domenica 22 marzo 2020
Scompare a Milano a 76 anni l'ex responsabile della Pastorale dei migranti dell'arcidiocesi. Padre attento ai bisogni di tutti, già missionario in Africa
Giancarlo Quadri in una foto del 2016

Giancarlo Quadri in una foto del 2016 - Archivio Avvenire

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“Pregate, pregate, pregate”. Sono le parole che don Giancarlo Quadri - morto il 22 marzo all’età di 76 anni in seguito al coronavirus - aveva consegnato qualche giorno fa a don Alberto Vitali, che dal 2014 gli era succeduto come responsabile della pastorale dei migranti per la diocesi di Milano. Parole che dicono della fede semplice e granitica che lo animava, e di cui contagiava coloro che lo incontravano, anche in condizioni difficili come quelle che spesso deve affrontare chi ha lasciato la sua terra in cerca di un futuro migliore.

Anche lui aveva migrato tante volte nella vita: prima come missionario fidei donum nello Zambia, poi cappellano delle comunità italiane in Marocco e in Gran Bretagna e infine - dopo avere ricoperto l’incarico nella diocesi ambrosiana - tra i nostri connazionali a Bruxelles.

Nel ricordo delle comunità etniche che hanno messo radici a Milano resta vivo il ricordo di un padre e di un amico, attento ascoltatore e insieme - se necessario - risoluto decisionista, capace di intercettare i bisogni della gente e di compiere scelte coraggiose quando le circostanze lo richiedevano.

Le comunità dei latinos custodiranno la memoria grata di un grande sostenitore del Senor de los milagros, una festa “importata” dal Perù che ogni anno raduna in processione migliaia di persone che sfilano nel centro di Milano dietro alla sacra immagine di Gesù crocifisso, per testimoniare a una città sempre più secolarizzata quanto sono ancora vive le radici cristiane dei loro popoli. E perché ogni comunità potesse rinvigorire le proprie radici, don Giancarlo aveva promosso la riapertura dell’antica chiesa di Santo Stefano, a due passi dal Duomo, utilizzata come cappellania dei migranti e dove ogni domenica si celebrano affollate messe nelle lingue dei Paesi di origine.

Ha promosso, spesso come antesignano, numerose occasioni di dialogo con i musulmani, invitando a superare i muri fatti di indifferenza e pregiudizio, costruendo occasioni di integrazione e convivenza, e aiutando a vincere la paura con un’arma chiamata amicizia, nella consapevolezza che tra gli uomini, prima della diversità, c’è una comunanza.

È la stessa arma che continuava a impugnare in questi ultimi anni quando si era stabilito presso la parrocchia di San Michele e Santa Rita nel quartiere Corvetto dove svolgeva incarichi pastorali. Lunedì scorso aveva aggiornato l’immagine di copertina sul suo profilo Facebook con il disegno di un bambino: un arcobaleno con la scritta “Andrà tutto bene” e un grande cuore. Grande come il suo, che continuerà a battere in Cielo e nella memoria dei tanti che lo ricordano e pregano per lui e insieme a lui.

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