mercoledì 30 ottobre 2019
Le 104 persone a bordo vengono condotte all'hotspot. Quattro portate in ospedale per controlli. Poi 70 andranno in Francia o in Germania
Lo sbarco dei migranti dalla Ocean Viking (Ansa)

Lo sbarco dei migranti dalla Ocean Viking (Ansa)

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«Thank you, thank you», «God bless you», «Merci beaucoup»: la gratitudine multilingue a bordo della nave Ocean Viking è commuovente al momento dell’arrivo sulla terraferma. Le braccia che si allargano, quei "take care" ripetuti a ciascuno, così come gli auguri di buona fortuna, in tutte le lingue che si parlavano a bordo, l’inglese, il francese e un poco di arabo: dopo tredici giorni a stretto contatto anche il senso di smarrimento e le timidezze iniziali di alcuni si sono smorzate, in favore di un ritrovato senso di libertà, pur essendo paradossalmente limitato ai 69 metri della Ocean Viking.

Prima delle 5 del mattino l’equipaggio è operativo, mentre sul ponte e nei container le persone soccorse trepidano nell’attesa di capire cosa ne sarà di loro. Prestissimo iniziano a muoversi con al collo l’unica borsa che hanno ricevuto, dopo il soccorso del 18 ottobre, dall’equipé di Msf: dentro una tuta, una t-shirt, uno spazzolino da denti, un asciugamano e delle calze. Le domande sulla bocca di tutti si rincorrono: "Ma quella è l’Italia?". "E cosa ci succederà? Dove andremo?".

Poi arriva il momento in cui si vede il porto, atteso da 11 giorni, farsi sempre più vicino e gli occhi si inumidiscono, le mani si stringono, le benedizioni vengono sussurrate guardandosi negli occhi, gli applausi ci sono per tutti, ma i cori sono per Julia, che a bordo si occupa della comunicazione, ma in questi 13 giorni non si mai è risparmiata nel supporto con donne e bambini, con giochi e traduzioni dal francese e dall’inglese. Il capo dei soccorritori Tanguy, che pure rimane defilato, viene cercato da molti e a lui si stringono in abbracci difficili da raccontare: come dimenticare il primo che ha teso la mano? Il primo ad aver detto: "Ora siete al sicuro"? Anche l’argentino Juan Pablo in questi tredici giorni di convivenza e resistenza è riuscito a essere oltre che un medico, un confidente e un amico per molti e lo si vede anche al momento dei saluti quando decide di far suonare dal suo telefono una cumbia argentina, inizia a ballare, imitato da molti altri, in un’ultima danza liberatoria, prima del "non si sa cosa accadrà", ma intanto quelle vite sono state salvate.

Intorno alle 9 la nave di Medici Senza frontiere e Sos Mediterranee finalmente attracca al porto di Pozzallo, in Sicilia, dopo che un ufficiale della Guardia costiera italiana era salito a bordo per indicare le manovre da eseguire all’equipaggio marittimo. Sul molo schierate le forze di polizia, i volontari della Croce Rossa italiana. Presenti in banchina anche la Protezione civile e una delegazione dell’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite.

Come prevede il protocollo, salgono a bordo i medici dell’Usmaf (Uffici di sanità marittima) per verificare le condizioni di salute delle persone e per suddividerle in gruppi. I primi a scendere sono i piccolissimi, di due e dieci mesi, seguiti dalle madri e dalle due donne incinte. «I due bambini hanno delle broncopatie, delle difficoltà respiratorie e sono stati trasferiti tutti e 6 all’ospedale di Modica per le cure del caso», ha spiegato il medico del porto Vincenzo Morello. Dopo di loro è stata la volta dei 31 minori non accompagnati e a seguire le famiglie con bambini, prima degli uomini. In 98 sono già stati trasferiti in pullman all’hotspot di Pozzallo. E' l'inizio di una nuova vita a terra, tutta da costruire e come direbbero alcuni di loro, "insha’Allah". Mentre in mare la nave Alan Kurdi da 5 giorni resta in attesa di un porto sicuro di approdo, così come la Open Arms che martedì aveva soccorso 15 persone, di cui si erano perse le tracce per oltre 20 ore.

LA GIORNATA DI MARTEDI: ASSEGNATO IL PORTO, URLA DI GIOIA ALLA PAROLA "ITALY"

Martedì alla parola "Italy" erano scoppiate le grida di gioia, i balli d'euforia, gli abbracci di gratitudine, i sorrisi che riempivano gli sguardi, ma anche le lacrime. Quelle che si provano a tenere nascoste, ma rigano i visi di alcuni. E per altri scendono copiose e fanno tremare tutto il corpo per la tensione accumulata in dieci giorni in balia delle onde, senza la possibilità di avvisare le proprie famiglie, senza sapere cosa realmente stesse succedendo, ma solo con un'istintiva fiducia verso chi ti ha teso la mano in mare.

