Per la Consulta è illegittimo il tetto agli stipendi dei dipendenti pubblici

Il limite massimo retributivo di 240mila euro era stato introdotto con un decreto legge del 2011. La decisione non avrà effetti retroattivi
July 27, 2025
Per la Consulta è illegittimo il tetto agli stipendi dei dipendenti pubblici
Il tetto agli stipendi dei dipendenti pubblici è incostituzionale. Non di per sé, ma certamente quello introdotto nel 2014 dal governo Renzi con un limite fissato 240mila euro (pari all’indennità del presidente della Repubblica), successivamente ritoccato con gli adeguamenti previsti dalla manovra del 2022 a 255mila euro. Lo ha stabilito una sentenza della Corte costituzionale motivando il pronunciamento con diversi argomenti. Il primo riguarda la natura della misura, nata con l’esecutivo Monti nell’ambito della spending review e poi resa strutturale durante il mandato dell’attuale leader di Italia viva, con una disposizione rigida e permanente. E il punto è questo: per la Consulta, nei primi anni di applicazione, la misura è stata ritenuta legittima poiché temporanea e giustificata dalla situazione di eccezionale crisi finanziaria in cui si trovava il Paese. Tuttavia, con il passare del tempo il carattere di straordinarietà che ne giustificava l’introduzione è venuto meno.
Il secondo aspetto riguarda la magistratura. Per i giudici costituzionali il tetto di 240mila euro rappresenta una lesione dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, anche perché scollegato dalla progressione di carriera e dai meccanismi retributivi specifici della categoria e foriero di una significativa decurtazione del trattamento economico riservato ad alcuni magistrati. Mentre il limite precedente (quello introdotto da Monti), poiché parametrato sullo stipendio del Primo presidente della Cassazione, contemplava dinamiche di adeguamento retributivo senza imporre un limite tout court.
Come detto, la Consulta ribadisce comunque che la previsione di un tetto retributivo per i pubblici dipendenti non contrasta di per sé con la Costituzione. Ma deve essere definito con decreto del presidente del Consiglio, previo parere delle commissioni parlamentari competenti.
Di fatto, ora si tornerà alla disposizione precedente, che fissa il limite a quanto percepito dal Primo presidente della Cassazione (allo stato di poco superiore ai 311mila). Asticella che sarà applicata, oltre che ai magistrati, a tutti i manager pubblici, compresi quelli Rai.
Secondo quanto si è appreso finora, il Governo, in attesa del testo del pronunciamento, starebbe già valutando una ricalibratura dell'importo, che potrebbe arrivare con una norma da inserire nella prossima legge di bilancio. Ma in ogni caso, trattandosi di una incostituzionalità sopravvenuta – sottolineano dalla Consulta - la declaratoria di illegittimità non è retroattiva e produrrà i suoi effetti solo dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale.
Al pronunciamento non hanno fatto seguito reazioni politiche, né da parte della maggioranza né sul fronte opposto. Neanche Renzi si è espresso e lo stesso i 5 stelle, che pure hanno sempre seguito con attenzione il tema delle retribuzioni per manager pubblici e parlamentari.

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