I giovani assieme a Frassati: un compagno nei nostri cammini tortuosi
di Irene Funghi
Nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva la veglia di preghiera davanti alle reliquie del giovane torinese che verrà canonizzato a settembre

È un flusso ininterrotto di pellegrini quello che ha attraversato di ora in ora nei giorni passati la basilica di Santa Maria sopra Minerva, dove in occasione del Giubileo dei giovani è stato portato il corpo del beato Piergiorgio Frassati. È lì che l’Azione Cattolica italiana ha organizzato per ieri un’adorazione eucaristica, guidata dall’assistente nazionale del settore giovani don Michele Martinelli e dall’assistente nazionale del Movimento studenti don Luigi Caravella, e una Messa, celebrata dall’assistente nazionale dell’Azione Cattolica italiana, il vescovo Claudio Giuliodori.
Ad affollare la navata, circondata da foto e frasi del futuro santo (sarà canonizzato il 7 settembre), giovani di tutte le parti del mondo, ciascuno con una storia alle spalle che lo ha portato fin lì. «Il giorno della morte sarà il più bel giorno della mia vita», le prime parole del quasi santo che incontrano.
Tra loro Celestina, giovane universitaria di Monza, il cui percorso di fede, segnato da alti e bassi è stato tutto accompagnato dalla figura del giovane torinese. «Il mio oratorio – a Monza – è stato intitolato a lui e da lì nel 2016 sono passate le sue reliquie». Ma è il legame tra il giovane e le vicende personali di Celestina a colpire. Mentre ne parla le tremano le mani e la voce, mentre mostra la foto di Piergiorgio che tiene con sé. «Aveva una vita spirituale intensa, si spendeva per i poveri e gli ammalati, ma in fondo era così», dice, indicando il fotogramma che lo ritrae, informale, ad un tavolo insieme agli amici. È una normalità, però, che si rivela presto tutta apparente, perché quella “Compagnia dei tipi loschi”, che aveva istituito per il tempo libero e le uscite in montagna, doveva servire in realtà a giurare «un patto che non conosce confini né terreni né temporali: l’unione nella preghiera», scriveva nelle sue lettere Piergiorgio.
«Essere controcorrente era uno dei suoi tratti caratteristici – sottolinea Vito, pellegrino di Monreale e studente, come Frassati, di ingegneria –. Dobbiamo prendere esempio da lui anche noi: viviamo in una società che ci spinge ad amare noi stessi più che il prossimo e cerca più lo sconto con l’altro che l’amore fraterno». E anche davanti alle prove della vita Piergiorgio si fa compagno di strada.
«Mi è capitato di incontrare persone importanti in luoghi dove ci sono le sue reliquie, come a Pollone, dove ho visto il suo zaino, il suo piccone – racconta Celestina –. Anche a causa di problemi di salute nella mia famiglia, sento il mio cuore diviso in due: una parte mi spinge verso Dio, l’altra più verso la terra. Il mio percorso è stato un po’ tortuoso – confida –, un saliscendi». È lì che Piergiorgio, da bravo esperto della montagna, l’ha presa per mano, per spingerla, a piccoli passi, “verso l’alto”.
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