martedì 31 marzo 2020
Per far fronte all’epidemia il Parlamento ha concesso ampi poteri al premier, che potrà governare per decreto e senza scadenza. L'opposizione: è dittatura
Il primo ministro ungherese Viktor Orbán durante il dibattito in Parlamento

Il primo ministro ungherese Viktor Orbán durante il dibattito in Parlamento - Ansa

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Una democrazia in quarantena. Nel pieno dell’emergenza coronavirus il premier Viktor Orbán, al potere dal 2010, fa compiere all’Ungheria un ulteriore rischioso passo nel suo percorso di “democrazia illiberale”. Il Parlamento di Budapest, con 153 voti favorevoli e 53 contrari, ha infatti concesso ampi poteri al capo del governo, che, per far fronte all’epidemia, potrà governare attraverso decreti per tutto il tempo in cui resterà in vigore lo stato d’emergenza decretato l’11 marzo senza alcuna scadenza e senza che nel frattempo possano tenersi elezioni. Inoltre, la legge introduce condanne fino a cinque anni di carcere per chiunque, giornalisti compresi, diffonda falsità sul virus o sulle misure per contrastarlo, una definizione che spaventa gli attivisti per la libertà di informazione. L’opposizione ha cercato di far inserire una limitazione temporale di 90 giorni, garantendo in cambio il suo appoggio, ma Orbán ha rifiutato. «Oggi inizia la ditta- tura senza maschera di Orbán», ha denunciato il leader dei socialisti ungheresi Bertalan Toth. Anche il numero uno del partito nazionalista Jobbik, Péter Jakab, ha parlato di «colpo di Stato», affermando che la situazione attuale non giustifica lo stato di emergenza così come si configura nella legge e che il voto di ieri in Parlamento dà al premier poteri illimitati che verranno usati per rafforzare la sua presa sul Paese piuttosto che per contrastare la diffusione del coronavirus. La risposta di Orbán non si è fatta attendere: «L’opposizione sta dalla parte del virus», ha affermato il leader di Fidesz.

In Ungheria finora sono stati certificati soltanto 447 contagiati da coronavirus, mentre il numero delle vittime è fermo a 15. Secondo gli esperti, però, i dati reali dell’epidemia potrebbero essere più alti, anche 15 volte di più. I servizi sanitari del Paese effettuano infatti pochissimi tamponi: dall’inizio dell’epidemia ne sono stati realizzati poco più di 13 mila. Negli ospedali i medici denunciano la mancanza di tute, guanti e mascherine protettive, e ci sono soltanto 2.560 apparecchi di respirazione in tutto il Paese.

Mentre l’Ue si riserva di valutare la mossa di Orbán, anche la direttrice dell’ufficio Istituzioni democratiche e diritti umani dell’Osce in Europa, Ingibjörg Gísladóttir, ha espresso preoccupazione: «Lo stato d’emergenza, ovunque sia dichiarato e per qualsiasi motivo, deve essere proporzionato al suo scopo e restare in vigore solo il tempo assolutamente necessario».

Più volte l’opposizione ungherese, spesso frammentata, ha parlato di «autoritarismo » del premier, portando ad esempio le riforme restrittive nell’ambito della giustizia, le nuove leggi sul lavoro definite “leggi schiavitù”, la quasi totale scomparsa di media indipendenti, con giornali e tv ormai appannaggio di ricchi uomini d’affari vicini allo stesso Orbán. Alle elezioni del 2018, Fidesz, il partito del premier, è riuscito ad aggiudicarsi 133 seggi parlamentari su 199, grazie ad una martellante campagna contro la supposta invasione dei migranti. Un’affermazione che si è ripetuta lo scorso anno alle europee, quando Fidesz ha raccolto il 52% dei consensi. Nel frattempo il partito al potere è stato sospeso dal Ppe, mentre l’Ungheria è finita sotto procedura d’infrazione Ue per violazione delle norme in materia di asilo. Lo scorso ottobre, con l’opposizione finalmente unita dietro un unico candidato, Fidesz è stata battuta alle municipali di Budapest, scalfendo il mito dell’imbattibilità di Orbán. Che però, ora, denunciano gli avversari, approfittando dell’epidemia è pronto a serrare i ranghi e a mostrare il pugno duro.

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