)

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Il Rosario come la preghiera mariana sui misteri della passione, morte e Risurrezione di Gesù rappresenta quasi un ponte tra cielo e terra, tra il tempo e l’eternità, tra il mondo dei vivi e quello dei defunti. Di questo è convinto don Luigi Guglielmoni, presbitero della diocesi di Fidenza, in Emilia Romagna, che da anni propone questo metodo di preghiera come «segno visibile di tutta la comunità cristiana» per essere vicino alle famiglie nel momento estremo del trapasso di un caro congiunto. Da anni il parroco che vive a Salsomaggiore Terme ed è vicario per la Pastorale della diocesi emiliana, assistito spesso da diaconi permanenti e laici porta avanti un’iniziativa di prossimità: è quella di unire la visita alle famiglie che hanno subito un lutto al Rosario. Una pratica che ha un particolare significato in questi giorni in cui spesso tante persone, tra il 1 e il 2 novembre, si recano nei cimiteri per ricordare, pregare e rendere così omaggio ai loro cari che, secondo la tradizione della Chiesa, sono «tornati alla casa del Padre.
Un’esperienza, quella di don Luigi, nata sul campo. «È proprio così – racconta – perché di solito anche come comunità cristiana spesso ci si ferma alle condoglianze formali di rito e al funerale. Credo invece che sia bello e consolante in questi momenti di dolore visitare le famiglie, fare toccare con mano l’abbraccio della Chiesa che non dimentica i suoi figli in frangenti così complesso che talora sono vissuti in solitudine e con senso di abbandono». Così, assieme a Fausto Negri, padre di famiglia già insegnante di religione, è stato realizzato un sussidio di preghiera dedicato proprio al mondo dell’aldilà e uscito in questi giorni per le Edizioni Dehoniane di Bologna dal titolo Rosario per i defunti (pagine 80; euro 4,50). «Con questo volume dedicato al Rosario per i “trapassati” – sottolinea il sacerdote – indichiamo una strada: quella di non vivere la preghiera come un atto meccanico, frettoloso e staccato dalla realtà. L’intento mio e dell’altro autore è quello di ribadire la centralità di Cristo morto e risorto su ogni altra considerazione emotiva e sociale». E sottolinea ancora: «Una preghiera ben fatta evangelizza, cioè aiuta a credere che la morte non è la “padrona” di tutto».
Non è un caso che il libro sia un “piccolo strumento di viaggio” che, attraverso le riflessione e la rilettura dei misteri della gioia, luce, dolore, gloria e la recita delle litanie dei santi, consente di ricordare non solo i nostri congiunti e pregare per loro ma di scoprire qualcosa di più. «Il Rosario – è l’argomentazione di don Guglielmoni – ha dentro di sé una radice cristologica, antropologica e missionaria e parla a ciascuno di noi». Il testo è cadenzato dalla consueta invocazione del Padre Nostro, Ave Maria e Gloria e invita a soffermarsi sul valore del «pellegrinaggio terreno» verso le realtà celesti, quelle che il cardinale Biffi chiamerebbe le «cose di lassù». «Abbiamo cercato con il nostro sussidio di non dimenticare i giovani scomparsi a causa di una morte prematura, i bambini mai nati per gli aborti o tutte quelle situazioni in cui il decesso viene percepita da noi come inaccettabile, quasi come un “affronto” di Dio – spiega don Guglielmoni –. Ed è per questo che la recita stessa delle Litanie serve a rileggere, in chiave positiva, le tematiche della sofferenza, del senso di impotenza di fronte al male, del conforto della fede». E osserva ancora: «Cerchiamo attraverso questo approccio di preghiera di mostrare che i nostri defunti sono degli autentici “mendicanti di luce”. Una luce che è quella irradiata da Gesù Risorto».
Il sussidio nella parte finale è corredato di alcuni brevi testi legati al magistero della Chiesa. Significativi gli autori: da don Divo Barsotti a Benedetto XVI, al bellissimo commento sull’Ars moriendi proposto dalla Conferenza episcopale tedesca. Attraverso questo agile libretto affiora questa verità: la morte per il cristiano – spesso rimossa dalla cultura contemporanea – deve essere vissuta con lo spirito di una «speranza teologale», come direbbe il teologo cappuccino Raniero Cantalamessa, perché «si misura sullo sfondo dell’eternità».

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