.jpg?width=1024)
Una manifestazione di protesta dei lavoratori immigrati indiani a Latina - Ansa
Due nuovi arresti nella vicenda della drammatica morte del bracciante indiano, Satnam Singh, deceduto nel giugno scorso dopo aver perso il braccio destro in un macchinario mentre era al lavoro nei campi di Borgo Santa Maria, in provincia di Latina, e abbandonato davanti casa sua senza essere soccorso. Si tratta dell’imprenditore agricolo Renzo Lovato e del figlio Antonello, quest’ultimo già in carcere, accusato di omicidio volontario e per il quale il gip di Latina, Barbara Cortegiano, il 9 gennaio ha disposto il giudizio immediato fissandolo per l’1 aprile. I due, il secondo, legale rappresentante dell'azienda per cui lavorava Satnam Singh, e il primo, amministratore di fatto della ditta, sono ritenuti, in concorso tra loro, presunti responsabili di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro pluriaggravata, per avere utilizzato 7 braccianti in condizioni di irregolarità sul territorio nazionale, privi di permesso di soggiorno (tra loro Satnam), in condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno e della loro vulnerabilità.
Ad arrestarli, su disposizione della Procura della Repubblica di Latina, i Carabinieri del Comando Provinciale, dopo un’inchiesta partita il 17 giugno dopo il grave infortunio che due giorni dopo aveva portato alla morte di Satnam Singh. La Procura ha ritenuto che vi sia un “quadro indiziario gravissimo” a carico degli indagati, evidenziando il rischio di reiterazione del reato e la possibilità che gli stessi potessero fuggire dal territorio. L’inchiesta si è avvalsa di un’accurata analisi delle utenze telefoniche e dei social in uso ai lavoratori irregolari trovati sui campi al momento dell’infortunio, ma fondamentale è stata anche la collaborazione di quattro di loro. Avrebbero deciso di parlare, raccontando le condizioni nelle quali erano costretti a lavorare. Per questo hanno ottenuto il permesso di soggiorno per "casi speciali" come previsto dalla legge per le vittime che decidono di collaborare.

Sono stati così accertati la corresponsione di retribuzioni difformi dai contratti collettivi nazionali; la violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo e al riposo settimanale; la violazione delle norme in materia di sicurezza. In particolare esponendoli a situazioni di grave pericolo, per le caratteristiche delle prestazioni da svolgere e le condizioni di lavoro, impiegandoli in mansioni improprie mediante l’utilizzo di attrezzatura artigianale e pericolosa, come quella che ha poi provocato il gravissimo infortunio. Per la gravità della situazione l’autorità giudiziaria ha disposto anche il controllo giudiziale dell’azienda, nominando un amministratore giudiziario. Questo permetterà tra l’altro di non far perdere il lavoro ai braccianti e di mettere tutti in regola.
Ricordiamo che l’azienda degli imprenditori pontini era finita sotto inchiesta per irregolarità già prima della drammatica vicenda che aveva portato alla morte del bracciante indiano di etnia Sikh. L’inchiesta del 2019 aveva però portato all’avviso di garanzia per Renzo Lovato e altre 16 persone solo nell’agosto 2023. Dopo la morte di Satnam Singh ci sono state polemiche sul fatto che, malgrado la grave situazione di illegalità, l’azienda avesse potuto continuare a operare, e in modo irregolare. Come ben spiegato dal gip nell’accusa di omicidio volontario nei confronti di Antonello Lovato, il titolare avrebbe “causato con colpa, mediante la violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, il grave ferimento del lavoratore Singh Satnam, privo di permesso di soggiorno e senza regolare contratto di lavoro. Lavorando come addetto a manovrare l’attrezzo artigianale ‘avvolgitelo’, privo di qualsiasi protezione, rimaneva impigliato nello stesso per poi essere trascinato nell’attrezzatura, subendo l’amputazione totale dell’arto destro e altre gravi lesioni”.
Nelle prime ore successive all’incidente di Satnam, Renzo Lovato, in varie interviste e poi al magistrato, aveva minimizzato la vicenda, parlando di una leggerezza del bracciante e cercando di discolpare il figlio. Ora anche per lui sono scattate le manette, a conferma di un fenomeno di sfruttamento ancora molto diffuso nell’Agro Pontino. Solo nell’ultimo trimestre del 2024, i Carabinieri del Comando Provinciale di Latina, su 29 aziende controllate, ne hanno scoperte 18 irregolari, in cui lavoravano 18 braccianti stranieri non regolarmente assunti. Per 7 si è proceduto alla sospensione delle attività produttive e per una al sequestro penale di strutture fatiscenti adibite a dormitorio, cucina e deposito mezzi e attrezzi agricoli. Tredici le persone denunciate per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, mancata sorveglianza sanitaria, mancata valutazione dei rischi e violazione delle leggi sull’impiego di lavoratori. Il fatto più incredibile è che 5 delle 18 aziende irregolari sono risultate destinatarie di fondi UE.