Sanità, acqua e ferrovie: Calabria al voto per curare i soliti mali
La sfida è tra il governatore uscente Occhiuto (FI), dimessosi perché indagato e poi subito ricandidato, e l’ex presidente Inps Tridico (M5s). La regione ha il Pil pro-capite più basso d’Italia

Giovanni cammina sul lungomare Falcomatà di Reggio Calabria. Per lui il luccichio del mare, visto da quello che Gabriele D’Annunzio definì «il chilometro più bello d’Italia», non ha alcuna attrattiva. A 57 anni, è diventato un «esubero»: la sua azienda lo ha appena licenziato. Sta cercando altro, ma trova solo impieghi sotto pagati. Si sente un fallito e non sa cosa dire a moglie e figli, che fanno le superiori e vorrebbero andare all’università. Giovanni è uno di quei cittadini calabresi che - in questo avvio d’autunno in cui gli elettori si accingono a votare per il nuovo governo della Regione - ricevono sostegno dagli enti assistenziali cittadini. «Le famiglie si sono impoverite per l’aumento del costo della vita. Se prima cercavano di stringere i denti per far durare lo stipendio fino alla terza o quarta settimana del mese - ci spiega la direttrice della Caritas reggina, Maria Angela Ambrogio -, ora non ci riescono più e chiedono aiuto». Non è una novità, purtroppo. Da decenni la Calabria è in fondo alla classifiche virtuose e in cima a quelle preoccupanti: è maglia nera in Italia per il Pil pro capite (17mila euro annui nel 2023) ed è seconda in Europa (dopo la Guyana francese) per il tasso di persone a rischio di povertà ed esclusione sociale, il 48%, cioè una su due, secondo Eurostat. «Noi coordiniamo 4 mense da 160 pasti al giorno - racconta ancora Ambrogio -. Ci sono poi almeno 500 famiglie che vengono al nostro emporio, gli armadi solidali e i centri d’ascolto collegati ». Un’umanità dolente che forse non andrà nemmeno a votare, ingrossando il mesto “partito” dell’astensione in una Regione che conta un milione e 800mila abitanti, ma in parte solo sulla carta, perché molti non cambiano residenza mentre stanno cercando lavoro o studiando ad altre latitudini.
Tre “principi” candidati per la Cenerentola dello Stivale
Il quadro non è tanto differente nelle altre 4 province: Catanzaro , Cosenza, Crotone e Vibo Valentia. Girandole in auto per i comizi, sotto la scorza del momentaneo entusiasmo elettorale, si percepisce un atavico fatalismo: «Siamo come una Cenerentola che da secoli ha perduto a scarpiceddra, ma nessuno la ritrova», ironizza Pietro, idraulico quarantenne del Cosentino. Non ha deciso ancora se andrà a votare, in una regione in cui astensione fa rima con rassegnazione. I candidati a governatore sono tre. Favorito, in base ai sondaggi, resta il presidente uscente Roberto Occhiuto, vicesegretario di Forza Italia, dimessosi perché indagato per corruzione e poi ricandidato dal centrodestra. Lo sfidante più accreditato è l’ex presidente dell’Inps ed eurodeputato di M5s Pasquale Tridico, sostenuto dal “campo largo” di centrosinistra. E poi c’è l’outsider Francesco Toscano, avvocato e cofondatore di Democrazia sovrana e popolare. Sono i tre “principi” che dovrebbero ritrovare la “scarpina” della Calabria, per stare all’allegoria dell’idraulico Pietro. Ma lui è scettico: «Nessuno, credimi, si aspetta miracoli dalla politica - argomenta -. Ma almeno chiediamo interventi concreti che aggiustino le cose che non funzionano: acquedotti, ospedali, strade, ferrovie. Se mi chiamano per riparare un lavandino, io debbo farlo bene, altrimenti lascio il posto a un altro».
