Un immagine del cardinale Giacomo Biffi (1928-2004) a Bologna nel 1997 - Ansa
Da oggi è in libreria il volume di Giacomo Biffi (1928-2015), Il fascino del sacerdozio. Una gioia tribolata, (Edizioni Studio Domenicano, Bologna, pagine 352, euro 22).
Il volume raccoglie 75 omelie – per la prima volta raccolte in un libro – pronunciate dal cardinale, originario di Milano, nel corso dei suoi venti anni di episcopato (1984-2004) a Bologna. Sono le omelie per le ordinazioni presbiterali ed episcopali, per le giornate trascorse con il clero bolognese e anche di altre diocesi e le omelie tenute nella Messa crismale del Giovedì Santo. Di seguito alcuni stralci.
Giacomo Biffi
«L’evangelista Luca ci riferisce che: Gesù entrò nella sinagoga (Luca 4,16). Il Figlio di Dio è entrato là dove era atteso da secoli; è entrato nella sua casa, dove tutto da sempre parlava di lui; dove ogni salmo, ogni lettura profetica, ogni articolo della legge era un anticipato riverbero della sua arcana realtà.
Mi è stato raccontato di un professore di Sacra Scrittura – di una Facoltà lontanissima da Bologna – che dichiarava pubblicamente la sua determinazione di bocciare chi tra i suoi alunni sarebbe andato a dirgli che l’Antico Testamento da qualche parte parlava di Cristo. Bene; allora io dico che se l’Antico Testamento non parlasse di Cristo, non saprei proprio che farmene. Lo getterei tranquillamente dalla finestra (o forse sarebbe meglio, se l’altezza non è troppa, gettare dalla finestra il professore).
Entrò nella sinagoga (Luca 4,16; 6,6), tra i suoi fratelli secondo la carne, dove tutti lo stavano aspettando dal tempo della vocazione di Abramo; eppure fu una sorpresa: il suo fulgore era troppo abbagliante, la sua grandezza era incontenibile, la sua novità sconvolgeva troppo ogni abitudine acquisita e ogni plausibile previsione.
Gesù è sempre così: ci stupisce sempre, rompe ogni ragionevole progetto, ci eccede. Come Dio è più grande del nostro cuore (cf. 1 Giovanni 3,20), così il Figlio di Dio è sempre più grande della nostra storia; perciò dobbiamo stare pronti a lasciarci continuamente superare dalla sua ricchezza e dalla sua fantasia [...].
E Gesù si mise a insegnare (Luca 6,6): entra nella sinagoga come maestro. Dentro e fuori della sinagoga egli insegna. Insegna nella sinagoga, insegna sotto i portici del tempio, insegna sulle rive del lago, sulle cime dei colli, per le strade del mondo; insegna al sabato e insegna negli altri giorni; insegna agli umili e insegna ai dottori della legge; insegna alle folle e insegna ai dodici. Perché egli non è un maestro che abbia una cattedra, un orario di lezione, una materia, un ambito di competenze: egli è il Maestro, e tutto l’universo, tutti gli uomini, tutte le esistenze hanno bisogno della sua luce.
Uno solo è il vostro Maestro: il Cristo (cf. Matteo 23,10). Noi dobbiamo ascoltare con interesse e con rispetto tutti coloro che sono chiamati a insegnare (e, primi fra tutti, gli esegeti e i teologi), ma sempre relativizzandoli a lui; e tanto più relativizzandoli quanto più essi sentono come tutti la tentazione di assolutizzarsi. Noi vogliamo prestare attenzione sincera e cordiale a quanti si prodigano a comunicarci i risultati delle loro ricerche e dei loro studi; ma conservando un po’ di senso dell’umorismo, tanto più necessario quanto più i maestri umani hanno talvolta l’inclinazione (molto comprensibile e naturale, del resto) a prendersi molto sul serio. Noi, in tutti i maestri umani, sopra tutti i maestri umani, invece di tutti i maestri umani, vogliamo ascoltare lui, l’unico vero Maestro, che ci parla dal Libro sacro, e per mezzo di tutto il magistero ecclesiale che si è dispiegato in questi venti secoli, e nella feconda docilità di duemila anni di storia del popolo di Dio [...].
