sabato 3 luglio 2021
Roma mette però in salvo le stoviglie biodegradabili e chiede una revisione della direttiva. Noi produciamo il 60% dei prodotti usa e getta per il settore alimentare, timori per l'occupazione
Al bando anche i contenitori in polistirolo per alimenti

Al bando anche i contenitori in polistirolo per alimenti - Ansa

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La direttiva europea sulla plastica è risultata indigesta all’Italia che ha chiesto chiarimenti definendo, per voce del ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani il provvedimento "poco chiaro" e incoerente. In particolare sulla messa al bando della bioplastica e delle stoviglie di carta rivestite da una sottile pellicola. Il rischio, secondo il governo e Confindustria, è che siano le aziende italiane quelle a pagare il prezzo più elevato di questa transizione. «Viene chiuso di fatto un intero settore industriale» ha ammonito il presidente degli industriali Carlo Bonomi, mentre Cingolani ha messo l’accento sull’incoerenza tra la direttiva e gli investimenti sullo sviluppo di nuovi materiali biodegradabili.

Da oggi nei paesi dell’Unione europea sono vietati gli oggetti in plastica monouso: piatti e posate (ma non i bicchieri), cannucce, cotton fioc, palette da cocktail, bastoncini dei palloncini, contenitori in polistirolo per alimenti e bevande. I negozi potranno continuare a venderli fino ad esaurimento scorte, poi saranno messi al bando. Le norme previste dalla direttiva europea Sup (Single Use Plastic), approvata nel 2019 e recepita dall’Italia con la legge 53/2021 per il momento non impattano sui prodotti usa e getta più diffusi, ma più difficili da sostituire con alternative ecologiche: dalle bottiglie per acqua e bibite ai flaconi di detergenti e detersivi, dalle scatolette alle buste per i cibi. Per i bicchieri di plastica c’è solo un invito a ridurre il consumo.

Sulle bioplastiche e sulle alternative alla plastica monouso è nato un contenzioso fra l’Italia e la Commissione europea. La direttiva europea non fa distinzione fra oggetti in plastica tradizionale (quella prodotta dal petrolio e non biodegradabile) e oggetti in plastiche "bio" prodotte da materie prime naturali come il mais, biodegradabili e compostabili. L’Italia invece le ha "riabilitate" escludendole dal divieto. E ha chiesto al vicepresidente della Commissione Frans Timmermans di rivedere le linee guida per l’applicazione della Sup.


La Sup, Single Use Plastic approvata nel 2019 mette al bando piatti, posate e cannucce ma non bicchieri, bottiglie, flaconi e scatolette

Altro motivo di scontro la carta plastificata, quella ricoperta da un sottile velo di plastica (meno del 10% del peso totale), usata per piatti, bicchieri, imballaggi, cartoni del latte e dei succhi di frutta. La direttiva non ne parla, ma le linee guida (approvate a maggio) estendono il bando anche a questi prodotti.

L’Italia è un grosso produttore di carta plastificata, produce circa il 35% di bicchieri e stoviglie per la ristorazione veloce. I lavoratori del settore packaging cartaceo sono 50mila. Sarebbe un altro contraccolpo fortissimo dopo i danni provocati dall’industria della plastica di cui il nostro Paese è il primo produttore: da solo detiene il 60% del mercato europeo dell’usa e getta con 280 aziende e un fatturato annuo di 815 milioni di euro.

«Non si abbassi la guardia sulle ripercussioni a carico di economia e lavoro» ha sottolineato Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, l’associazione delle aziende agricole e alimentari. Le richieste italiane ha aggiunto «incontrano il blocco di Francia e Germania, paesi che ad oggi non sembrano essere avanti nel settore del biodegradabile».

Ma c’è un’altra questione che agita le aziende del settore e riguarda l’obbligo dal 2025 di inserire un 25% di materiale riciclato nelle bottiglie di plastica. Anche su questo punto però manca una precisazione importante nella direttiva che riguarda la provenienza dei materiali. Antonello Ciotti, presidente di Cpme, organizzazione che rappresenta a livello continentale i produttori di Pet, spiega che da un lato la plastica riciclata costa il 50% in più, dall’altra è quasi impossibile effettuare dei controlli sul suo effettivo utilizzo.

Il rischio è che anche in questo settore si finisca per favorire la concorrenza straniera – per questo viene chiesto di precisare che la plastica in questione deve essere stata raccolta in Europa – come avvenuto per le stoviglie mono-uso. «Le aziende che facevano piatti e bicchieri hanno fermato le linee di produzione. Abbiamo eliminato un’industria nazionale molto forte per incrementare importazioni dalla Cina di prodotti non riciclabili come piatti in carta e posate in un materiale simile al legno che è fatto con la colla» spiega Ciotti. La paura è che si alimenti il fenomeno del greenwashing, l’ultima frontiera del marketing che consiste nel vendere come sostenibili prodotti che non lo sono.

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