Sanità, acqua, infrastrutture e lo spettro della ‘ndrangheta
La campagna elettorale - che ha visto i big nazionali scendere da Roma per sostenere i propri candidati (dal trio Meloni Tajani-Salvini a Lamezia Terme per Occhiuto, a quello Schlein-Bonelli-Fratoianni per Tridico, mentre Conte è andato ieri a chiudere la campagna del “suo” candidato) ruota attorno alle sfide di sempre. La prima è quella della Sanità (in profondo rosso ma il cui commissariamento dopo 15 anni pare stia per finire): su 23 ospedali attivi, spiccano strutture valide come il polo universitario catanzarese Dulbecco, a fronte di altre con reparti chiusi per carenze di medici, infermieri e macchinari cruciali (come Tac o risonanze magnetiche). L’altro nodo annoso riguarda le infrastrutture da completare: la rete idrica; l’elettrificazione delle ferrovie (in gran parte ancora a binario unico) che va di pari passo con l’Alta velocità; e la rete stradale, con la Statale 106 ionica che assomma diversi lotti di raddoppio, esterni al transito urbano dei paesini, in attesa di cantiere. Opere indispensabili, forse propedeutiche a quel Ponte sullo Stretto (costo stimato 13,5 miliardi) voluto dal Governo ma contestato da ambientalisti e opposizioni . Il tutto in una terra che dall’Ottocento subisce le soperchierie della ‘ndrangheta, che intasca miliardi dai traffici di cocaina in transito nel porto di Gioia Tauro, nascosti fra i 4 milioni di container annui (primo scalo in Italia), ma al contempo insidia la politica, si lega alla massoneria deviata e impone un soffocante pizzo a centinaia di imprenditori che temono di denunciare, come mostrano le carte dell’operazione Restauro, appena chiusa dalla Dda di Reggio Calabria con 26 arresti a carico della cosca Piromalli. I calabresi crescono «in una terra crudele », canta Brunori Sas, «dove la neve si mescola al miele e le persone buone portano in testa corone di spine». Nino De Masi, produttore di macchine agricole di Rizziconi, nella Piana, vive sotto scorta da oltre un decennio e quelle spine le sente sulla pelle: «Dalle 1.700 pagine di quell’ordinanza d’arresto trasudano ferocia e omertà, è un’analisi sociologica sulla pervasività delle ‘ndrine. Io, che denuncio da anni, vengo definito in dialoghi intercettati “un infame”. E ormai mi trovo davanti a un angosciante bivio: debbo decidere se “normalizzarmi” o gridare ancora più forte».
Quando la speranza può nascere dalla «restanza»
Come se ne esce? Qualche spiraglio di luce arriva dai giovani che scelgono di rimanere a studiare nelle università calabresi (che annoverano atenei eccellenti, come l’Unical di Arcavata, che ha il più giovane rettore d’Italia, il 48enne Gianlugi Greco, ordinario di informatica) o da quanti tornano dopo anni altrove. Sono loro, giovani brillanti o rodati 40-50enni, i nuovi “resistenti” di questo lembo d’Italia: dai fondatori del Club Velico di Crotone, che organizza regate di livello internazionale, agli editori come Rubettino e Pellegrini, che continuano a stampare testi accurati. Persone che danno corpo, anima e speranza a quel cambio di paradigma che l’antropologo Vito Teti ha definito «restanza», nella convinzione che al diritto a partire corrisponda un diritto a rimanere. A loro e a tutti gli elettori è rivolto l’appello della Conferenza episcopale calabra, che invita ad accantonare «astensione e indifferenza» perché gravano «sui più deboli e consegnano il futuro nelle mani di pochi». La democrazia, scrivono i vescovi, «si alimenta della voce di ciascuno. Chi rinuncia a scegliere rinuncia a costruire il proprio futuro». Ed è «un lusso», concludono i presuli calabresi, «che la nostra terra, già solcata da diseguaglianze e migrazioni forzate, non può in alcun modo permettersi».
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