mercoledì 13 settembre 2023
L'arcivescovo Fortunato Morrone ai fedeli: aprimo i nostri occhi per scelte responsabili. L'abbraccio con la comunità marocchina colpita dal terremoto.
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La festa patronale della Madonna della Consolazione si è conclusa con l’abbraccio alla comunità marocchina, rappresentata da alcuni delegati che nella piazza Duomo di Reggio Calabria hanno atteso accanto all’arcivescovo Fortunato Morrone la conclusione della processione del Quadro della avvocata del popolo reggino. «In questa nostra preghiera rivolgiamo un pensiero ai fratelli e alle sorelle che in Marocco stanno vivendo il dramma di un devastante terremoto», ha detto l’arcivescovo. «Come Chiesa e comunità reggina in questo momento di grande sofferenza – ha aggiunto il presule – siamo solidali con i nostri fratelli, figli dello stesso Padre, che, pur non avendo il nostro stesso Battesimo, sono amati dal Padre di Gesù: siamo “Fratelli tutti” come ci ricorda papa Francesco».

I festeggiamenti patronali sono iniziati sabato scorso: il quadro della Vergine è stato portato in processione dall’Eremo dei frati cappuccini verso il Duomo. Una tradizione che si tramanda da cinque secoli e che quest’anno ha registrato la partecipazione di 120mila persone. A metà percorso, esattamente a piazza della Consegna, i religiosi hanno affidato la custodia del quadro alla diocesi. Morrone, accogliendo l’effigie della Madre, ha pronunciato un accorato appello alla cittadinanza: «Il Signore vuole che apriamo gli occhi, che sappiamo essere responsabili delle scelte che operiamo in questa città», ha proseguito poi il presule, «allora diciamo ai nostri amministratori: “Aiutateci e noi vi aiutiamo”. Non possiamo scaricare sui nostri amministratori le nostre responsabilità e, peggio, irresponsabilità. Se la nostra fede – e non la religione – non tocca la nostra vita, non tocca il nostro portafoglio, la nostra famiglia, allora stiamo adulterando l’amore, stiamo tradendo l’amore».

Domenica, in una Cattedrale gremita, è stata aperta l’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del servo di Dio don Italo Calabrò. Si tratta di un presbitero reggino che ha servito la Chiesa ricoprendo molteplici incarichi (vicario generale, parroco, guida della Caritas diocesana e regionale per molti anni, membro della presidenza della nascente Caritas Italiana nel 1971) con coraggiosa passione, con luminosa intelligenza e profonda umiltà. I vescovi ne hanno sempre apprezzato la capacità di assolvere ai delicati servizi pastorali distinguendosi anche per la sua assoluta fedeltà. Parroco di San Giovanni di Sambatello, non si è risparmiato nel contrastare la ‘ndrangheta, nell’alleviare le sofferenze degli ultimi, nell’incoraggiare i giovani a fare scelte di vita fondate sulla condivisione e sulla non violenza.

La scelta di aprire la fase diocesana del processo di beatificazione di don Italo è anche legata al suo ministero di cappellano dei portatori della Vara. Con grandissima emozione, infatti, i portatori hanno partecipato alla celebrazione di apertura, e con altrettanto entusiasmo hanno vissuto il martedì della festa, il giorno della Solennità della Madonna della Consolazione. Al mattino, come da antichissima consuetudine siglata con atto notarile del 30 aprile 1638, l’amministrazione comunale ha offerto il cero votivo alla patrona dei reggini. Poi si è svolta la Messa solenne, presieduta dall’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova Morrone e nel pomeriggio, alle 18, è iniziata la processione conclusiva: la Madre dei reggini è stata condotta in processione per le vie del centro storico per poi rientrare in Duomo. Qui rimarrà fino al prossimo 26 novembre quando, sempre in forma processionale, tornerà all’Eremo.

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