venerdì 3 settembre 2010
Il vescovo Fiorini Morosini: nessun legame con chi è nell’illegalità. Ribadita la condanna della ’ndragheta che usava questa festa per svolgere summit: qui le nostre strade si dividono ancora di più. Poi l’invito alla conversione.
- Servire i semplici e fermare il sacrilegio degli scellerati di G. Matino
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«Se qui si è toccato il fondo, da qui bisogna ripartire con una coscienza nuova». Dal santuario di Polsi, un anno dopo il video che immortalava la riunione dei capi bastone della ’ndrangheta, si è alzato forte il grido contro ogni forma di illegalità: Le parole pronunciate dal vescovo di Locri-Gerace, Giuseppe Fiorini Morosini, hanno scosso la valle aspromontana che custodisce il santuario della Madre del Buon Pastore, comunemente denominata Madonna della Montagna. Per la festa di ieri a Polsi sono arrivate migliaia di fedeli che hanno affrontato i disagi di strade dissestate e poco sicure.Ma nessuno è voluto mancare a questo giorno di festa che ha vissuto il suo momento centrale nella Santa messa presieduta dal vescovo Morosini. Il presule è partito dalle parole di Isaia ("I tuoi costruttori accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te") per spiegare che mentre il popolo di Dio da sempre si è recato a Polsi per «sperimentare più da vicino e in modo più intenso che Dio ci vuole bene e ci sostiene nel cammino della vita», altri, figli di questa stessa terra, hanno infangato, violato e profanato anche i suoi luoghi sacri e le sue devozioni. «In questo Santuario – ha detto il vescovo – si è consumata l’espressione più terribile della profanazione del sacro ed è stato fatto l’insulto più violento alla nostra fede e alla tradizione religiosa dei nostri padri». Davanti alla gente assiepata che lo ha interrotto tantissime volte con applausi Morosini ha delineato il vero volto di Polsi: «luogo di fede sofferta e di speranze inespresse; di pietà semplice e devota; scuola di religiosità semplice ed umile». Ha spiegato pure perché non si è lasciato «suggestionare da inviti a compiere gesti plateali», da più parte richiesti, come abolire la festa o chiudere il Santuario; gesti che umilierebbero ancora di più la fede di quanti «affrontano di notte il viaggio a piedi o sui camion e giungono qui tra canti e suoni, per esprimere la gioia di incontrare ancora la Madonna e riporre in lei la speranza che nutrono nell’animo di poter superare o almeno sopportare le difficoltà della vita». Non c’è nessun legame tra questo popolo di veri credenti e chi ha pensato di recarsi a Polsi «con l’illusione di poter dare un significato religioso alle loro attività illegali, che nulla hanno da condividere con la nostra fede cristiana». Lo ha gridato forte monsignor Morosini: «non c’è alcuna cosa che ci lega, cari fratelli che avete scelto la strada dell’illegalità per costruirvi la vita, le vostre ricchezze, il vostro potere, il vostro onore. Lo ripeto, non c’è nulla che possiamo condividere. I nostri cammini non si congiungono a Polsi, se mai si dividono ancora di più». Poi è andato oltre questa netta condanna, per dire che «la Chiesa, come madre amorosa, vi allarga le braccia e vi invita alla conversione» perché crede nella conversione dell’uomo, così come da credenti «rimane in noi la nostalgia di avere anche voi come fratelli di fede» per poter pregare assieme ai piedi della Madonna della Montagna. L’omelia di ieri mattina è stata la continuazione della riflessione sviluppata durante la veglia. Davanti a tanti giovani ha spiegato che si cade nell’illegalità «quando si ricerca il benessere e la ricchezza fuori dalle regole morali dettate dalla legge di Dio e degli uomini». Ha puntato il dito sulle tante colpe per le quali bisogna chiedere perdono a Dio: sull’egoismo (che «è alla base di tante forme di violenze») sulla mancanza di rispetto dell’altro e, in modo particolare, sulla «sopportazione dell’illegalità, della nostra mancanza di coraggio nel denunciare il male, lasciandolo così prosperare».
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