martedì 22 giugno 2021
Un sondaggio denuncia: in 9 su 10 anche in pieno lockdown o in zona rossa non hanno avuto alcun problema a reperire le sostanze, uscendo ad acquistarle o ricevendole a domicilio
Consumo di cocaina

Consumo di cocaina - Ansa

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Nessuna tregua. Nemmeno quando, in zona rossa, era impossibile quasi tutto. Il mondo chiuso, là fuori, lo spaccio aperto, assieme alla possibilità di dare sfogo alla propria dipendenza, accresciuta dalla solitudine, dall’isolamento e dalla paura. La droga con la pandemia ha fatto affari: lo hanno dimostrato i dati del rapporto pubblicato appena qualche giorno fa dal Dipartimento della Pubblica sicurezza, coi record assoluti di sequestri di cocaina e sostanze sintetiche nell’anno del lockdown. La droga, soprattutto, con la pandemia ha mietuto nuove vittime: non per strada, dove le morti per overdose quest’anno sono tornate a calare leggermente (308 nel 2020, 66 in meno rispetto al 2019), ma nelle case, nella normalità, tra pc e cellulari, con tutto a portata di clic: la cocaina da fumare (la moda del momento), la cannabis (consumi alle stelle), le benzodiazepine (facilissime da ottenere con la scusa dall’ansia da chiusura). Dipendenze pronte a esplodere nel ritorno alle relazioni sociali, con i risultati in termini di violenze che stiamo già misurando nelle ultime settimane. Come ogni anno a raccontare l’aspetto sociale di questo dramma, coi suoi nuovi volti, c’è l’Osservatorio tossicodipendenza di San Patrignano.

La comunità ha effettuato un sondaggio specifico tra le ragazze e i ragazzi che hanno fatto il loro ingresso in struttura tra maggio dell’anno scorso e questa primavera: 193 in tutto (di cui 37 persi per strada). Una cifra più che dimezzata rispetto agli standard, perché le restrizioni all’accoglienza e l’aiuto hanno fatto male eccome invece, portando il 40% di chi si era convinto a chiederlo ed entrare in una comunità a rinunciare. E costringendo la comunità più grande d’Italia a limitare gli ingressi da 40 a 25 mensili, complici la necessità di quarantena e le regole sanitarie stringenti. Risultato del questionario: in 9 su 10 anche in pieno lockdown o in zona rossa hanno cercato e non hanno avuto alcun problema a reperire le sostanze, o uscendo di casa ad acquistarle o ricevendole direttamente a domicilio. Di più, il 10% tra loro ha persino trovato più facile rifornirsi, e non necessariamente attraverso il web (che ha coinvolto soltanto una piccola percentuale di acquirenti, l’8%). Segno che il mercato s’è adattato in fretta al Covid, nella domanda come nell’offerta. Guardando ai dati generali di tutti gli ingressi di 2020 e 2021 in comunità (età media 30 anni, che tra le ragazze crolla a 25; 16 i minorenni) risulta invece evidente come stia cambiando la mappa dei consumi tra i giovani. La cocaina è alle stelle (specchio del record di sequestri di cui parlavamo): la consumano il 96% dei ragazzi, mai così tanti dall’inizio delle rilevazioni da parte di San Patrignano, «un incremento trainato dal crescente uso di cocaina fumare (crack), che provoca molta più dipendenza di quella inalata» spiega il responsabile della comunità Antonio Boschini. E fa anche molti più danni, per stessa ammissione dei ragazzi.

Ma la cocaina non basta più da sola: nel 90% dei casi si consuma assieme ad altro, alcol e cannabis (consumata nel 90% dei casi), con quest’ultima che è diventata dipendenza primaria nell’8,3% dei casi (contro poco più del 5% dell’anno scorso): è il dato più alto, anche questo, registrato dall’Osservatorio a partire dal 2015. Unito alle concentrazioni altissime di principio attivo presenti nelle dosi spacciate sul mercato (tra il 20% e il 28% secondo le stime dell’Agenzia europea delle droghe), segno di una nuova emergenza. Ma anche ketamina (34,4%), amfetamine (29%) e psicofarmaci fanno la loro parte, mix micidiali che arrivano a strutturare dipendenze incontrollate già a vent’anni. Che prendere in carico e curare diventa sempre più complicato.

Chi lo fa – su Avvenire lo abbiamo scritto spesso negli ultimi anni – si muove all’interno di una normativa obsoleta, il Testo unico del 1990, scritto per un mondo in cui la dipendenza era ancora l’eroina in siringa e i “tossici” fantasmi da scansare per la strada. Oggi impazzano Internet e l’azzardo, i consumi si intrecciano alle problematiche psichiatriche con i reparti ospedalieri che si riempiono prima dei Serd e delle comunità. E i giovani, i giovanissimi, spesso non trovano spazi di assistenza adeguati. Per non parlare della prevenzione, sparita del tutto dai radar delle istituzioni (ma anche di molte associazioni), complice la pandemia. Sono sfide che il mondo delle comunità – compatto, nessuna realtà esclusa – presenterà all’incontro organizzato con la neoministra Fabiana Dadone in occasione della Giornata mondiale contro la droga del 26 giugno, assieme all’esigenza di ripensare radicalmente le politiche sulle dipendenze. Il traguardo del dibattito dovrebbe e vorrebbe essere, per il mondo delle comunità e degli stessi Serd, una Conferenza nazionale sulla droga, che nel nostro Paese non viene convocata dal 2009 (per trovarne una di rilevanza bisogna tornare indietro addirittura al 2000). L’auspicio è che ci si arrivi entro l’anno, la sensazione è che sarà comunque troppo tardi rispetto alla nuova ondata di richieste d’aiuto (soprattutto tra i minori) che potrebbero investire, dopo i danni del Covid, un mondo dell’assistenza impreparato e privo delle risorse necessarie per farlo.

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