I giovani ci stanno dando l'occasione di farci le loro stesse domande

Nei ragazzi che affollano Roma e Tor Vergata noi adulti non dobbiamo vedere il segnale che "va ancora tutto bene" ma il segnale che ora bisogna farsi cercatori insieme a questa generazione i
August 1, 2025
I giovani ci stanno dando l'occasione di farci le loro stesse domande
- | Folla di giovani a Tor Vergata per la veglia e la Messa con il Papa
Cari genitori, cari educatori, cari sacerdoti, scrivo queste parole mentre mi scorrono sotto gli occhi i fotogrammi dei giovani che stanno arrivando a Roma per celebrare il loro Giubileo. Non riesco a immaginare con quali pensieri e con quali sentimenti voi vediate questi reportage.
Forse qualcuno pensa: “vedi che i giovani che vanno in Chiesa ci sono ancora?!”, qualche altro forse li guarda con indifferenza, e altri ancora potranno pensare che quei giovani sono diversi da quelli della sua parrocchia, o del suo gruppo, o da quelli che stazionano nella piazzetta sotto casa sua: chiusi al dialogo con gli adulti, sfuggenti, vestiti in fogge che a noi sembrano inopportune, pieni di tatuaggi e di piercing... Ciascuno filtra ogni immagine attraverso il suo sguardo, il suo punto di vista, persino i suoi pregiudizi. I media ci permettono di partecipare quasi in diretta a questo evento che rinnova, in occasione del Giubileo, ciò che hanno rappresentato le Giornate mondiali della Gioventù: un grande incontro di giovani, la gioia di ritrovarsi provenienti da terre, culture e Chiese diverse, a celebrare attorno al Papa l’universalismo della fede e a condividere una speranza di futuro.
Io non riesco a guardare queste immagini se non cercando di sovrapporle a quelle di tutti i giovani che la vita feriale mi fa incontrare: quelli che hanno lo sguardo spento, che non riescono a sorridere, che sembrano indifferenti a tutto, che non sanno guardare al loro futuro con ottimismo. Forse anche tra quelli che ora sono a Roma vi sono giovani così, quelli della vita di tutti i giorni, alla ricerca di qualcosa che non arrivano nemmeno a comprendere, smarriti, senza quei punti di riferimento che non riescono a trovare. Sono quelli che incontriamo a casa nostra, o nella nostra scuola, o nella nostra parrocchia, quelli che sollecitano la nostra responsabilità, che provocano il nostro sguardo e i nostri atteggiamenti. Sono quelli che noi non sempre riusciamo a capire, ad ascoltare, a sostenere.
Mi permetto allora di ricordare a me e a voi cinque piccoli criteri perché i giovani del Giubileo, al loro ritorno, riconoscano che anche noi abbiamo fatto un nostro cammino per ripartire insieme con loro in maniera nuova. Impariamo a guardare non come sono vestiti o a come si atteggiano, ma a guardarli negli occhi. Hanno bisogno di essere visti, questi ragazzi; ciascuno di loro nella sua individualità, nella sua personalità, nelle sue fatiche e nei suoi sforzi. Ognuno di loro non è semplicemente un alunno della classe o un membro del gruppo parrocchiale, ma è lui/lei, nome, storia, desideri, ferite. Hanno bisogno di essere visti per le persone che sono, e non per come portano i capelli o per come si fanno tatuare sul corpo disegni che per noi sono incomprensibili, ma che spesso per loro esprimono la loro storia, passaggi decisivi della loro vita.
Ma se li guardiamo negli occhi, tutto questo non conta, e possiamo leggere, disarmata, la loro voglia di vita e di senso. I giovani sentono un grande bisogno di essere ascoltati; si sentono smarriti nella loro solitudine, di fronte a domande più grandi di loro. Hanno l’impressione che agli adulti non interessi chi sono veramente, che cosa stanno vivendo, quali sono i loro sogni e il loro dolore. Siamo sorpresi a volte di fronte ad atteggiamenti o a scelte drammatiche e spesso non riusciamo a chiederci perché non avevamo visto, il giorno prima, il dolore che li abitava, nella cupezza dei loro sguardi, nell’inquietudine dei gesti. Dobbiamo lasciarci contagiare dalla loro ricerca di senso, di bene, di autenticità.
Paola Bignardi - Agenzia Romano Siciliani
Paola Bignardi - Agenzia Romano Siciliani
Sono cercatori: talvolta nemmeno loro sanno di che cosa, ma si rendono conto di non poter vivere giorno per giorno senza aver individuato una direzione alla loro vita. Sollecitano la nostra capacità di restare aperti alle domande, senza precomprensioni. I giovani ci chiedono di saperci accompagnare a loro, non da maestri, ma da cercatori con loro. Qualche giorno fa un ragazzo ha detto: « Io non voglio le vostre risposte, voglio che cerchiate con me». Dunque, non escludono gli adulti, ma... a condizione che con loro sappiano abitare le domande della vita. E infine: lasciamoli andare verso quella novità che intuiscono e cercano e che potrà rinnovare anche noi.
Non tratteniamoli dentro i nostri schemi, dentro le nostre risposte. Loro vogliono essere giovani di oggi e non vogliono essere bloccati in un tempo che non è il loro. Di ritorno dal Giubileo, questi giovani saranno uguali a prima di partire? Noi siamo pronti a sostenere i sogni che nel loro incontro romano avranno concepito, ad accompagnarli nel cammino di novità che certamente questa esperienza solleciterà in loro? Il Giubileo dei giovani invoca anche il nostro Giubileo di adulti e di educatori, la nostra conversione a un’autenticità e a un’intensità umana che potrebbero avvicinare generazioni ora troppo lontane tra loro. Sollecita anche noi a guardare nei loro occhi quella speranza di cui, in noi, cercano conferma.

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