venerdì 14 febbraio 2020
Nel nostro Paese ci sono circa 2.400 sacrestani professionisti. Enzo Busani si occupa della Cattedrale di Perugia: spesso siamo le prime figure cui si rivolge un fedele
Il pellegrinaggio dei sacristi svoltosi a Riese Pio X nel 2013

Il pellegrinaggio dei sacristi svoltosi a Riese Pio X nel 2013 - Archivio

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«Comunque vada, concludo la mia giornata lavorativa con la serenità di aver operato per il bene». Enzo Busani, presidente della Federazione nazionale degli addetti al culto/sacristi, non ha dubbi. Da circa 23 anni ogni giorno si occupa della Cattedrale di Perugia. Non un volontario, bensì un lavoratore professionista con tanto di contratto nazionale. «La figura del sacrista è conosciuta da tutti – commenta – e non c’è parrocchia in cui non ci sia qualcuno che svolge queste mansioni ». Ma per circa 2.400 sacrestani questa è diventata una vera e propria professione.

Come si coniuga quello che sembra un servizio per la Chiesa e il fatto che sia una vera professione?
Diciamo che all’inizio prevale l’entusiasmo e l’impegno che caratterizza qualsiasi volontario. Ma con il tempo non solo aumentano le responsabilità, ma anche la consapevolezza che nella mia professione ho un datore di lavoro, a cui devo fare riferimento e da cui ricevo indicazioni per il mio lavoro.

È il salto da volontario a professionista
Appunto. Da sacrista devo pormi la domanda delle conseguenze dei miei comportamenti. Un esempio: come devo comportarmi se durante le funzioni in chiesa arriva un mendicante a chiedere l’elemosina ai fedeli? Rispondo da cristiano o da dipendente di quella parrocchia, Cattedrale o Santuario? Ecco la differenza tra l’azione del volontario e quella del professionista. Comunque concludo la mia giornata con la serenità di aver lavorato per il bene.

Per i parrocchiani cosa rappresenta la figura del sacrista?
Sicuramente per i parrocchiani il sacrista è la prima e, forse, più facile, figura a cui rivolgersi per le diverse esigenze. Spesso il sacerdote è impegnato o non è presente, mentre il sacrista opera all’interno della chiesa o del Santuario. Una figura presente.

E per i sacerdoti? La risposta è più complessa e molto dipende dalle singole persone. Certo per noi il parroco o il rettore del Santuario è il datore di lavoro, a cui offriamo la nostra piena collaborazione. Come in tutti i posti di lavoro si possono incontrare datori di lavoro più “complessi” e difficili con cui rapportarsi. I veri problemi probabilmente sono quelli legati all’aspetto economico.

I vostri compiti da chi sono regolati? E quali sono?
I sacristi professionisti hanno un contratto di lavoro nazionale che è stato sottoscritto dalla nostra Federazione, la Fiudacs, con la Federazione tra le associazioni del clero in Italia (Faci), che rappresenta i parroci datori di lavoro. Ovviamente molto dipende se la chiesa è in una grande città, o si tratta di un Santuario, o è una parrocchia. Per tutti comunque vi è l’obbligo di provvedere alla custodia della chiesa, degli arredi e delle suppellettili sacre; attendere alla attività che si svolgono all’interno della chiesa; provvedere alla pulizia ordinaria della chiesa, della sacrestia, del sagrato e delle altre pertinenze.

Funzioni chiare e messe nero su bianco.
Certo. Ma non dimentichiamo che alcune di queste mansioni sono svolte anche da volontari. Penso alla sicurezza sul posto di lavoro.

Esiste un percorso di formazione per diventare sacrista?
Come Fiudacs stiamo cercando di creare un percorso formativo. È uno degli obiettivi dell’Ente bilaterale (con la Faci) che abbiamo costituito e che dovrebbe farsi carico. Ovviamente ci sono siti o strumenti che ti aiutano a inquadrare la professione, ma servirà costruire un percorso definito.

Lei svolge questa professione da 23 anni. Come è vissuto questo lavoro in famiglia?
Con una profonda comunione d’intenti che non può mancare in questa professione. Ovviamente ci sono sacrifici che la famiglia è chiamata ad affrontare, in particolare nei giorni di festa, che in parte per noi sono lavorativi. Mia moglie, mia figlia di 19 anni e mezzo e mio figlio di 17 vivono questa mia professione consapevoli di dover affrontare qualche sacrificio. Ma ho da loro pieno sostegno.

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