giovedì 23 gennaio 2025
Dodici detenuti hanno cominciato un corso di formazione per imparare il mestiere di operatore nel settore del tessile e due di loro saranno tra i primi assunti
L'inaugurazione del laboratorio di sartoria

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Almeno due persone saranno assunte come operai specializzati nella società benefit Grassi Spa Dodici detenuti della Casa circondariale di Busto Arsizio (Varese) hanno cominciato un corso di formazione per imparare il mestiere di operatore del settore tessile. Le lezioni e le attività di laboratorio termineranno entro febbraio e almeno due saranno assunti come operai specializzati dalla Grassi Spa, società benefit di Lonate Pozzolo. Ma potrebbe esserci spazio anche per gli altri, ai quali sarà comunque rilasciato un attestato da poter spendere in percorsi di reinserimento sociale, utili anche quando avranno terminato di scontare la pena. Il progetto di rabilitazione prevede l’apertura di una linea di confezione abbigliamento all’interno dell’istituto. Lo stabilisce un protocollo d’intesa firmato nei giorni scorsi dal direttore del carcere, Maria Pitaniello, dal presidente della Grassi Spa e della Confindustria varesina, Roberto Grassi, e dal prefetto Salvatore Pasquariello.

La convenzione si inserisce in un più ampio accordo finalizzato a “promuovere e sostenere il reinserimento sociale e lavorativo delle persone detenute, ex detenute e in esecuzione penale esterna”. La Grassi Spa applicherà agli assunti il Contratto Nazionale di settore usufruendo dei benefici della Legge Smuraglia: fino a 520 euro mensili erogati come crediti d’imposta e la riduzione del 95% di aliquota contributiva. Il laboratorio del penitenziario è stato dotato di 6 macchine da cucire e di 3 macchinari e tavoli per il taglio dei tessuti. È allo studio, inoltre, la realizzazione di una linea di abbigliamento come primo kit per i detenuti che arrivano nella Casa Circondariale senza cambio indumenti. Non si tratterà di divise carcerarie, ma di abiti casual realizzati attraverso il riutilizzo di tessuti dell’azienda. «Siamo in tanti ad avere rispetto per la storia e la vita di questi detenuti e crediamo in quello che possono essere e fare quando usciranno dal carcere – ha affermato il prefetto Pasquariello -, molta parte della società crede in loro, nella capacità che avranno di riformare la loro vita». «Ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare tanto per la società, anzi ha il dovere di farlo – ha proseguito – , ciascuno deve svolgere, come dice la Costituzione, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale. Questo vale anche per i detenuti una volta scontata la pena. Non devono dimenticare che anche loro hanno dei doveri. Hanno diritti che, insieme alla loro dignità, vengono sempre più riconosciuti, ma hanno anche loro il dovere, come cittadini, di aiutare la comunità in cui vivono».

L’auspicio del direttore del carcere, Pitaniello, «è che il laboratorio sia un punto di partenza per creare altre opportunità lavorative interne ed esterne: molti detenuti attendono mesi prima di poter lavorare, molti scoprono in occasione delle attività formative nuove abilità che non sapevano di possedere». Nella struttura di Busto Arsizio 140 reclusi risultano impegnati in attività lavorative alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria e di un datore di lavoro esterno presso una cioccolateria. «Ci sono penitenziari situati in siti totalmente scollegati da mondi produttivi. Anche a volerlo – commenta il cappellano don David Maria Riboldi – non si può fare granché. Ma il nostro carcere sorge in un territorio a vocazione industriale e manifatturiera importante. L’iniziativa di Roberto Grassi nasce all’interno dell’istituto, ma laddove il percorso giuridico lo consente, si possono avviare collaborazioni tra dentro e fuori per il lavoro esterno: uno esce la mattina, va a lavorare e rientra a sera. Quante aziende ci sono a Busto Arsizio, Gallarate, in Valle Olona? Le persone in carcere sono circa 440: una per azienda e in dieci anni il carcere non servirà più».

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