venerdì 4 dicembre 2020
Verso la gloria degli altari il frate minore la cui vita fu segnata dall'arteriosclerosi a placche. Fra Daniele è morto il 26 settembre 2009 a Saccolongo (Padova)
padre Daniele Hechich

padre Daniele Hechich - Diocesi di Padova

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Un frate minore verso la gloria degli altari. La speranza è molta tra i numerosissimi fedeli e i devoti di padre Daniele Hechich, il frate morto il 26 settembre 2009 nella Casa Sacro Cuore di Saccolongo, in provincia di Padova, a cui tutti accorrevano per una parola di conforto, una preghiera, una confessione. E il primo passo è stato sancito domenica 29 novembre con l’apertura ufficiale del processo per la causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Hechich, alla presenza del vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla e dei componenti la commissione deputata a raccogliere testimonianze e documentazione.

Una figura, quella di padre Daniele, come è noto ai più, che è stata segnata dalla sofferenza e dal dolore. Ma proprio nella sofferenza e nel dolore, come hanno ricordato il vescovo Cipolla e il vice postulatore dei frati minori, padre Claudio Bratti, il servo di Dio Hechich ha trovato la strada per la santità. Nato a San Pietro in Selve, in Istria il 22 giugno 1926, e battezzato con il nome di Stanislao Liberato, dopo essersi formato al Seminario di Chiampo ( Vi), vestì il saio francescano nel 1945, prendendo il nome di Daniele e nel 1952 divenne sacerdote a Venezia. Visse la sua vocazione francescana come confessore e direttore spirituale in vari conventi del Nordest: Madonna del Mare a Trieste, Sant’Antonio a Gemona, San Nicolò del Lido a Venezia, Santa Maria Ausiliatrice a Treviso, Santissimo Redentore a Verona per arrivare poi nel padovano, prima a San Giacomo di Monselice, quindi a San Francesco a Cittadella e infine, una volta impedito nell’autonomia dalla sua malattia, a Casa Sacro Cuore di Saccolongo, residenza per religiosi non autosufficienti, dove morì. A soli 32 anni si manifestarono i primi sintomi di una malattia degenerativa, l’arteriosclerosi a placche, che lo accompagnò per 50 anni, rendendolo man mano non autosufficiente.

Nonostante le difficoltà e le sofferenze dovute alla malattia, padre Daniele, dotato anche di particolari doni del Signore, non smise mai di mettersi a disposizione per l’ascolto e il servizio di apostolato, anzi offrì la sua sofferenza per il bene della Chiesa, la conversione dei peccatori e la santificazione del clero, come ha ricordato il vice postulatore dei Minori, padre Claudio Bratti.

Padre Daniele è l’esempio di come «il Signore ha saputo valorizzare anche il dolore » ha ricordato il vescovo Cipolla in occasione nella sessione di apertura della causa di beatificazione. «Il Signore sa trasformare la sofferenza, non la abbandona mai a se stessa e non lascia che sia soltanto un’esperienza devastante. Il Signore nella sua onnipotenza sa cogliere questi luoghi estremi e lì porta il suo disegno di amore». Padre Daniele è l’esempio che «le nostre sofferenze nelle mani di Dio non sono vane», egli è riuscito a portare «la sofferenza dentro la misericordia di Dio e a trasformare i suoi mali fisici per parlare di Dio e della sua misericordia»; si è fatto «segno tangibile di Dio che è vicino e si occupa di chi è nella sofferenza fisica o morale».

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