giovedì 27 settembre 2018
Don Veronese è stato ordinato dal vescovo Regattieri, che lo ha inviato al monastero del Monte di Cesena
Il vescovo di Cesena-Sarsina, Douglas Regattieri, con don Carlo Veronese

Il vescovo di Cesena-Sarsina, Douglas Regattieri, con don Carlo Veronese

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La storia di don Carlo Veronese parte quasi da una scommessa. «Guardi, le darei da seguire i ragazzi di terza media. Sono i più scalmanati, i più ribelli». Così propose il parroco all’allora professore di Economia turistica che si rese disponibile per un paio di ore alla settimana per il sacerdote che dall’altare aveva tuonato sui preti lasciati soli. Era una domenica del 1990. Da quei giorni ne sono trascorsi di anni e Veronese, oggi 75enne, lo scorso 8 settembre, nella Basilica benedettina di santa Maria del Monte, a Cesena, è stato ordinato sacerdote dal vescovo di Cesena-Sarsina, Douglas Regattieri. Ora è «un prete diocesano con mandato di servizio all’abbazia del Monte, come oblato regolare di san Benedetto». In altre parole, il neo «don» vive con lo stile della comunità, monaco a tutti gli effetti, tranne la professione religiosa.

Di origine padovana, è di Piove di Sacco, Veronese a 19 anni viene inviato dalla sua scuola in Svizzera per un tirocinio. «Quello stage – ci scherza sopra – è durato 23 anni. Nel frattempo mi laureai in Economia turistica e per 15 anni ho insegnato la stessa materia nelle scuole superiori. Per motivi di famiglia, nel 1986 tornai in Italia».

Che cosa accadde in seguito?

Il Signore mi stava portando da un’altra parte. All’epoca ero un cristiano nella norma, come tanti. Dopo un paio di anni di supplenze, entrai di ruolo nelle scuole statali. Insegnai ancora per diversi anni. Ma l’esperienza con quei ragazzi di terza media fu e rimase intensa. In quella parrocchia mi impegnai nei campi-scuola, nelle meditazioni sulla Parola, con i ministranti. Sentivo l’attrazione verso il ministero. Al termine dei 35 anni di servizio, anticipai il pensionamento e iniziai il percorso per il diaconato permanente, per la diocesi di Padova.

Come è arrivato al Monte di Cesena?

Conosco e frequento questo luogo da 25 anni. Qui era priore mio cugino, don Agostino Ranzato, ai tempi dell’abate Desiderio. Sono tornato quassù ogni anno, in occasione della solennità dell’Assunta, per gli esercizi spirituali della comunità monastica (allora erano 19 i benedettini; ora sono solo 5) e la lectio divina. Qui mi sono sempre sentito come a casa. Pensi che i monaci mi hanno sempre riservato la stessa stanza. L’abate Desiderio mi regalò un breviario monastico dicendomi: «Spero che un giorno tu possa utilizzarlo qui da noi».

Fu un pensiero profetico...

Lui ci teneva tanto che venissi al Monte, ma i tempi non erano ancora maturi.

La sua vocazione si potrebbe titolare “Dai monti della Svizzera al Monte di Cesena”. Come è nata a 75 anni la sua chiamata al sacerdozio?

Più che a me, bisognerebbe chiederlo a Dio. È lui l’artefice di questa insolita realizzazione, per me un dono incredibile, nonostante l’età. Sono diacono dal 1997. Scelsi quella strada per stare vicino alla mia famiglia, che aveva bisogno di me, e vicino al ministero. Nel 2001, alla morte di mia sorella, chiesi di entrare in monastero. Eccomi ora qua, a Cesena, a narrare le meraviglie che il Signore compie in me. Vivo il ministero sacerdotale a servizio dei fratelli, anche quando spiego e illustro la Madonna qui tanto amata, le bellezze della basilica e dell’abbazia. Per me anche questo è un modo per dare lode a Lui.

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