«Giovani pronti a grandi sfide. A Tor Vergata una generazione che sorprende»

Seri, impegnati, capaci di divertirsi ma pronti a pregare: il milione di ragazzi con il Papa (70mila gli italiani) spiegato dal responsabile nazionale della Pastorale giovanile don Riccardo Pincer
August 9, 2025
«Giovani pronti a grandi sfide. A Tor Vergata una generazione che sorprende»
Marco Iacobucci / fotogramma.it | Una ragazza all'alba di domenica 3 agosto a Tor Vergata
Qualche timore sul Giubileo dei Giovani era più che fondato: l’evento per gli adolescenti celebrato da poco (con successo), le canonizzazioni di Acutis e Frassati imminenti, un Papa tutto nuovo... I giorni di Roma e Tor Vergata, invece, hanno mostrato che una proposta che parla di impegno e di senso trova accoglienza anche oltre giusitificate prudenze. E ora che il Giubileo dei Giovani è alle spalle don Riccardo Pincerato, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale giovanile, sente il dovere di ringraziare per un così grande dono nel modo più efficace: riflettendo sul suo messaggio.
Don Riccardo Pincerato, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale giovanile - .
Don Riccardo Pincerato, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale giovanile - .
Possiamo considerarlo un successo?
Come Chiesa italiana credo che dobbiamo essere felici, per la qualità delle persone che hanno partecipato e non solo per i numeri, comunque molto significativi: mettendo insieme i 70mila italiani del Giubileo dei Giovani e gli 80mila di quello degli Adolescenti, a fine aprile, nel nostro Paese si sono mosse in tutto almeno 150mila persone, coinvolgendo un gran numero di accompagnatori e sacerdoti. Quindi sì, la Chiesa italiana può dirsi contenta per la risposta dei giovani, per l’impegno che ha profuso e anche per il grande lavoro di squadra tra gli uffici e i servizi della Cei.
Cosa l’ha sorpresa?
Vedere che i ragazzi “ci sono stati” alle grandi sfide che gli abbiamo proposto. Di fronte a una cultura che privilegia i social hanno saputo mostrare che la relazione per loro è ancora fondamentale, e ci si vogliono giocare. Un’altra sorpresa è stata all’incontro per gli italiani in piazza San Pietro, giovedì 31: un’esperienza che li ha visti partecipi in un tempo di festa, di riflessione e di preghiera. Hanno saputo lasciarsi guidare vivendo fino in fondo ogni momento con il suo linguaggio, la festa come la riflessione e la preghiera. Ho visto battere un cuore comune, la sorpresa più bella.
Che messaggio arriva alla Chiesa italiana?
I giovani sono meglio di come li pensiamo, né superficiali né pigri né creduloni: sono pienamente giovani, con una intelligenza, una profondità e una capacità di vivere e di pregare che può stupire chi di loro pensava altro. Ma questi giovani c’erano, con questo stile, perché c’è una Chiesa che ha creduto in loro, ha saputo accompagnarli scommettendo su di loro.
Il palco di Tor Vergata - Agenzia Romano Siciliani
Il palco di Tor Vergata - Agenzia Romano Siciliani
Di cosa è figlio questo evento?
Di una lunga storia, quella della Chiesa italiana con i giovani attraverso la pastorale giovanile che sin dal 1984 – data di nascita delle Giornate mondiali – ha sempre lavorato insieme ai ragazzi con grande convinzione ed energia.
Col segretario generale della Cei monsignor Giuseppe Baturi ha firmato una lettera agli educatori per esprimergli gratitudine...
Hanno creduto nel fatto che questo evento fosse un’esperienza significativa, cogliendo un’opportunità da cui potevano sgorgare domande e scelte per il futuro. Con i nostri 70mila giovani c’erano educatori di speranza, realisti, consapevoli, senza facili entusiasmi. Hanno preparato il Giubileo per capirne il valore.
Un giovane in preghiera durante uno degli incontri delle giornate giubilari - Matteo Nardone / fotogramma.it
Un giovane in preghiera durante uno degli incontri delle giornate giubilari - Matteo Nardone / fotogramma.it
Cos’ha determinato l’evidente qualità della partecipazione?
Il Giubileo ha connotati ben precisi. Riconciliazione, Porta Santa, pellegrinaggio, professione di fede: piste chiare ai ragazzi. E poi c’è Roma, che per noi italiani è più “naturale” e spinge a concentrarsi più sul contenuto che sulla meta. Ci si è chiesti perché si andava, per quale proposta, con che motivazioni: un investimento di senso che ha dato i suoi frutti.
Che generazione ha visto?
