Separati, ma fedeli: il Giubileo di chi decide di restare sposato (da solo)
di Luciano Moia
La realtà “Fraternità Sposi per sempre” è stata fondata nel 2012 da don Renzo Bonetti, ex direttore ufficio famiglia Cei. Ne fa parte chi crede nell'amore indissolubile come segno di speranza

Credo quia absurdum. La frase attribuita a Tertulliano – “credo perché è assurdo”, perché credere è scelta tanto estrema da non poter essere compresa totalmente con la ragione – potrebbe essere la sintesi più efficace per gli appartenenti alla “Fraternità Sposi per sempre” che oggi hanno celebrato il loro pellegrinaggio giubilare. Separati e divorziati rimasti fedeli, nonostante la disgregazione della coppia coniugale, al sacramento del matrimonio.
Absurdum, appunto, secondo la logica del mondo, ma non in una prospettiva cristiana, secondo cui l’indissolubilità rimane un valore anche quando la relazione umana finisce. Difficile da digerire, ma è proprio così. «Sono persone che hanno alle spalle vissuti coniugali molto pesanti – spiega don Renzo Bonetti che fin dal 2012 ha sollecitato la nascita della fraternità – ma che grazie a questa scelta controcorrente hanno ritrovato la gioia di vivere. Talvolta, quando il coniuge separato viene a sapere della decisione di fedeltà portata avanti dall’ex moglie o dall’ex marito, comprende l’errore compiuto ed è portato a riavvicinarsi. Abbiamo tanti casi di coppie, che proprio grazie a questa coerenza nella fede di uno dei due, si sono ricongiunte e ora sono nuovamente felici».
Si tratta di percorsi che, come appunto nel caso della “Fraternità Sposi per sempre”, aprono la strada ad approdi spirituali di grande profondità, perché riflettere sul proprio passato in modo consapevole serve da una parte a rendere meno acuta la sofferenza della separazione e, dall’altra, a comprendere in una chiave diversa il significato del sacramento del matrimonio.
Si tratta di percorsi che, come appunto nel caso della “Fraternità Sposi per sempre”, aprono la strada ad approdi spirituali di grande profondità, perché riflettere sul proprio passato in modo consapevole serve da una parte a rendere meno acuta la sofferenza della separazione e, dall’altra, a comprendere in una chiave diversa il significato del sacramento del matrimonio.
Don Renzo Bonetti, direttore dell’Ufficio famiglia Cei dal 1995 al 2003, poi consultore del Pontificio Consiglio per la famiglia, è dal 2010 presidente della Fondazione “Famiglia Mistero Grande” nel cui ambito è andata sviluppandosi l’idea di dare nuova dignità ecclesiale ai gruppi di persone separate, fedeli al matrimonio–sacramento. Centinaia di uomini e donne - certamente più numerosi di quanto si possa immaginare - che da diversi anni chiedevano percorsi di formazione e occasioni di approfondimento teologico per motivare una decisione tanto coerente sotto il profilo dottrinale e alla luce del magistero, ma quasi incomprensibile per la cultura laica e non sempre accolta con favore anche nelle nostre comunità. Da qui la decisione di don Bonetti, che ha colto l’occasione per una proposta originale, un vero e proprio cammino spirituale, che non muta l’originale vocazione sacramentale, battesimale e nuziale delle persone separate, ma realizza per loro una diversa attenzione, teologica e pastorale. «Spesso – riprende l’ex direttore dell’Ufficio famiglia Cei – raccolgo obiezioni, anche dall’interno della Chiesa, sull’opportunità di dare spazio a queste esperienze. Qualcuno solleva problemi teologici, sostenendo per esempio che non ha senso incoraggiare le persone a manifestare fedeltà a una relazione che non esiste più.
Ma si tratta di una sottolineatura decisamente sbagliata. Dal punto di vista umano quella relazione, forse, non esiste più. Dal punto di vista della teologia del matrimonio – sostiene don Bonetti - la relazione degli sposi è però trasformata e assunta in un’altra relazione, quella con Cristo, la cui fedeltà concretizzata nella grazia divina del sacramento, non viene meno. Basta leggere Gaudium et spes per rendersene conto. Ecco perché si può vivere un amore “per sempre”, oltre la sfida del fallimento umano. E questa sfida diventa percorso di arricchimento spirituale nella fede, oltre che prezioso aiuto esistenziale».
Oggi, a guidare il pellegrinaggio giubilare dei separati fedeli c’era don Andrea Giustiniani che da un paio d’anni affianca don Bonetti nella guida della Fraternità la cui crescita è testimoniata dalla presenza in otto diocesi: Milano, Torino, Biella, Treviso, Verona, Arezzo, Napoli, Palermo. «Il pellegrinaggio giubilare – riferisce padre Giustiniani – ha rappresentato anche la conclusione del nostro ritiro annuale sulla “Speranza, promessa compiuta”. Dove la speranza è quella cristiana di cui Cristo rappresenta il compimento». Pensiero difficile da tradurre in pratica per chi vive sulla propria pelle la delusione per il fallimento del proprio progetto di vita.
«Ma no - interviene Ettore Leadri di Arezzo, responsabile nazionale della Fraternità, separato da 12 anni, con due figlie che oggi hanno 15 e 19 anni – sono le giornate come queste che ci confermano la bontà della scelta compiuta. Per quanto mi riguarda ho scelto la fedeltà per non infliggere altre sofferenze alle mie figlie che all’epoca erano molto piccole. Poi ho avuto la fortuna di incontrare l’esperienza di don Renzo e cominciato a capire anche il senso del matrimonio. Ora sono certo di aver fatto bene. In qualunque condizione ti trovi, Dio ti ama. E la fedeltà di Gesù è reale, si può imitare. È una scelta che ti fa crescere nella fede, che genera frutti di bene e che rende più amabile anche la Chiesa».
«Ma no - interviene Ettore Leadri di Arezzo, responsabile nazionale della Fraternità, separato da 12 anni, con due figlie che oggi hanno 15 e 19 anni – sono le giornate come queste che ci confermano la bontà della scelta compiuta. Per quanto mi riguarda ho scelto la fedeltà per non infliggere altre sofferenze alle mie figlie che all’epoca erano molto piccole. Poi ho avuto la fortuna di incontrare l’esperienza di don Renzo e cominciato a capire anche il senso del matrimonio. Ora sono certo di aver fatto bene. In qualunque condizione ti trovi, Dio ti ama. E la fedeltà di Gesù è reale, si può imitare. È una scelta che ti fa crescere nella fede, che genera frutti di bene e che rende più amabile anche la Chiesa».
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