lunedì 8 dicembre 2014
A rischio la tassa sulle transazioni. La Campagna «Zerozerocinque» chiama l’Ecofin.
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​È il momento del dunque per la Campagna ZeroZeroCinque. E domani pomeriggio, alla vigilia del Consiglio europeo dei ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Unione, l’Ecofin, l’ultimo sotto la presidenza italiana, a Roma, Berlino, Madrid e Parigi la Campagna chiederà ai capi dei rispettivi governi di mantenere fede all’impegno assunto sulla Tassa sulle transazioni finanziarie (TTF), meglio conosciuta come Robin Hood Tax. Mantenere fede perché il giorno seguente, da Bruxelles, si attende l’annuncio dell’intesa tra undici Paesi dell’Ue impegnati nel negoziato sulla TTF, ossia un’imposta minima sulle compravendite di servizi finanziari che non scoraggia gli investimenti a medio-lungo periodo sui mercati, ma può arginare gli eccessi di coloro che acquistano e vendono titoli a brevissimo termine per guadagnare sulle piccole oscillazioni di valore. L’appello nasce da una preoccupazione, quella che vi possa essere una battuta d’arresto, o un annacquamento, dovuta al fatto che i leader degli undici Paesi possano subire le pressioni delle lobby finanziarie. Quelle lobby «allarmate dalla possibilità di implementazione di una misura fiscale e di regolamentazione finanziaria capace di penalizzare il trading ad alta frequenza e di aumentare il costo relativo di pratiche speculative rispetto a quelle di servizio all’economia reale», come spiega l’economista Leonardo Becchetti che è anche fra gli ideatori e il portavoce della Campagna ZeroZeroCinque. Di qui, prosegue Becchetti, l’appello al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan e al governo italiano affinché «in occasione del prossimo Consiglio dei ministri europei delle finanze, la presidenza italiana possa portare a casa un risultato significativo, favorendo il raggiungimento di un accordo ambizioso sulla TTF», ossia l’introduzione di una tassa «con un’architettura – prosegue Becchetti – efficace che preveda un’ampia base imponibile, principi di applicazione che ne rendano difficile l’elusione e che sia solidale con un pubblico impegno dei governi per la destinazione del gettito alla lotta alla povertà». Lo slogan è d’impatto. «E tu, Matteo (Renzi, ndr), da che parte stai? Dalla parte della speculazione o dell’equità?». La lotta alla povertà, infatti, potrebbe trovare un grande aiuto dall’introduzione di questa tassa. Secondo i calcoli degli ideatori, l’arrivo della Robin Hood Tax garantirebbe un gettito annuale sino a 35 miliardi di euro per gli undici Paesi coinvolti. Trentacinque miliardi che dovrebbero essere ridistribuiti per sostenere le famiglie meno abbienti e particolarmente colpite dalla crisi, nel proprio Paese o in quelli in via di sviluppo. Una somma, inoltre, che secondo la società civile che sostiene l’iniziativa (57 fra Ong, associazioni e sindacati solo in Italia) potrebbe essere impiegata per finanziare, in parte, un altro obiettivo non secondario del Pianeta: quello di nuove misure di contrasto al cambiamento climatico che, con i suoi devastanti effetti, sta diventando un problema non più rimandabile, oltre che un enorme costo. I calcoli degli ideatori della TTF stimano un gettito annuo, per il nostro Paese, oscillante tra i 5 e i 6 miliardi di euro. Una cifra che risolverebbe, spiegano, non pochi problemi. Un esempio: in quindici giorni la TTF europea raccoglierebbe risorse per recuperare, se raddoppiate, tutti i tagli effettuati in Italia nel quadriennio 2008-2012 al Fondo nazionale per le politiche sociali. E ancora: con 2,9 miliardi di euro – gettito mensile della TTF europea – si potrebbero pagare i salari per dodici mesi di un milione e mezzo di infermieri in Africa. In conclusione, ribadiscono con forza gli ideatori, si è davanti ad una grande opportunità perché, se è vero che il TTF è quasi «dietro l’angolo», si corre il rischio concreto che l’intervento finisca in una fase di stallo dei negoziati «preoccupante», dovuta, ovviamente, alle diverse posizioni degli Stati membri, che sono «ancorati ad interessi nazionali su cui fanno leva le ingenti pressioni delle lobby finanziarie nazionali».
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