Un censimento per gli autovelox tra multe facili e rischi per la sicurezza
di Cinzia Arena
Il Mit ha avviato l'operazione di mappatura degli apparecchi, che in Italia sono almeno 11mila, con l'obiettivo di tutelare gli automobilisti. Ma ogni anno sulle strade muoiono più di 3mila persone

Un censimento degli autovelox per verificare la legittimità del loro utilizzo e di conseguenza delle multe erogate. Il Mit ha pubblicato ieri il decreto ministeriale che dà il via al censimento. I Comuni avranno circa due mesi per rispondere, la scadenza ultima è il 30 novembre.
Il nodo dell'omologazione. l caos autovelox è iniziato un anno e mezzo fa quando la Cassazione ha stabilito la nullità delle multe elevate dagli apparecchi approvati ma non omologati. Secondo una ricognizione fatta dall’Anci, l’Associazione nazionale comuni italiani, il 59,4% dei dispositivi fissi e il 67% di quelli mobili, è stato approvato prima del 2017, anno in cui il ministero dei Trasporti ha stabilito che per essere validi gli autovelox non andavano solo autorizzati ma anche omologati, cioè testati. In base alla sentenza della Cassazione quindi buona parte dei dispositivi (e delle multe) sarebbe irregolare.
L’obiettivo del governo, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ne ha fatto una battaglia personale, è garantire maggiore trasparenza sulla quantità e posizione degli impianti. Negli ultimi anni molti Comuni sono stati accusati di nascondere gli autovelox per fare più multe e incassare più soldi.
I dati da inserire nel censimento. Il censimento (previsto dal decreto ministeriale approvato lo scorso agosto) prevede che entro due mesi sulla piattaforma predisposta dal Mit vengano inseriti tutti i dati relativi a ogni singolo dispositivo da parte delle amministrazioni e degli enti dai quali dipendono gli organi di polizia stradale. Posizione, marca, modello, tipo di impianto, matricola. Ma il dato essenziale è la quello relativo appunto all’omologazione, un passaggio ulteriore rispetto all’approvazione, che prevede dei test tecnici per verificare le caratteristiche degli apparecchi. Ogni variazione o modifica rispetto ai dati inseriti deve essere immediatamente comunicata. Allo scadere del termine, il 30 novembre, chi non fornisce i dati richiesti non potrà più utilizzare autovelox sul proprio territorio, con il conseguente spegnimento degli apparecchi.
Sette milioni di incassi in un anno. Plaudono le associazioni dei consumatori che sposano la linea Salvini. I Comuni, sostengono, usano di fatto gli autovelox per fare cassa: ben 7 milioni il bilancio dell’anno scorso in base ai dati forniti da Assoutenti. Sarà finalmente possibile – commenta il Codacons - conoscere il numero di apparecchi installati in Italia, la loro ubicazione, e tutte le specifiche tecniche dei dispositivi usati da Comuni e forze dell'ordine.
Ma quanti sono gli autovelox in Italia? Dati ufficiali non ce ne sono. Secondo l’azienda francese Coyote group, che produce sistemi di assistenza alla guida nel 2021 in Italia erano attivi 14.297 autovelox, i due terzi nel Nord. Il sito Scdb.info, che si presenta come il database mondiale, parla di oltre 11mila, circa dire il 10% di tutti quelli presenti al mondo. Solo Russia e Brasile ne hanno un numero maggiore.
Quanti tipi di autovelox esistono? Ce ne sono di vari tipi: fissi, mobili, sistemi tutor (come quelli per misurare la velocità media tra due varchi in autostrada) e telecamere posizionate sui semafori (come il T-Red, che multa chi passa col rosso) e agli incroci. Gli autovelox più conosciuti e temuti sono quelli fissi: quelli mobili sono utilizzati per i controlli fatti dalla polizia locale sulle auto in transito.
I rischi sulla sicurezza. Se fare cassa con le “multe facili” non è certo un comportamento corretto c’è da dire che lo spegnimento degli autovelox in maniera indiscriminata potrebbe avere gravi conseguenze sulla sicurezza stradale, riducendo la capacità di deterrenza nei confronti degli automobilisti. In Italia ogni anno si superano i tremila morti sulle strade (3040 l’anno scorso con oltre 288mila feriti) inutile dire che molti sono dettati proprio dall’elevata velocità. C’è poi la questione economica: molti Comuni rischiano di vedere ridursi gli introiti, che dovrebbero essere destinati alla sicurezza stradale, ma che in molti casi finiscono per essere utilizzati per i servizi essenziali ai cittadini. L'equilibrio fra tutela degli automonilisti, esigenze di bilancio e sicurezza sulle strade è la vera sfida da affrontare per mettere ordine in questa delicata questione.
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