sabato 5 luglio 2025
Il paradosso: Glovo aumenta i compensi e i sindacati bocciano l'accordo. La Regione Piemonte blocca le attività nelle ore più calde e loro restano senza introiti...
I rider lavorano con il caldo soffocante

I rider lavorano con il caldo soffocante - Duilio Piaggesi / fotogramma.it

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Il rischio per i rider è quello di finire, ancora una volta, “cornuti e mazziati”. Di avere, cioè, oltre al “danno” del lavorare con il caldo torrido, anche la “beffa” di non ricavarne alcun guadagno. Il risultato paradossale dell’azione sindacale da un lato e istituzionale dall’altro per difendere meglio i ciclofattorini, infatti, finirebbe per essere quello di lasciarli senza alcuna tutela.

Da un lato, la Cgil prima e gli altri sindacati poi, hanno detto no al (modestissimo) incremento del compenso deciso dalla piattaforma Glovo unilateralmente (e questo è ciò che alle confederazioni brucia più del Sole). Bollato come un “indegno incentivo al rischio”, i sindacati ne hanno imposto lo stop per aprire un confronto più complessivo.

Bene, benissimo, ma perché non avviare lo stesso la trattativa su tutte le altre necessità per i rider, lasciando che nel frattempo la maggiorazione scorresse nelle tasche dei pedalatori?

Allo stesso modo, lodevole l’intenzione di amministrazioni come il Piemonte e il Lazio, di ricomprendere anche i rider nelle misure che limitano le attività lavorative nelle fasce orarie più calde. Ma mentre un muro si può costruire anche alle 6 o l’erba si può tagliare alle 17, il pranzo si consuma necessariamente tra le 12 e le 15. Vietare le consegne dei cibi in questa fascia oraria significa semplicemente non far lavorare i ciclofattorini. Che, non essendo dipendenti, non possono godere di cassa integrazione o altri ammortizzatori. Per tutelarti meglio, insomma, ti lascio senza tutele…

La contraddizione resta la stessa da molti anni. I rider non sono considerati lavoratori dipendenti ma neppure sono davvero autonomi, visto che sostanzialmente dipendono da un algoritmo che ne regola chiamata, attività, tempo e itinerario di consegna. Dopo lunga discussione l’Unione Europea ha approvato una direttiva che però non è stata ancora pienamente recepita in Italia e il settore resta in una sorta di limbo. In cui variano, a seconda delle piattaforme, le dotazioni di dispositivi anti-infortunistici, le turnazioni, la scelta del grado di ingaggio senza che ciò comporti una penalizzazione sulle chiamate successive. E soprattutto le paghe, generalmente basse e sostanzialmente a cottimo.

È un sistema che, strutturalmente, per non fare pagare costi più alti al consumatore, si basa sull’assunto che i lavoratori vengano pagati poco e altrettanto poco tutelati (perciò, personalmente, preferisco non usufruire di questo servizio).

Ben venga, allora, che l’emergenza temperature scaldi di nuovo l’attenzione sulla condizione di questi lavoratori, purché però ciò si traduca in un confronto vero per aggiungere e non toglierle tutele, per sciogliere finalmente i nodi strutturali e non limitarsi a qualche provvedimento d’emergenza oggi per la canicola e d’inverno per la neve. Che tanto quelli pedalano comunque…

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