mercoledì 14 settembre 2022
Dure proteste contro la decisione di trasformare Santa Maria in Aula Regia da parrocchia a santuario diocesano. Il senso delle unità pastorali per il futuro delle comunità
L'arcivescovo Perego: sbagliato contestare, voglio valorizzare la comunità
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Certo qualche resistenza se l’aspettava. Ma non così, senza quei toni, almeno. E invece monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, la scorsa settimana è dovuto uscire dalla Concattedrale di San Cassiano, scortato dai carabinieri. Fuori un piccolo ma agguerrito gruppo di persone protestava per la scelta di trasformare Santa Maria in Aula Regia a Comacchio da parrocchia a santuario diocesano, affidato a una comunità di Frati dell’Immacolata.

Urla, qualche insulto, persino un cartello al limite del surreale: «La Madonna deve continuare a benedire i nostri bambini». In realtà – spiega l’arcivescovo, presidente della Fondazione Migrantes – non si tratta di un declassamento ma di una valorizzazione. «Quando si operano dei cambiamenti, c’è sempre la difficoltà di farsi capire – spiega il presule – per cui qualche reazione me l’aspettavo. Infatti avevo convocato i consigli pastorali parrocchiali e i consiglieri per gli affari economici».

Invece la protesta è andata oltre.
Non mi aspettavo le offese e le espressioni che non tengono conto della realtà dei fatti. Cioè che il passaggio da parrocchia a santuario diocesano, sotto il profilo della devozione mariana è una valorizzazione.

Per spiegarlo aveva scritto una lettera ai fedeli delle parrocchie di Comacchio.
E l’incontro dell’altra sera era per consegnarla ai consigli pastorali perché la distribuissero a tutti spiegando le ragioni del cambiamento e i passi che ci sarebbero stati. Probabilmente qualcuno ha pensato di far passare l’idea che si chiudesse il santuario o lo si declassasse. E c’è stata anche una strumentalizzazione politica per cavalcare lo scontento del popolo ed ergersi a paladini dei beni e delle tradizioni locali.

Per la chiesa di Santa Maria in Aula Regia è anche un ritorno al passato.
Fino al 1953 è stato un santuario con annesso un convento di cappuccini. Poi a seguito delle bonifiche e dell’arrivo di molte famiglie sul territorio, il vescovo Natale Mosconi, cremonese come me, decise di farlo diventare parrocchia. Anche perché fino al codice di diritto canonico del 1983 un santuario non aveva personalità giuridica con cui legare i beni a quel luogo.

Tra i motivi delle proteste, il fatto che nel santuario non ci si potrà più sposare o battezzare.
Nei santuari in quanto luoghi di pellegrinaggio e di devozione mariana non si celebrano i sacramenti del matrimonio, del Battesimo e delle esequie che normalmente si amministrano in parrocchia. In Santa Maria in Aula Regia si è lasciata la possibilità del rito delle esequie e dei matrimoni per chi è iscritto alla Confraternita che si occupa del santuario. Quindi gli oblati potranno sposarsi e avere il funerali qui.

La trasformazione della parrocchia rientra in un ridisegno più ampio della diocesi.
La diminuzione dei sacerdoti è un problema che sta portando le diocesi a riunire le realtà parrocchiali in unità pastorali. In Emilia Romagna siamo tra gli ultimi che stanno procedendo a questo ridisegno con il passaggio da 170 parrocchie a 51 unità pastorali. A Cesena-Sarsina per esempio si passa da 95 parrocchie a 24 unità pastorali, a Forlì-Bertinoro da 128 a 26. Però non è solo un discorso numerico ma anche di valorizzazione. Lavorando e vivendo insieme preti giovani e anziani possono svolgere meglio alcune attività. Inoltre nelle unità pastorali c’è maggiore spazio per i laici, in modo che la liturgia, la catechesi e la carità non siano trascurate.

Cioè?
Per esempio in molte parrocchie piccole non c’è la catechesi dei giovani o viceversa degli adulti. In un’unità pastorale invece la formazione permanente è possibile. Inoltre mettendosi insieme diventa più facile affrontare il problema della povertà delle famiglie e unendo le spese si possono aiutare le comunità in condizioni più difficili. In diocesi ci sono 170 parrocchie di cui 90 sotto i mille abitanti, spesso il problema è anche pagare la bolletta della luce, l’assicurazione. La condivisione aiuta ad affrontare i problemi di una comunità sul piano economico, e più in generale sui tre elementi essenziali delle vita di una chiesa, vale a dire la liturgia, la catechesi e la carità.

Forse manca la capacità di farsi capire e, dall’altra parte, la volontà di comprendere.
Non sono scelte improvvisate. È da cinque anni che stiamo facendo un percorso con i vari organismi pastorali, nei vicariati, nelle giornate del laicato. Finora abbiamo costituito 15 unità pastorali, l’obiettivo è arrivare a 51 entro la fine del Giubileo.

Tornando alla protesta, qualcuno dei contestatori ha fatto marcia indietro?
Diverse persone mi hanno scritto e si sono scusate per l’atteggiamento di alcuni parrocchiani.

Non l’ha vissuta come un fatto personale comunque.
Ma no. Questi territori del Delta sono sempre stati caratterizzati da persone sanguigne, molto reattive. Il vescovo Luigi Maverna fu preso a sassate per aver trasferito un sacerdote. Episodi che capitano perché non si accetta che chi deve prendere decisioni lo faccia e che non sempre si può comunicare subito a tutta la popolazione.

Le insiste sull’importanza di fare i conti con la realtà.
La comunità di Comacchio sta vivendo un calo demografico pauroso, ci sono 300 morti per 100 nati l’anno. In queste zone il Delta ha perso 50mila abitanti in 30 anni, sono stati chiusi l’ospedale e gli zuccherifici. Ma noi, ripeto, vogliamo promuovere il territorio. Stiamo per iniziare i lavori per un centro giovanile chiuso da diversi anni, vogliamo valorizzare il museo diocesano. Puntiamo a far sì che questa cittadina abbia più opportunità e capacità di attrazione per persone e famiglie che in questo momento stanno andando via.

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