Sono le 13 circa quando sulla plancia di comando della nave Ocean Viking arriva la conferma ufficiale dalla centrale di coordinamento e soccorso di Roma, l'Mrcc che dà istruzioni di raggiungere il porto di Pozzallo.

Nel corso della mattinata erano arrivati i primissimi segnali che lasciavano presagire una possibile soluzione per il disimbarco delle 104 persone soccorse venerdì 18 ottobre. Da qualche giorno le condizioni psico-fisiche dei naufraghi salvati iniziavano a deteriorarsi: è la mente che giocava brutti scherzi, tenendo molte delle persone soccorse in ostaggio di incubi e traumi di mesi, anni nei lager libici, di ore di violenze subite o a cui si è dovuto necessariamente assistere. E poi c'era il mal di mare, le nausee e il cibo che non è mai mancato, ma che non ha quel sapore di casa: tutte motivazioni valide a giustificare un clima di impazienza e nervosismo che si era iniziato a respirare negli ultimi due giorni. L'ago della bilancia è stato l'incontro di Monaco. Dove il ministro dell'Interno italiano, Luciana Lamorgese ha incontrato i ministri francese e tedesco con la medesima delega e insieme hanno trovato un accordo per la redistribuzione tra i tre Paesi europei, di circa 65 persone per ciascuno. Oltre alle 104 a bordo della nave Ocean Viking, rimaste in attesa tra Malta e Lampedusa dal 20 ottobre, vengono coinvolte nel meccanismo di redistribuzione anche le altre 91 sulla Alan Kurdi che però non ha ancora ricevuto un porto per l'approdo. Va ricordato che sabato 26 ottobre la nave di SeaEye aveva dovuto affrontare un soccorso ad alta tensione con la presenza di due motoscafi libici, di cui uno era armato (peraltro oggi il quotidiano tedesco Faz ha diffuso il video in esclusiva, ndr). "Abbiamo bisogno di soluzioni permanenti come discusso al G6 a Monaco di Baviera" ha commentato il commissario europeo Dimitris Avramopoulos dopo l'accordo tra Italia, Francia e Germania.

Intorno alle 11 era arrivata a bordo della Ocean Viking una prima telefonata dall'ufficiale di comando dell'Mrcc di Roma, la centrale di coordinamento e soccorso di Roma per chiedere conferma di quanti fossero le persone soccorse e la composizione delle famiglie. Dopo giorni in cui le comunicazioni ufficiali latitavano, quella chiamata era stato il segnale che lo stallo della Ocean Viking stesse per terminare; ma nelle medesime ore sulla plancia di comando si seguiva con l'angoscia di chi non può far nulla anche il ritrovamento di un altro gommone grigio, di cui da 20 ore si erano perse le tracce in mare.

OPEN ARMS INVERTE LA ROTTA E SALVA 15 PERSONE DA UN GOMMONE CHE SEMBRAVA DISPERSO

Per la prima volta stato avvistato lunedì alle 13.30 dal velivolo di Sea Watch, Moonbird che aveva diramato le coordinate, avvisando le centrali marittime dei Paesi più vicini che coordinano i soccorsi, La Valletta e Roma. Stando a quanto riportato da Riccardo Gatti, direttore di Open Arms Italia: la cosiddetta Guardia costiera della Libia aveva fatto sapere che il maltempo le avrebbe impedito di andare a intercettare l'imbarcazione in distress a circa 45 miglia dalle coste libiche. O forse erano troppi pochi a bordo per andarli a riprendere? Nessuna risposta, invece, era stata fornita lunedì dalle autorità italiane e maltesi che avrebbero potuto chiedere l'intervento di alcuni mercantili che si trovavano vicini al gommone all'orario dell'avvistamento. Ma nulla da fare, l'unica a muoversi era stata la nave Open Arms che si stava dirigendo verso l'Italia per il cambio di equipaggio, dopo il soccorso di 43 persone di sabato notte e dopo aver ricevuto l'ok al trasbordo su una nave militare maltese. Ma pur trovandosi a 150 miglia marine dalle coordinate fornite da Moonbird, la nave spagnola aveva invertito la rotta e dall'alba di martedì stava pattugliando al limite della cosiddetta Sar della Libia, nelle acque della Sar maltese, coadiuvata dall'alto del cielo dal biplano Moonbird. Solo grazie al secondo avvistamento dal cielo, sempre dei piloti di SeaWatch, e al lavoro di squadra con la Ong Open Arms le 15 persone a bordo del gommone oramai sgonfio e alla deriva nella Sar maltese sono state portate in salvo sulla nave spagnola. Va detto che per la Open Arms potrebbe aprirsi un nuovo caso di blocco in mare: l'Mrcc di Roma ha fatto sapere che il soccorso è di competenza di Malta, essendo avvenuto nella Sar maltese, mentre i maltesi alla richiesta di un porto di approdo hanno risposto che, a loro avviso, il gommone non andava soccorso perché in grado di proseguire fino a Lampedusa. I cedimenti di questi gommoni sono imprevedibili e a bordo erano presenti 7 minori, tra cui due neonati e due donne.

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