Amara: «Cantare a San Pietro è seminare speranza»

Fra i protagonisti oggi del Giubileo dei giovani, intonerà in piazza "La cura" di Battiato e "Che sia benedetta". «Papa Leone rincuora questi ragazzi che non sembrano avere punti c
July 30, 2025
Amara: «Cantare a San Pietro è seminare speranza»
. | La cantautrice Amara canterà oggi in piazza San Pietro per i giovani
Amara, al secolo Erika Mineo, sarà tra gli artisti protagonisti del Giubileo dei Giovani, oggi in Piazza San Pietro, dove si esibirà accompagnata dall’Orchestra del Conservatorio A. Casella dell’Aquila, diretta dal Maestro Leonardo De Amicis. Sul palco interpreterà anche Che sia benedetta il brano da lei scritto e reso celebre da Fiorella Mannoia. I suoi testi – come l’intensa Credo presentata a Sanremo – rivelano da sempre una forte tensione spirituale, in un dialogo costante tra fede, dubbio, silenzio e ascolto interiore.
Amara, che giornata sarà oggi per lei in Piazza San Pietro?
«Sicuramente una giornata di integrazione, di connessione. Uso questo termine in senso collettivo: saremo tutti con lo stesso intento di stare nel presente, con l’intenzione unita a questa speranza di futuro, che è il tema azzeccatissimo del Giubileo, soprattutto per il tempo storico che stiamo vivendo. È bellissimo gettare un seme per gli adulti del domani, essere voce sorella nel percorso su questa nostra terra»
Quali brani interpreterà?
«La cura di Battiato, uomo e artista massimo della scoperta individuale, e Che sia benedetta, un inno alla vita che nella sua assurdità contiene la formula incredibile della perfezione».
I suoi brani sono sempre alla ricerca di una dimensione spirituale?
«Non riesco a fare distinzione tra Erika e Amara. Vivo il presente cercando di scoprire le verità invisibili. La spiritualità, per me, vuol dire questo: al di là delle idee religiose, è una ricerca profonda dell’esistenza, il contatto con forze altre, la connessione con la natura, con gli animali. È un processo che va oltre la nostra formazione educativa. Oltre la catechesi c’è ciò che l’uomo, vivendo, può intercettare».
E oggi intercetterà i giovani, in una società segnata dalla “bulimia da social” come dice papa Leone, parlando loro della vita reale…
«Che la vita virtuale non sia la vita reale è un concetto da tenere ben presente. Anche io entro nel virtuale, ma solo lo stretto necessario. C’è un’idea, un’illusione, una configurazione di pixel che non esiste. Sapere che, a passi congiunti, ci uniamo al passo di giovani che camminano in cerca di speranza è meraviglioso. Un tempo le cattedrali non si costruivano a caso: geologicamente, le innalzavano in punti energetici potenti. Essere così in massa in quel punto, in Piazza San Pietro, dove si sente il calore dell’altro e il campo aurico diffuso… beh, la frequenza delle note e delle parole arriverà forte. E mi dà gioia sapere che possa arrivare ai giovani quel piccolo pensiero che, quella notte, mi ha attraversato nel mio silenzio: dire che la vita “sia benedetta”»,
Avrebbe voluto cantare anche altro?
«Se avessi potuto aggiungere una terza canzone, sarebbe stata Pace, un brano che ho scritto e cantato con Paolo Vallesi. È un tema azzeccatissimo. Il pezzo finisce con un parlato che dice: “Dov’è finito il buonsenso? Siamo noi la pace.” Sembra che la pace sia una cosa che ti porta il postino. Invece bisogna trovare un minimo di pace interiore per restituire amore proprio, per spogliarci di quei parassiti che prevalgono sul nostro essere: la popolarità, l’ego… Il successo personale è capire che siamo in un processo evolutivo».
Accettare anche l’impotenza dell’umano, forse?
«Sì, l’umano ha una sua scadenza. Bisogna intercettare la parte sottile che sta in noi, altrimenti ci abituiamo. L’ho scritto anche nel mio libro uscito a novembre per Baldini+Castoldi, La certezza di essere viva: è una raccolta di pensieri. Per me la scrittura non è solo canzone. Questi quaderni di pensieri si sono accumulati negli anni».
Incontrerà Papa Leone?
«Spero tanto di incontrarlo. Mi auguro che possa esserci, non tanto per il ruolo – che è ovviamente importante – ma perché è bello vedere la vicinanza di una persona così, che decide di partecipare al progetto del futuro, a rincuorare questi ragazzi che non sembrano avere punti certi per far crescere le loro radici. Per quanto riguarda l’istituzione, in passato mi ha allontanato la distanza tra ruoli centrali e poveri Cristi. Ma l’idea di umanizzare, di essere tutti sullo stesso piano, l’idea dell’“arrivabile”, dà speranza».
Che significato ha per tlei l’idea del pellegrinaggio?
«Io sono una pellegrina della Terra. Mi piace camminare nei boschi, sentire l’odore della terra. Pellegrini siamo nello spazio della vita. Siamo pellegrini sulla Terra fino all’apertura di un portale, speriamo, verso un Oltre. È l’esperienza che si fa durante il cammino: il condividere, l’abbracciarci. Il cammino è l’esperienza in sé».
Su quel portale, tradizionalmente, dovrebbe attenderci Pietro...Che figura è per lei?
«Questo incarico delle chiavi è… la chiave. Le scritture sacre sono grandi metafore che io cerco di interpretare. Pietro rappresenta la salvezza come speranza vissuta. Questo cammino è l’esperienza stessa della speranza. In tutti i suoi insegnamenti, lui ha trovato ciò che Gesù ha provato a scrivere in lui. Bellissimo che un “anonimo” sia stato scelto: questa è la vera chiave. La Forza creatrice cerca i puri e non i condizionati, e ha intercettato in Pietro un personaggio puro e impotente. Quando Cristo gli dice “sarò crocifisso” e Pietro replica “ma cosa dici?”, lui risponde: “Va’ via da me, Satana. Tu pensi come un uomo, non come Dio”. È lì che Pietro si accorge, cambia, prende consapevolezza e fonda comunità. Perché siamo tutti frammenti di Dio».

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