Viaggio a Collescipoli. Dove ha chiuso l'ultima bottega
Il paese della provincia di Terni è stato candidato al concorso dei “Borghi più belli d'Italia”, ma i suoi mille abitanti hanno visto sparire anche il negozio di alimentari

Non si può vivere di sola storia, soprattutto se il presente è avaro. Nemmeno se la storia che hai dentro attraversa i secoli. Lo sanno bene gli abitanti di Collescipoli, borgo di mille abitanti nel comune di Terni: la Giunta l’ha candidato per entrare nel ristretto novero de “I borghi più belli d’Italia”, ma intanto chi ci vive vede il paese morire lentamente. Poche settimane fa ha chiuso l’ultimo negozio di alimentari e adesso girando per le vie non c’è più quasi niente. I problemi sono emersi già nel primo sopralluogo per la candidatura: «Hanno trovato abusivismo edilizio, incuria del verde, sporcizia e un disordine generalizzato –, dice Giuseppe Rogari, presidente dell’associazione Astrolabio, la più attiva del borgo –. Cosa vogliamo candidare? Un paese dimenticato che stava per perdere anche l’unico centro di ritrovo?».
Eccolo, il primo appuntamento con la storia. In piazza c’è un grande palazzo che ricorda come fino al 1927 “il colle di Scipione” (l’Africano, il cui busto sovrasta porta cittadina) fosse comune a sé stante, peraltro allora in provincia di Perugia. Dentro ci sono documenti che raccontano 500 anni di storia: dall’antica prigione pubblica alle testimonianze di chi ci è nato come il Cardinale Angelo Rapaccioli, che fu vescovo di Terni per un decennio dal 1646. Il Comune lo ha inserito fra i beni “inutilizzati” a disposizione per farne strutture ricettive, ma i residenti hanno fatto muro: «C’era una manifestazione di interesse per trasformarlo in bed and breakfast: abbiamo raccolto 316 firme per bloccarla e ci siamo riusciti – racconta Rogari– Il palazzo, infatti, non è inutilizzato: oltre all’archivio storico ospita la Pro Loco, la sede distaccata dei vigili e l’unico punto di incontro del borgo».
Inutilizzato davvero invece resta, per ora Palazzo Catucci, altro edificio di pregio, sede in passato di ben due università: «L’ultima era telematica (diversa da quella di cui è proprietario il sindaco Bandecchi ndr): si era offerta anche di fare le manutenzioni necessarie al sito, ma il Comune ha chiesto un canone di affitto altissimo e così se ne sono andati altrove», dice Rogari. Ma Collescipoli racconta anche la storia del Risorgimento: ha dato i natali a Giovanni Froscianti, segretario personale di Garibaldi e ospita lo storico beccaccino con cui il condottiero fuggì da Caprera. «L’idea che abbiamo è quella di realizzare un museo di quegli anni», prosegue Rogari.
Il vero centro nevralgico del paese è però l’antico chiostro di Santa Cecilia, una struttura del tardo ‘500 recentemente ristrutturata gestita dal Bac (Borgo Arti Collescipoli), un pool di associazioni nato con un preciso scopo: «Proviamo a tenere vivo il paese», spiega Andrea Giuli, giornalista e già vicesindaco di Terni, che della rete è il coordinatore delle attività culturali: «Organizziamo una serie di festival musicali, conferenze, presentazioni ed eventi– sottolinea – e parallelamente operiamo con una serie di laboratori e corsi di varie discipline artistiche. Poi realizziamo rievocazioni storiche e collaboriamo con tutte le feste tradizionali del territorio». Giuli poi lancia un appello: «Sarebbe bello se imprenditori locali ci aiutassero a poter crescere ancora».

Qualcuno (da fuori) ha risposto, come spiega Stefano Vitaloni, presidente del Centro Sociale Collescipoli Ancescao, aderente al Bac: «La rinascita di questo chiostro ha attirato la comunità dei Nomadi Digitali, i quali stanno cercando di proporre il borgo a professionisti che lavorano in giro per il mondo. In tre si sono già fatti avanti, hanno comprato appartamenti e ad ottobre altri verranno a fare un tour: Collescipoli piace perché c’è meno frenesia rispetto al centro cittadino e il chiostro diventerebbe per loro una sorta di hub. La nostra speranza è che siano da stimolo per riportare anche un po’ di attività commerciali».
Già, perché adesso a Collescipoli sono rimasti solo un ristorante, la farmacia e le poste. Passeggiando per le vie la sensazione di trascuratezza è palpabile. Lo conferma anche don Albin Kouhon, parroco delle due chiese locali. In quella di Santa Maria Maggiore è conservato uno dei due soli organi Hermans in Italia, risalente al 1678 e al quale è dedicato un importante festival: «Qui c’è tanta storia, ma anche tanta incuria – spiega – bisogna fare rete fra istituzioni e cittadini, perché questo borgo da fuori sembra pittoresco, ma quando arrivi dentro ti cadono le braccia. Un parrocchiano, quando ha saputo della candidatura nei borghi più belli d’Italia ha detto che prenderemo il premio per quello più sporco: ha ragione perché non si fa nulla per renderlo attraente».
Intanto, la chiusura dell’ultimo negozio di alimentari sta creando più di qualche problema: «Noi alla fine usciamo tranquillamente dal paese - dice un residente – ma gli anziani come fanno? Alcuni riescono a farsi portare la spesa a casa da qualche market che fa consegne a domicilio, ma non sempre va così».
© RIPRODUZIONE RISERVATA




