Alla Messa in inglese di Foggia: «Così la parrocchia si fa incontro a tutti»

di Antonella D'Avola, Foggia
Quartiere Ferrovia, una realtà segnata da fragilità e degrado. Ma dove, su richiesta dell’arcivescovo Ferretti, è nata una esperienza che lancia ponti tra famiglie italiane e nigeriane. E tra generazioni diverse. A partire da liturgia e catechismo
December 13, 2025
Foggia: padre Infant Raj, dei Missionari dei Sacri Cuori, nella chiesa di Santa Maria della Croce
Foggia: padre Infant Raj, dei Missionari dei Sacri Cuori, nella chiesa di Santa Maria della Croce
«In the name of the Father, and of the Son, and of the Holy Spirit». Il saluto iniziale della Messa risuona sotto le alte volte e gli archi a sesto acuto. Ma non siamo nelle antiche chiese gotiche inglesi, o in quelle più recenti del Nuovo Mondo. Siamo nella parrocchia di Santa Maria della Croce, a Foggia. Situata nel quartiere Ferrovia, la parrocchia, costruita in sostituzione dell’antica chiesa di Sant’Elena, demolita nel 1936, accoglie fra le sue navate non solo i fedeli italiani ma anche quelli che giungono nella terra di Capitanata da altri continenti. Per questo, su indicazione dell’arcivescovo di Foggia-Bovino Giorgio Ferretti, a Santa Maria della Croce ogni domenica, la Messa delle 12 è celebrata – anche – in lingua inglese. A presiederla alcuni religiosi appartenenti alla famiglia dei Missionari dei Sacri Cuori che svolgono il loro servizio pastorale a Deliceto.
«Favorire l’integrazione in una comunità significa anche consentire ai cristiani di origine straniera di poter pregare e avere una dignità religiosa – sottolinea Ferretti –. La Chiesa deve includere, e in questo può e deve aprire una strada per altri che intendono abbracciare lo stesso nobile scopo. I giovani della parrocchia si sono appassionati, e le famiglie, soprattutto nigeriane, che frequentano la Messa, vengono con i propri bambini che poi iniziano il percorso del catechismo», racconta il presule. «Quando l’arcivescovo ci ha chiesto di celebrare Messa in lingua inglese non ci siamo tirati indietro e abbiamo subito accolto questo invito – testimonia il parroco, don Francesco Saverio Trotta –. Siamo ancora in fase di rodaggio, ma abbiamo notato una partecipazione che va sempre più aumentando. Non solo tra chi non parla l’italiano, ma anche tra i parrocchiani italiani più giovani». E sono proprio i giovani della parrocchia, assieme alle proprie famiglie, ad animare e preparare, settimanalmente, la celebrazione in lingua inglese. «Ogni domenica consegniamo a chiunque entri per la Messa un libretto dove vi sono le letture e le preghiere in lingua inglese e in italiano», spiega Francesco, uno di loro, indicando le bacheche: «Per chi lo desidera c’è anche un QR Code. Inquadrandolo si può seguire la liturgia, e i testi dei canti, dallo smartphone».
«Non nascondiamo che ci sono state delle difficoltà all’inizio. L’opzione di celebrare tutta la Messa in lingua inglese è stata subito accantonata. L’arcivescovo ci ha chiesto di accogliere e integrare anche con lecelebrazioni quanti non comprendono la nostra lingua – continua il giovane –. Ma proprio perché sono in Italia, e qui vivono e lavorano, una liturgia tutta in inglese non sarebbe stata molto d’aiuto: così si è optato, ed è quello che facciamo ogni domenica a mezzogiorno, per una Messa con letture e preghiere sia in italiano sia in inglese. Con il passare delle settimane la situazione è notevolmente cambiata: i residenti si dimostrano entusiasti anche di poter imparare un po’ di lingua inglese, e gli stranieri migliorano di volta in volta il loro italiano».  Così, l’appuntamento della domenica a mezzogiorno è diventato molto di più: si è trasformato in un vero e proprio “ponte” tra due comunità, quella italiana e quella nigeriana, che un tempo si guardavano da lontano. A raccontare questa trasformazione sono Gaetano Tamma e sua figlia Giorgia, parte di una famiglia più ampia, impegnata nell’animare la celebrazione con canti, letture e soprattutto con la loro fede vissuta e condivisa. «All’inizio c’era freddezza, è inutile negarlo», dice Gaetano. «Gli italiani si sedevano da un lato, i nigeriani dall’altro. Qualche sorriso, molte distanze. Ora è tutto diverso.» Ma ciò che succede in quella chiesa va oltre le parole. È fatto di gesti che raccontano ciò che le parole non sanno esprimere. «È stata una scena tenerissima», ricorda Giorgia, riferendosi a quel giorno in cui i bambini nigeriani correvano tra i banchi e una signora anziana ne ha preso uno in braccio. «Un’immagine che da sola racconta cos’è l’energia dell’accoglienza». I legami, poi, si rafforzano anche fuori dalla Messa. Una giovane coppia nigeriana che si sposerà a breve ha chiesto proprio a Gaetano e Giorgia di fare da testimoni. «Per noi è stato commovente», afferma lui. «Vuol dire che la fiducia che si è creata è autentica, vera». L’iniziativa nasce tra l’altro in un momento delicato per il quartiere, segnato da degrado e microcriminalità tali da spingere i residenti a chiedere persino l’intervento dell’esercito. In un mondo che spesso divide, dunque, a Santa Maria della Croce si sceglie di unire. La Parola risuona in più lingue, ma il cuore della fede batte all’unisono.

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