martedì 1 marzo 2016
La Commissione ecomafie indaga sulla discarica di Orvieto. «Destano preoccupazione» gli incrementi delle «incidenze oncologiche» rilevate nel Registro tumori.
Umbria, nuovo allarme veleni
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Sei e un quarto d’una mattina dello scorso ottobre: un camion (quello nella foto qui a destra, ndr) esce dalla discarica 'Le Crete' a Orvieto, la targa non si vede e ha una luce bianca posteriore assai forte, anzi quasi accecante. Uno dei tanti mezzi pesanti che – racconta le gente che abita lì vicino – soprattutto nelle ore buie raggiungono quella discarica. Nel dicembre scorso viene in Umbria la commissione parlamentare Antimafia. E due giorni fa la commissione parlamentare sulle Ecomafie. Entrambe fanno tappa anche a Orvieto, dopo il resto dell’Umbria, a cominciare da Terni e Perugia.  Così la sensazione è che possa esserci qualcosa su cui far luce, qui e forse in tutta la Regione. Alcune certezze paiono già esserci. In 108 punti vicini a discariche umbre sono presenti fanghi industriali e trielina (confermato dall’Arpa). Nel 2010, poi, certi numeri del Registro tumori misero in allarme: «Considerando complessivamente tutte le sedi di tumore – si leggeva – i valori dei rapporti standardizzati d’incidenza risultano più elevati a Città di Castello e e nei comuni limitrofi, a Terni e a Orvieto ». Cioè a ridosso di due grandi discariche (Città di Castello e Orvieto) e di un polo industriale ben noto. Infine, già da qualche anno ’ndrangheta e camorra si sono infiltrate (anche) in questa Regione. Un’indiziata speciale, ad esempio, è proprio quella discarica per rifiuti speciali, 'Le Crete', a un passo dalla cittadina orvietana e un altro dall’autostrada Roma-Firenze. Sulla quale indagò la prima volta nel 1997 la Procura di Orvieto, accertando come tutti i liquami prodotti finissero dritti nel fiume Paglia (che scorre a pochi metri dalla discarica). Poi, nel 2003, attraverso un accordo con la Regione Campania, qui sarebbero dovuti finire 20mila tonnellate d’immondizia napoletana e ne arrivarono invece 130mila. La Procura nel 2004 aprì una seconda inchiesta, perché stando ai formulari che accompagnavano i rifiuti, nei quali viene certificata la loro natura (ma anche la quantità, il trasportatore, il punto di carico, il punto di scarico e via precisando), erano stati sversati rifiuti mai caricati. Morale? Ad aprile scattarono i sigilli. Ma il processo venne spostato da Orvieto a Perugia, gli avvocati degli undici indagati si aggrapparono a un vizio di notifica, il processo slittò ad aprile 2009 e fine della storia con la prescrizione dei reati ambientali. Arriviamo quasi ai giorni nostri. L’11 marzo dello scorso anno la Sao (società del gruppo Acea specializzata in servizi d’igiene urbana, trattamento, recupero e smaltimento di rifiuti solidi urbani e speciali) scrive all’Arpa Umbria e alla Asl di Terni per far sapere che «nel corso delle ordinarie procedure di controllo e analisi, è stato rilevato un superamento del csc per il parametro mercurio». Ma «tale superamento – sottolinea subito dopo la Sao – è riferibile a un valore riconducibile alle attività estrattive di Cinabro del Monte Amiata». Il presidente della commissione Ecomafie, Alessandro Bratti (Pd): «Non siamo in Umbria nella situazione come quella, per intenderci, della gestione negli anni Novanta da parte dei Casalesi dei rifiuti tossici in Campania. Bisogna vedere se ci sono collusioni o probabili infiltrazioni negli assetti economici legali o pseudotali». Un altro componente della stessa Commissione, il leghista Paolo Arrigoni, spiega d’aver «chiesto alla Procura di Perugia (quella di Orvieto non esiste più dopo il riordino delle sedi giudiziarie, ndr) di acquisire come commissione tutte le indagini sviluppate sulla discarica di Orvieto riguardanti eventuali conferimenti di rifiuti anche pericolosi. Aspettiamo di riceverla, poi valuteremo il da farsi». Quelle alte incidenze oncologiche di sei anni fa? «Mettono in allarme».  Ad Arrigoni non piace un’altra cosa: «Le schede 'Orso' con la quantità dei rifiuti prodotti, che dovrebbero essere compilate da ciascun Comune, poi validate dall’Arpa e trasmesse all’Osservatorio regionale, ebbene abbiamo appena scoperto che per tre quarti dei comuni umbri queste schede sono state compilate dai gestori». Cioè il controllato che si fa anche da controllore? «Esattamente».
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