Un piano per uccidere papa Francesco? La polizia smentisce tutto
Il presunto piano terroristico sarebbe scattato in occasione della visita del 2024. Il vescovo Trevisi: il Pontefice fu informato di una pistola ritrovata in città ma mi disse di non essere spaven

L'Interpol ha arrestato un turco di 46 anni, Hasan Uzun, ora detenuto in carcere a Trieste, che avrebbe portato in città una pistola col proposito di uccidere papa Francesco il 7 luglio 2024, in occasione della sua visita a conclusione della 50ma Settimana Sociale dei cattolici in Italia. L’attentato rientrava in un piano dell'Isis turco per sopprimere il Capo della Chiesa? Il Piccolo, quotidiano di Trieste, ha pubblicato dei «carteggi di indagine riferiti agli accertamenti di intelligence» su quella pistola scoperta in un trolley depositato alla stazione dei treni il 6 luglio, quindi alla vigilia della chiusura della Settimana.
«Si tratta di un'automatica Cz modello 7B, calibro 9 Luger, matricola 5793N, con caricatore. C'erano le munizioni: 14 cartucce», scrive il giornale triestino, per il quale, «secondo le indagini, l'attentato sarebbe stato progettato da un'organizzazione turca legata all'Isis K. Uzun, 46 anni, estradato dall'Olanda, ha trascorso alcuni giorni in carcere a Milano e adesso è in una cella d'isolamento nel carcere del Coroneo. I reati contestati ad Uzun riguardano il porto e la detenzione abusiva di armi in concorso. Lo conferma l'avvocata Lucrezia Chermaz, che assiste l'uomo. La questura ha precisato che l’arresto del turco scaturisce dagli approfondimenti investigativi svolti dalla Digos di Trieste e dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione, coordinati dalla Procura del capoluogo giuliano, a seguito del ritrovamento dell’arma. E che, all’esito delle investigazioni, «nessuna evidenza è emersa in ordine a progettualità ostili o omicidiarie nei confronti del Santo Padre. Per contro, il responsabile sembrerebbe essere inserito in circuiti criminali non correlati al terrorismo di qualsivoglia matrice».
Il vescovo di Trieste, Enrico Trevisi, ricostruisce quella mattina del 7 luglio in cui accompagnò papa Francesco. «Quando il Papa è atterrato, ha salutato le varie autorità e io mi sono trovato a salire sulla papamobile; in quel momento il Santo Padre si rivolse ad una guardia del corpo chiedendo se avessero saputo qualcosa della pistola e rivolto a me aggiunse: le autorità mi hanno sconsigliato di venire a Trieste perché hanno ritrovato nella stazione una valigia con una pistola. E allora io gli chiesi: e lei? Ricordo quella sua mimica quasi per dire che “ci mancherebbe se mi spavento di queste cose”».
Il Papa, dunque, era stato avvisato. «Ma lui volle esserci - continua monsignor Trevisi - con determinazione e anche con tutta la passione e la gioia che ha manifestato nell'incontro poi che ha avuto con la città». Al vescovo di Trieste non risultano connessione tra il ritrovamento dell’arma da fuoco e un attentato: «La visita di Francesco a Trieste deve invece restare nella nostra memoria come un evento grandioso e profondamente significativo. Il Papa ci ha portato un discorso profondissimo su come i cristiani cattolici devono impegnarsi per la costruzione della comunità civile e dunque della partecipazione alla democrazia. E nell'incontro con la città e nella Messa in piazza Unità d'Italia ha fatto un'omelia che davvero ci ha entusiasmati nelle nostre responsabilità del vivere il Vangelo».
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