Anzitutto giovani in ricerca: di vita, di senso, dell’altro, amici ma anche Dio. Li ho visti molto seri, “posati”, che non significa affatto spenti: hanno fatto il rumore che andava fatto nei momenti giusti, sono stati loro l’anima della festa, ma sempre in modo ordinato, bello, semplice. Ho visto i giovani che incontri in città, in università, in parrocchia, al lavoro, nello sport, senza euforie né bigottismi. Giovani che si fidano di chi li accompagna sapendoli interrogare nella loro sete di vita.
Papa Leone a Tor Vergata per la Messa con i giovani - Agenzia Romano Siciliani
Papa Leone a Tor Vergata per la Messa con i giovani - Agenzia Romano Siciliani
Giovani “normali” che abbiamo perso di vista oppure un campione di “eletti”?
Non sono “gli unici che abbiamo”, assolutamente. Sono venuti a Roma anche da dove non c’era una presenza capillare sul territorio di chi potesse invitarli, hanno aderito per una loro convinzione a una proposta che hanno percepito come convincente. Ecco perché penso che in giro ci siano moltissimi altri giovani come loro. Sono solo l’avanguardia di una generazione.
Ora come si consolida questa loro scelta?
È una questione annosa: come fare a non perderli? Il grande evento provoca le nostre comunità, perché tutte queste persone sono in cerca di esperienze comunitarie che gli permettano di continuare ciò che hanno sperimentato a Roma. Chiediamoci allora se queste comunità ci sono, o sono disposte a essere come i ragazzi si aspettano: vive, calde, familiari, non giudicanti, capaci di camminare con loro. Possono essere parrocchie, associazioni, o anche forme nuove rispetto a quelle che conosciamo.
L'incontro dei giovani italiani in piazza San Pietro il 31 luglio - Agenzia Romano Siciliani
L'incontro dei giovani italiani in piazza San Pietro il 31 luglio - Agenzia Romano Siciliani
Sono figli di questo tempo complesso e drammatico...
Un’idea di fondo che li ha accompagnati è la loro piena consapevolezza del periodo storico ma con la certezza che insieme ce la possono fare. Una sensibilità interpretata da papa Leone quando gli ha parlato dell’amicizia come una possibilità per vincere ogni conflitto. È la comunità il luogo dove si può affrontare la grande sfida della santità.
Che speranza ci hanno testimoniato “malgrado tutto”?
Una speranza viva e vitale. Rispetto alle immagini che ogni giorno scorrono sotto i nostri occhi ho visto un popolo vivo e forte, in cui scorre la vita. La speranza per noi cristiani è riconoscere che nel futuro c’è una promessa e un’attesa, che è Dio. Ecco, questi ragazzi sono il volto di una promessa che si sta compiendo.
La folla dei giovani a Tor Vergata al tramonto di sabato 2 agosto durante il giro del Papa in mezzo a loro - Matteo Nardone / fotogramma.it
La folla dei giovani a Tor Vergata al tramonto di sabato 2 agosto durante il giro del Papa in mezzo a loro - Matteo Nardone / fotogramma.it
Come Servizio nazionale quali passi avete in mente?
Si tratta di prendersi cura delle diverse figure attive nella pastorale giovanile occupandoci della loro formazione. Occorre però anche ricalibrare tutto ciò che si fa sulla centralità di Cristo, in modo che la pastorale giovanile possa essere il luogo dell’educazione ma anche dell’annuncio. C’è poi bisogno di collaborazioni pastorali per arricchire e allargare gli sguardi riconoscendo che la cura delle nuove generazioni non è esclusiva di un ufficio ma un servizio che abbraccia tutta la realtà: la scuola, il lavoro, la Caritas, il dialogo interreligioso, le vocazioni, la famiglia, la salute... Vanno messi i giovani nelle condizioni di rigenerare le nostre comunità cristiane innestando con la loro vitalità energie nuove, a tutto campo.
Ora c’è subito la canonizzazione di Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, il 7 settembre...
Un appuntamento molto atteso, e non solo per l’Azione Cattolica e le diocesi di Milano e Assisi. Trovo queste due figure complementari: un santo dei nostri giorni, che attraverso l’uso della comunicazione digitale si fa vicino alle nuove generazioni, e una figura meno recente ma che intercetta alcune sensibilità oggi diffuse, come la bellezza della natura. La sfida di proposte alte di vita espressa da Acutis e Frassati sta toccando il cuore dei giovani. Il 7 settembre diventa così un’occasione per riscoprire alcuni elementi che sono tipicamente giovanili ma che guidano verso la santità. Carlo e Pier Giorgio possono diventare due segnavia lungo la strada che papa Leone ci ha indicato a Tor Vergata. La Chiesa dona ai giovani due apripista verso la santità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA