venerdì 10 settembre 2021
Tutti prendono le distanze da «Un sogno chiamato bebè», la mostra mercato sulla vita. Meloni: «Scempio da fermare». Salvini «La donna non è un bancomat». Palazzo Marino: nessun contatto
La manifestazione inscenata a Parigi domenica dagli oppositori di «Désir d’enfant»

La manifestazione inscenata a Parigi domenica dagli oppositori di «Désir d’enfant»

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La mostra-mercato della vita umana annunciata a Milano per il maggio 2022 – come 'Avvenire' ha documentato due giorni fa – non poteva passare sotto il silenzio delle istituzioni cittadine. La fiera «Un sogno chiamato bebè» – «Désir d’enfant» nella versione parigina conclusa domenica, con stand di aziende specializzate in affitto di grembi materni e compravendita di embrioni – è un evento dal quale prendere le distanze.

«È importante chiarire che al Comune di Milano non è arrivata nessuna richiesta o informazione a riguardo»: è perentoria la nota dell’assessore a Educazione e Istruzione Laura Galimberti con cui Palazzo Marino ha precisato ieri che «l’Amministrazione non ha concesso alcuna autorizzazione o patrocinio o altre forme di sostegno all’iniziativa né, al momento, è nelle condizioni di intervenire per vietarlo». «Da donna e amministratrice – aggiunge Galimberti – ritengo che una fiera non sia il luogo più adatto ad affrontare temi così delicati» che «coinvolgono la dignità della donna e del bambino e il momento delicato dell’inizio della vita»: c’è il «rischio concreto» che «la polemica si sostituisca alle esigenze di un dibattito serio e approfondito».

Va ricordato che varie pratiche promosse dalla fiera parigina – format della società organizzatrice, che intende portarlo a Milano – in Italia sono illegali. Quello del Comune ieri non è stato il solo smarcamento dall’iniziativa: anche Fiera Milano «tiene a precisare che la fiera sulla maternità surrogata denominata 'Désir d’enfant', che secondo gli organi di stampa si terrà a Milano il 14 e 15 maggio 2022, non avrà luogo presso i quartieri fieristici e congressuali del Gruppo Fiera Milano».

Dichiarazioni senza ombre, cui le due istituzioni sono state spinte dall’incalzare delle voci allarmate o indignate, tra Roma e Milano. Battagliera, come sempre, la senatrice del Pd Valeria Valente: «Si tratta di un evento di marketing che promuove il presunto diritto di genitorialità a ogni costo, pure attraverso la pratica dell’utero in affitto. La notizia ha giustamente suscitato grande clamore e preoccupazione. Io credo che l’appuntamento di Milano di questo Salone – del quale di certo l’amministrazione non ha responsabilità – vada fermato ». Alla guida della Commissione senatoriale su femminicidio e violenza di genere, Valente rammenta che tra le pratiche promosse «è prevista perfino la possibilità di scegliere sia le caratteristiche del bebé dai cataloghi di materiale genetico sia la madre surrogata più rispondente alle proprie esigenze, con l’opzione di abbattere i costi in alcuni Paesi. Così si coltiva una cultura che rende merce e oggetti gli essere umani. Siamo ben al di là anche della schiavitù».

Esplicita anche Giorgia Meloni (FdI), che chiede al sindaco Sala «di dichiarare l’indisponibilità della città di Milano ad accogliere l’evento», annunciando che «Fratelli d’Italia darà battaglia affinché questo scempio venga fermato. Giù le mani dai bambini e dalle donne: la maternità surrogata è un abominio e l’utero in affitto deve diventare reato universale». «L’utero in affitto è una schifezza, la donna non è un bancomat », ricorda il leader della Lega, Matteo Salvini. Per la presidente della commissione parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza Licia Ronzulli (FI) «sbalordisce la notizia di una vera e propria fiera dell’utero in affitto» a Milano. «Mi auguro – attacca – che nessun hotel o altra struttura possa accettare di ospitare un obbrobrio simile il cui claim è: 'porta il tuo bambino a casa o avrai i tuoi soldi indietro'. Chi ha organizzato questo scandaloso business pensa che i bambini siano una batteria di pentole? Non si può consentire che nel nostro Paese si promuovano prassi barbare proibite dalle leggi».

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