Da Gorizia l'appello di pace oltre le frontiere
di Lorenzo Rosoli inviato a Gorizia
La città italiana e la sorella slovena sono teatro di un gesto che dal cuore dell’Europa guarda al mondo. Uniti nell’invocazione e nell’impegno i ragazzi. E i vescovo d’Italia, Slovenia e Croazia

La preghiera dei fedeli con le intenzioni in italiano, friulano e sloveno. Fin dalla Messa che ha aperto – stamani alle 8 in Cattedrale – la seconda giornata di lavori del Consiglio episcopale permanente, Gorizia e la sua Chiesa confermano – con gesti semplici, ordinari – la vocazione di casa e scuola della convivialità delle differenze. «Gorizia ha la singolare vocazione di essere segno visibile di unità e di dialogo», aveva detto Giovanni Paolo II il 2 maggio 1992 recandosi in visita pastorale in terra isontina. Parole riprese dal presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, nell’Introduzione che ieri ha aperto la sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente (Cep). Parole che fanno da filo conduttore alla giornata di oggi.
Due i momenti forti. Nel pomeriggio – presso l’oratorio “Pastor Angelicus”, a due passi dalla Cattedrale, dove sono ospitati i lavori del Consiglio permanente – i vescovi italiani incontreranno i confratelli delle Conferenze episcopali croata e slovena. Un’occasione di dialogo fra Chiese sorelle, in terre da sempre contrassegnate dal pluralismo culturale, linguistico, nazionale e religioso, nella cui carne viva le volontà di potenza e le pretese delle ideologie hanno cercato di tracciare solchi di separazione, seminandovi intolleranza e odio, con conseguenze tragiche.

A partire dalle 20 (con diretta streaming sul canale YouTube della Conferenza episcopale italiana) il secondo momento forte: la veglia di preghiera per la pace nel mondo, alla quale prenderà parte una rappresentanza di giovani italiani e sloveni. E che sarà occasione per lanciare, tutti insieme, un appello di pace. La veglia si terrà in piazza Transalpina, luogo simbolo del faticoso, drammatico, luminoso cammino vissuto da queste comunità dalla divisione alla riconciliazione, e dove ancora oggi corre il confine fra Italia e Slovenia – confine che la comune appartenenza all’Unione Europea ha trasformato da luogo di separazione a luogo d’incontro.
La giornata – come detto – si è aperta nel segno dell’Eucaristia. Ha presieduto la Messa il vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla; l’hanno concelebrata, assieme ai membri del Cep, una ventina di sacerdoti. All’inizio della liturgia, un breve saluto dell’arcivescovo di Gorizia, Carlo Roberto Maria Redaelli, al cui invito si deve la scelta di svolgere all’ombra della Cattedrale dei Santi Ilario e Taziano – in questo 2025 che vede Gorizia e Nova Gorica essere, assieme, la capitale europea della cultura – questa sessione d’autunno del Consiglio permanente. Redaelli ha ricordato in particolare come oggi ricorra l’anniversario di ordinazione episcopale di due membri del Cep: l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, e il vescovo di Novara, Brambilla. Sono trascorsi diciotto anni da quel 23 settembre del 2007, quando vennero consacrati vescovi. E ne sono passati cinquanta da quando – era il 7 giugno 1975 – Delpini e Brambilla vennero ordinati sacerdoti per l’arcidiocesi di Milano – Chiesa nella quale è nato ed è giunto al presbiterato anche Redaelli.
«Cerchiamo di essere Chiesa che sa generare alla maternità e alla fraternità», ha chiesto in omelia il vescovo Brambilla, commentando il passo del Vangelo di Luca in cui Gesù – cercato dalla madre e dai «suoi fratelli», impossibilitati ad avvicinarlo «a causa della folla» che lo circondava – risponde: mia madre e i miei fratelli sono «coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». Nessuna contrapposizione fra maternità e fraternità umana, e maternità e fraternità spirituale, ha sottolineato Brambilla, bensì un orizzonte di compimento, di svelamento del vero significato di ogni maternità, paternità e fraternità: che è generare e formare alla vita sapiente. A una vita pienamente umana. Fecondata dalla parola di Dio, ascoltata e vissuta assieme: nella Chiesa, con i fratelli.
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