martedì 6 giugno 2023
È stata la stessa Squadra Mobile della Questura, con un lavoro di indagine di 8 mesi, a portare alla luce almeno 7 episodi di abusi su persone sottoposti alla custodia degli agenti ora ai domiciliari
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Uno schiaffo così «vigoroso da fargli perdere i sensi per alcuni minuti». E se il malcapitato dorme, che si fa per svegliarlo? Gli si urina addosso. «Stai zitto, altrimenti entro dentro e vedi cosa ti faccio», è una delle frasi con cui i poliziotti si rivolgevano ai fermati. Non bastavano le botte e gli insulti razzisti e xenofobi? Ecco che si infierisce utilizzando anche lo spray al peperoncino. «Ti spruzzo nel c...o», minacciava un ispettore. Orrore all’ombra dell’Arena. Indignazione. Così potevano essere trattati immigrati stranieri, senzatetto, drogati, alcolizzati, altra povera gente intercettata per strada, a Verona.

La questura ha scoperto tutto. Ha intercettato, indagato. Erano dei suoi. È andata avanti, a testa alta. E la Procura ha così mandato ai domiciliari cinque poliziotti, un ispettore e quattro agenti, della questura scaligera per accuse pesantissime: tortura, lesioni aggravate, peculato, rifiuto e omissione di atti di ufficio e falso ideologico in atto pubblico. Tra il mese di luglio dell’anno scorso ed il marzo di quest’anno, mentre svolgevano servizio alle Volanti, avrebbero picchiato persone fermate in strada per controlli. Ben 7 i casi di abusi. Con i verbali debitamente truccati. 10 altri poliziotti sono indagati perché non avrebbero reagito, seppur a conoscenza dei misfatti.

L'inchiesta è partita grazie ad una intercettazione telefonica, compiuta per un’altra indagine, in cui un agente si vantava di aver «messo al suo posto» una persona fermata dandogli due schiaffi. A indagare è stata la stessa squadra Mobile. Durissima ma esemplare la motivazione con cui il gip, Livia Magri, ha deciso gli arresti. «Si tratta di una pluralità di condotte integranti reiterate violenze foriere di “acute sofferenze fisiche”, che si desumono non solo dalle parole della persona offesa», ma «dai filmati acquisiti, che immortalano» la vittima «in preda a spasmi e contrazioni, lasciato al suo destino». Il gip non ha risparmiato neppure coloro rimasti… a guardare. «Come già sottolineato, questo atto denigratorio e sminuente ha incontrato l'approvazione e suscitato l'ilarità degli altri poliziotti presenti - si legge - tant'è che nessuno ha dato il minimo segnale di disappunto, portando avanti anche in seguito un coerente atteggiamento di scherno nei confronti della persona offesa, dovendosi rammentare che gli operanti, ai quali» la vittima «si rivolgeva manifestando sofferenza e chiedendo aiuto... facevano gesti che significavano che a loro non interessava il suo stato». Inoltre «uno degli operanti si divertiva ad accecare con la torcia» la vittima.

A venire vessati sarebbero stati stranieri e senzatetto in stato di fermo. «I soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressoché esclusiva , soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora, ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque soggetti particolarmente “deboli”», ha scritto il gip. La questura, diretta da Roberto Massucci, ha precisato che i poliziotti coinvolti «erano già stati trasferiti ad altri incarichi all’indomani della chiusura delle attività di indagine e quindi da alcuni mesi». E che, dopo i successivi accertamenti, il questore ha disposto la rimozione di altri 23 poliziotti che, «pur non avendo preso parte a episodi di violenza, si presume possa non aver impedito o comunque non aver denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi».


Da Amnesty International arriva un richiamo «a coloro che, in Parlamento e nel governo, spingono per una revisione delle norme in materia di tortura con l'obiettivo, neanche mascherato, di abolirle»: la cronaca, dice Noury, dà contro. «Nel 2001, in Italia, c'era chi sosteneva la necessità di una norma sulla tortura: non per vietarla, ma per regolamentarla, in risposta alle sfide senza precedenti del periodo post-11 settembre. Ventidue anni dopo, da Verona arriva la conferma che la tortura serve non a scopo di sicurezza - non è mai servita né servirà mai - ma solo per esibire potere su coloro che ne sono privi. È un'espressione di odio, nascosta dietro una divisa. È un mezzo per annientare e umiliare. Quello che è accaduto a Verona, dunque, ci insegna due lezioni: il reato di tortura deve restare in vigore per punire chi si macchia di uno dei più gravi crimini internazionali, ma anche per tutelare la maggior parte degli operatori delle forze di polizia, compresi coloro che hanno contribuito agli sviluppi dell'indagine in corso. Non ci sono solo 'mele marce' ma Verona dimostra che non c'è, almeno ancora, un 'sistema marcio'», ha concluso Noury.

Il Pd infine ha presentato un'interrogazione al ministro dell'Interno sottoscritta da molti deputati in cui si chiede a Piantedosi «di intervenire per far luce sui fatti di una gravità inaudita accaduti a Verona. Se questi fossero confermati, avremmo indagati colpevoli di avere tradito la propria funzione e il rapporto fra cittadino e forze dell'ordine».

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