Siamo andati sulla strada per capire i ragazzi: «I maranza? Non esistono»

Durante il Covid il Comune di Bergamo ha iniziato a impiegare educatori professionisti per incontrare i gruppi giovanili, promuovere l’inclusione e prevenire episodi di devianza.
July 18, 2025
Siamo andati sulla strada per capire i ragazzi: «I maranza? Non esistono»
«Maranza? È una parola che non dice nulla». Vista dalla strada, è solo un'etichetta appiccicata su una scatola vuota, dove puoi metterci dentro tutti e nessuno. Le Giovani Onde, gli educatori del Consorzio Solco arruolati dal Comune di Bergamo per intercettare i gruppi di giovani (tra cui tanti nordafricani) che fluttuano tra i quartieri cittadini, lo spiegano senza tanti fronzoli: «Nessuno si riconosce in quella definizione - spiega la coordinatrice Arianna Boroni-. E se anche qualcuno si descrive così, lo fa per sfida. In strada esiste una grande pluralità, è difficile e anche inutile stabilire delle categorie». Se si vuole tentare di comprendere gli under 18, senza ridurli a “problema” o portatori di disagio, il primo passo è proprio andare oltre luoghi comuni e stereotipi. «Solo così si apre la via all’incontro e al dialogo» spiega Riccardo, uno degli educatori, mentre cammina per il quartiere di Loreto, dove ultimamente si sono registrati alcuni episodi di microcriminalità. Pochi giorni fa il parroco ha chiesto un incontro con le Giovani Onde e la polizia locale, preoccupato dalle intemperanze che sfiorano anche l’oratorio. Il metodo è quello già sperimentato da 5 anni in altri quartieri della città: osservare, capire, cercare soluzioni. E soprattutto mediare tra adolescenti e mondo adulto, che spesso guarda ai primi come se fossero fastidiosi alieni. «E invece sono solo ragazzi alle prese con le problematiche della loro età, cui si aggiunge l’incertezza sulle proprie radici. Molti non si sentono né italiani né stranieri, e questo li disorienta ulteriormente – osserva Marzia Marchesi, assessore alle politiche giovanili – Le regole non si discutono, ma poi occorre andare oltre, dare loro l’opportunità di farsi notare senza bisogno di fare gli spacconi».
Le Giovani Onde portano nei luoghi di ritrovo momenti informali e creativi che aiutano a esprimere doti più o meno nascoste. Gli educatori si fermano per suonare i bonghi, tracciare un graffito, improvvisare una performance. Eventi portati quasi per caso, come messaggi in bottiglia dalla marea. I ragazzi raccolgono l’invito, partecipano, si impegnano. È nato anche un podcast che raccoglie le tante voci della strada. «Finalmente ci vedete» disse una adolescente all’assessora durante lo spettacolo organizzato mesi fa davanti alla stazione ferroviaria, crocevia da sempre critico. Accorgersi di loro, ecco quello che chiedono. «Ci avviciniamo e ci presentiamo – aggiunge Riccardo – senza forzare il contatto né occupare il loro spazio. Due battute, qualche sorriso, soprattutto niente prediche. Al massimo qualche consiglio». Mentre gli educatori sostano su una panchina, dal passaggio del Filatoio - punto di transito e ritrovo dei giovani nomadi urbani – sbuca un gruppetto di vispi 14enni. Avvistano Riccardo e il compagno Dennis (le Onde si muovono sempre a coppia), si sbracciano e ridacchiano. Uno sfoggia la maglia del Marocco, con il nome di Ziyech, talento ribelle passato da Ajax e Chelsea. Arrivano e stringono le mani, uno mostra l’occhiale stravagante con orgoglio («L’ho pagato solo 5 euro, bello no?»), si fermano a chiacchierare. «Come mai non siete al Centro estivo dell’oratorio?» chiede Dennis. «Avevano già chiuso le iscrizioni…» rispondono. Dopo qualche minuto gli educatori salutano e se ne vanno, fedeli alla linea dell’approccio “soft”. Si va verso il centro, mentre Dennis racconta i rischi della dimensione social. «Il cyberbullismo ultimamente si è attenuato, semmai occorre fare attenzione ai trend che rilanciano le challenge, ovvero sfide spesso goliardiche che però a volte degenerano in spirali pericolose. Sono fenomeni rapidi, che raccolgono “like” e trovano tanti emulatori in poco tempo».
Davanti al Triangolo, enorme caseggiato a due passi dal centro, ci si incontra con Nando e Samuele, le altre due “Onde” in servizio, che indicano l’ultimo piano del parcheggio. «Sul finire dell’emergenza Covid alcuni gruppi salivano lassù per cimentarsi nelle battle (sfide di danza o a suon di rap, ndr), è stato uno dei primi interventi delle Giovani Onde. Il progetto era nato per gestire i ritrovi spontanei in cui non si osservava il distanziamento, da lì è proseguito in altre situazioni che richiedevano osservazione e proposte di intervento».
Come alle piscine Italcementi tra 2023 e 2024, quando ci furono tensioni innescate da comitive di giovani nordafricani, tra piccoli furti e provocazioni. «Si creò un muro contro muro con la vigilanza che peggiorava le cose. In mezzo ci siamo inseriti noi, dando spazio alle ragioni degli uni e degli altri. Il nervosismo si è abbassato, anche perché poi abbiamo proposto momenti di aggregazione che hanno contributo a creare un clima più sereno». L’opera di mediazione degli educatori è apprezzata anche dalla polizia locale, che li interpella spesso per “decifrare” comportamenti e situazioni. «Gli sceriffi non servono, meglio la prevenzione - sottolinea l’assessora Marchesi – all’inizio agenti e Onde si parlavano poco, adesso sono complementari. Ma la via è questa: bisogna collaborare perché nessuno risolve le cose da solo. Anche il Comune fa rete con scuole, oratori e associazioni culturali: solo il lavoro collettivo facilita l’integrazione». Possibilmente sul campo, senza grandi piani calati dall’alto. «Sulla strada certe situazioni le vedi da vicino, le senti, le annusi. Impari a sporcarti le mani e questo ti aiuta a comprendere» riflette Samuele. «Sei un osservatore “in” strada”, e non “di” strada. Sei nel mezzo, non fuori o al di sopra – aggiunge Nando – Solo così puoi sperare di capire i ragazzi».

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