mercoledì 7 febbraio 2018
Migranti arruolati dai caporali per la raccolta degli agrumi. Ma Coldiretti accusa anche le politiche della grande distribuzione a danno di produttori e braccianti
I negrieri delle campagne: 1 euro per ogni cassetta di mandarini
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Migranti sfruttati da caporali e imprenditori con pochi scrupoli. Pagati molto meno degli italiani, spesso con retribuzioni da neo schiavitù. La Guardia di finanza di Montegiordano ha scoperto braccianti retribuiti con 1 euro per ogni cassetta di mandarini raccolti. Le Fiamme gialle hanno denunciato a piede libero sei persone e arrestato una settima. Le indagini sono partite nei mesi passati in seguito a un controllo di routine nel territorio comunale di Roseto Capo Spulico, quasi al confine con la Lucania. I militari hanno fermato, tra gli altri veicoli, un furgone con a bordo un italiano titolare di un’azienda agricola e numerosi extracomunitari, molti dei quali privi di documenti di riconoscimento. Erano diretti in terreni della vicina Basilicata per cominciare la giornata di lavoro con la raccolta degli agrumi. Attraverso le dichiarazioni dei lavoratori, hanno chiarito i finanzieri coordinati dalla procura di Castrovillari, sono stati individuati dieci lavoratori completamente in nero sfruttati dai proprietari di due aziende lucane. I titolari delle realtà agricole coinvolte nell’inchiesta e una donna rumena dovranno rispondere di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Tre dei migranti, invece, sono stati denunciati poiché privi di permesso di soggiorno.

Non è la prima inchiesta che alza il velo sull’imponente sfruttamento di immigrati e altri braccianti, in terra calabra come altrove. Su queste stesse colonne il presidente regionale di Coldiretti, Pietro Molinaro ha denunciato il problema del valore sul mercato degli agrumi, spesso abbondantemente sotto i costi di produzione. «Sulla pianta – spiegava Molinaro – le clementine sono pagate a 10 centesimi al chilo, che diventano 20 se c’è l’impegno di portare il prodotto ai centri di confezionamento. Se si fanno due conti i costi di produzione ammontano a 25 centesimi e i costi di raccolta a 12 centesimi, quindi gli agricoltori perdono secco il 50%». Molinaro individua il passaggio a vuoto: «I confezionatori e la distribuzione che sottopagano il prodotto sono sordi a qualunque richiesta di responsabilità, trasparenza e legalità tra le diverse componenti della filiera agrumicola e di fatto alimentano lo sfruttamento di agricoltori e lavoratori, compromettendo la competitività d’un comparto strategico della Calabria». In Calabria è prodotto il 69% delle clementine italiane, il resto proviene da Basilicata e Puglia. Una catena produttiva che secondo Coldiretti può contare su circa 10mila ettari di terreni, garantendo uno straordinario indotto occupazionale: bastano tre ettari per creare un posto di lavoro l’anno. A esso bisogna aggiungere quanti trovano spazio nella trasformazione, nel confezionamento e nella distribuzione. Per non contare la vendita all’ingrosso e al dettaglio.


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