Il prete che celebrò un matrimonio «interraziale» e fu ucciso dal Ku Klux Klan

Nella Cattedrale di Birmingham il vescovo Steven Raica ha celebrato la Messa in suffragio di padre James E. Coyle (1873-1921), eroico sacerdote che fu vittima dell'odio razziale e anticattolico
August 11, 2025
«La sua vita e il suo ministero sono stati caratterizzati dal servizio a tutti. Ha incarnato il significato di essere cattolico, universale nella sua predicazione, nella sua testimonianza e nella sua vita. Di tanto in tanto, scriveva riflessioni sulla fede e sulla vita sul Birmingham News, anche se la comunità era prevalentemente protestante. È stato lui, sacerdote cattolico irlandese, a pagare il prezzo del pregiudizio e del razzismo dell'epoca e gli è costato la vita».
Così ha detto Steven Raica, vescovo di Birmingham in Alabama, nell’omelia della Messa celebrata lunedì scorso, 11 agosto, in memoria di padre James Edwin Coyle (1873-1921), sacerdote irlandese ucciso nella stessa Birmingham 105 anni fa da un membro del Klu Klux Klan, perché accusato di aver celebrato un matrimonio interraziale. E la sposa, bianca, era la figlia dell’assassino.
La celebrazione eucaristica di lunedì, trasmessa in diretta da Ewtn, il più grande network televisivo cattolico non solo di lingua inglese, si è svolta nella suggestiva Cattedrale di St. Paul, dove padre Coyle fu parroco per 17 anni, a partire dal 1904, quando Birmingham non era ancora stata eretta a diocesi.
La Messa celebrata dal vescovo Steven Raica l'11 agosto nella Cattedrale di Birmingham - web
La Messa celebrata dal vescovo Steven Raica l'11 agosto nella Cattedrale di Birmingham - web
Nato in Irlanda, a Drum, Coyle aveva studiato a Limerick e a Roma, al Pontificio Collegio Nord Americano. Dopo l’ordinazione sacerdotale, nel 1896, era partito in missione per l’Alabama. Birmingham era allora uno dei principali centri siderurgici degli Stati Uniti. La necessità di manodopera nelle fabbriche e nelle miniere della zona aveva attirato migliaia di migranti dall’Europa, molto di loro cattolici.
Fu durante il suo lavoro pastorale che una ragazza protestante di Birmingham, di nome Ruth Stephenson, lo avvicinò. Si era interessata alla fede cattolica nonostante la radicale ostilità del padre, il reverendo Edwin R. Stephenson, pastore della Chiesa episcopale metodista nonché esponente del Klu Klux Klan.
Nel frattempo Ruth conobbe anche un tuttofare portoricano del posto, Pedro Gussman, cattolico, di oltre vent'anni più grande di lei, che lavorava presso la casa degli Stephenson. Tra i due nacque una relazione e Pedro le chiese di sposarlo.
A 19 anni Ruth si convertì così al cattolicesimo, nonostante le percosse del padre, e chiese a padre Coyle di officiare il matrimonio tra lei e Pedro. Cosa che avvenne l’11 agosto del 1921. Due ore dopo il rito, però, il reverendo Stephenson raggiunse padre Coyle mentre questi era seduto su una sedia a dondolo sotto la veranda della canonica e gli sparò a bruciapelo. Il sacerdote morì quaranta minuti dopo nella sala operatoria del St. Vincent's Hospital. Il suo funerale fu uno dei più grandi mai celebrati in città.
Funerali di padre James E. Coyle - Jeremy Gray/Twitter
Funerali di padre James E. Coyle - Jeremy Gray/Twitter
Come ricorda il portale Black Catholic Messenger, Stephenson fu accusato di omicidio di secondo grado e il processo divenne un caso mediatico. La sua difesa cercò di sostenere che Gussman, un "boricua", cioè un portoricano dalla pelle scura, era un vero afroamericano, perché in Alabama vigeva ancora il reato di matrimonio interrazziale.
Stephenson ebbe il supporto finanziario e legale del locale Klu Klux Klan, dove militava anche un futuro giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Hugo Black, e alla fine con un solo voto di scarto fu assolto dalla giuria.
Negli ultimi anni di vita di padre Coyle, specifica il sito memoriale a lui dedicato, a Birmingham andò in scena una «persecuzione pubblica, economica e psicologica anti-cattolica, organizzata e promossa dal Ku Klux Klan e da una società politica segreta chiamata "True Americans". Padre Coyle fu coraggioso e irremovibile durante questo periodo teso e minaccioso per i cattolici nel difendere pubblicamente la Chiesa».
«Non possiamo che ammirare la sua fedeltà nell'esercizio del suo ministero di fronte all'odio verso la nostra fede – ha detto nell’omelia di lunedì il vescovo Raica – soprattutto attraverso l'amministrazione dei sacramenti e l'invito alle persone a vivere la loro fede in pienezza, anche in mezzo a venti contrari che minacciavano i cattolici e la fede cattolica qui nel sud».

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