Questo episodio (Luca 6,6-11) ci rivela ancora una volta il cuore compassionevole del Signore. Di fronte alla sofferenza umana egli si lascia commuovere e opera il prodigio.
Noi sappiamo che l’animo di Cristo è sempre così: nessuna delle nostre pene, nessuna delle nostre difficoltà lo trova distratto o indifferente. Noi sappiamo che quando lo preghiamo: «Abbi pietà! Kyrie, eleison!» la nostra implorazione è già esaudita, anche se non sempre egli ci lascia vedere quali siano le strade che la sua misericordia ha deciso di percorrere per attuare il nostro vero bene.
E questa pagina ci dice che è prerogativa di un cuore compassionevole anche la capacità di indignarsi di fronte all’ottusità, all’aridità di spirito, soprattutto alla strumentalizzazione del dolore di un uomo, che viene piegato a servire alla polemica teologica e religiosa.
Proprio questa è la colpa degli scribi e dei farisei. Essi mettono in prima fila quell’infelice, e poi stanno all’erta per vedere se lo guariva di sabato (Luca 6,7). La voce di Gesù si fa vibrante anche nella controllata prosa di Luca: Domando a voi: è lecito in giorno di sabato… salvare una vita o perderla? (Luca 6,9); Marco, che non pettina la sua arruffata scrittura, dice che Gesù girò su di loro uno sguardo pieno di «rabbia». E così ci ricorda la santità dell’indignazione, quando c’è una ragione giusta di collera [...].
«Su Gesù Cristo è stato effuso con pienezza l’olio di letizia (cf. Isaia 61,3), cioè lo Spirito di consolazione; una pienezza che sovrabbonda e tracima su di noi, rendendoci la stirpe eletta e il popolo che Dio si è acquistato (cf. 1 Pietro 2,9). Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto (Giovanni 1,16).
Preti e non preti, noi che costituiamo la Chiesa di Dio, corpo vivo del Signore, siamo tutti dei consacrati. Ecco la verità semplice e grandiosa che oggi [nella Messa crismale] siamo invitati a riscoprire: non dobbiamo tollerare che questa certezza stia più a lungo nascosta ai nostri fedeli; non dobbiamo tollerare che, annebbiata e persa nelle opinioni desacralizzanti più diffuse, questa certezza resti magari nascosta anche a noi. Tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio (Deuteronomio 7,6), come sta scritto.
Noi viviamo costituiti in una sacralità misericordiosa e gratuita, che è donata a tutti in virtù dell’immolazione del Crocifisso, in virtù dell’energia splendente del Risorto, in virtù della elargizione pentecostale dello Spirito. Noi viviamo costituiti in una sacralità oggettiva e permanente, che ci è stata comunicata nel battesimo; si è perfezionata nella cresima; è continuamente arricchita dal «Corpo dato» e dal «Sangue versato» del Redentore, che si è fatto per noi «pane di vita» e «bevanda di salvezza».
Crescere nella consapevolezza di tale ineffabile prerogativa; eliminare dal nostro essere e dal nostro agire ogni residuo di profanità; corrispondere con docilità sempre più grande alla nostra vocazione intrinseca ad entrare col Sacerdote eterno nel santuario celeste; in una parola, diventare ed essere quello che siamo: ecco per tutti noi – preti e non preti – il programma ascetico irrinunciabile e sostanziale, che ci è suggerito da questa nostra gioiosa liturgia».
La copertina del libro che raccoglie le omelie inedite del cardinale Biffi in uscita in questi giorni di settembre nelle librerie - Edizioni Studio Domenicano