venerdì 17 febbraio 2012
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Chi deve pagare l’Imu (ex Ici), paga già oggi e pagherà domani. Senza ingiustificabili sconti. Ma chi non deve pagare perché non fa “affari” ma “bene comune”, non paga oggi e non è giusto che paghi domani. Se insomma un «ente non commerciale» – laico, cattolico o di un’altra religione – svolge in un suo immobile un’attività che gli procura profitto, è semplicemente equo che sia assoggettato a tutte le imposte  previste. Ma se svolge, senza lucro, attività (ben individuate dalla legge) a servizio dei cittadini e della collettività va rispettato e, per quanto possibile, agevolato.Il governo appare intenzionato a chiarire, precisare e salvaguardare questa impostazione che è frutto di una ponderata e più che sensata scelta dello Stato. E questo annuncio è benvenuto. I trucchi mediatici di certe camarille e parti politiche (le solite), invece, non sono benvenuti per niente, soprattutto se finalizzati ad alimentare artificiosamente un’ostilità nei confronti della Chiesa cattolica. Ostilità che è del tutto estranea alla grandissima parte degli italiani, che conoscono la Chiesa per averla vicina di casa e vicina di cuore, concretamente, ogni giorno.Un primo trucco. La nota di Palazzo Chigi di mercoledì scorso esordisce così: «In merito all’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili riservata a tutti gli enti non commerciali...». Tutti gli enti. La nota non ne fa l’elenco, perché sarebbe sterminato. Ma non lo riduce nemmeno alla sola Chiesa cattolica, mai nominata. E neanche il commento del portavoce della Cei esprime auspici per la Chiesa ma per «il vasto mondo del non profit». Questa riduzione continuano invece a farla in molti, come se la questione, secondo il grossolano lessico radicale, riguardasse soltanto «il Vaticano» (sic). È come se leggessimo: «Gioca il Milan, ecco la serie A», riducendo l’intero campionato a una sola squadra, certo di gran peso... ma tutte le altre squadre? Non giocano? Non sono forse anche loro la «serie A»?Un secondo trucco è quello di chi commenta: è giusto far pagare gli immobili commerciali della Chiesa. Giustissimo. Solo che pagano già. Hanno sempre pagato. E chi deve e non paga – l’abbiamo scritto infinite volte – sbaglia di grosso e non è un privilegiato ma un contribuente infedele, un evasore. Gli immobili commerciali non sono mai stati esenti, come alcuni si ostinano a far credere, truccando le carte. La nota del governo lo ricorda perfettamente. Gli immobili dove si svolge un’attività non commerciale non pagavano l’imposta e non la pagheranno. Se nell’immobile si svolgono attività non solo non commerciali ma anche commerciali, l’imposta andrà pagata solo per la parte commerciale. Ciò è equo e potrebbe risolvere casi come quello – emblematico, e da noi portato in prima pagina nei mesi scorsi – dell’Hotel Giusti della suore di Sant’Anna a Roma: un modesto edificio di cinque piani, di cui due adibiti a comunità e a chiesa, gli altri tre ad albergo a una stella: le suore accusate da un quotidiano di non pagare hanno invece sempre pagato l’imposta per l’intero edificio. In futuro, par di capire, pagherebbero soltanto per i tre piani adibiti ad albergo.Privilegi? Non ce n’erano ieri né ce ne saranno domani, nessuno li chiedeva e nessuno li chiederà. La collaborazione tra Chiesa cattolica e Stato era leale ieri e sarà leale domani. E così il rapporto, ci auguriamo, tra lo Stato e tutte le realtà non profit. L’Europa, che i radicali hanno incalzato coi loro ricorsi contro la normativa per il non profit (tutto il non profit, anche se parlavano solo della Chiesa), già definisce «un progresso sensibile» la nota del governo Monti.I fumi ideologici di certe vecchie polemiche e gli acidi corrosivi di un ben noto anticlericalismo non possono cambiare la realtà. Non si tasserà la solidarietà e la carità, checché speri qualcuno. Lo Stato sarebbe autolesionista: per incassare uno, finirebbe per spendere dieci per intervenire là dove già agisce la generosità dei cittadini. Di ogni colore politico e di ogni fede. Cattolici in prima linea.
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