
Il momento in cui la polizia restituisce Sofia alla sua mamma, in ospedale - Polizia
Ora che la piccola Sofia è al sicuro tra le braccia dei (veri) genitori, ora che l’assillante angoscia della ricerca, è stata risolta dalla brillante operazione della squadra Mobile (sottolineata anche dalla premier Giorgia Meloni), la vicenda della neonata rapita nella Casa di cura Sacro Cuore di Cosenza, e ritrovata dopo alcune ore a casa della 51enne Rosa Vespa e del marito Acqua Moses, di 43 – entrambi fermati -, può essere esaminata con maggiore distacco. Partendo proprio dal punto che più inquieta: la sorveglianza della clinica.
Martedì pomeriggio, Vespa è andata nella clinica insieme al marito, si è messa una mascherina sul volto ed ha bussato ad una camera chiedendo se fosse in programma il bagnetto. Alla risposta negativa, è passata alla stanza successiva. Qui ha trovato mamma Valeria con Sofia e le nonne. Spacciandosi per puericultrice, ha preso la piccola dicendo che la doveva visitare il pediatra. Non vedendola tornare, la mamma si è preoccupata. E così è partito l’allarme sequestro. Un gesto compiuto con semplicità e sicurezza: quelle che emergono dalle immagini di sorveglianza che hanno fatto il giro del web. Non a caso, la polizia ha riferito che tra gli aspetti prioritari da valutare c’è proprio «la facilità» con cui i sequestratori sono entrati ed usciti dalla clinica. Una dinamica che impegnerà anche la Procura del capoluogo ma che non deve (più) preoccupare. Ecco le parole del questore Giuseppe Cannizzaro: «Non è una situazione che deve allarmare. Non c'è in giro qualcuno che rapisce bambini. È un episodio singolo e risolto in brevissimo tempo». Martedì, ha aggiunto Cannizzaro, «tutta la questura di Cosenza era sulla strada e non c'era un agente, anche libero dal servizio, che non fosse in giro e alla ricerca della piccola».
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La squadra Mobile della questura di Cosenza porta via la bimba dalla casa dei due sequestratori - Ansa
Il secondo punto sconcertante investe la personalità di Rosa Vespa e del suo coniuge senegalese. Lei ha simulato per nove mesi la gravidanza e l'8 gennaio ha anche annunciato la nascita di un maschietto, Ansel, con un post su Facebook. Quando gli agenti sono entrati in casa della coppia a Castrolibero, hanno trovato i due intenti a festeggiare con i parenti l'entrata in casa del “neonato” che avevano vestito come un maschietto. La coppia avrebbe avuto una lite nei momenti successivi al rapimento. È quanto si intuisce dalla videosorveglianza della clinica. L'uomo si è reso conto che la moglie aveva prelevato una femminuccia e non un maschietto mentre loro avevano annunciato di avere avuto un figlio. La piccola è stata vestita di celeste prima della festa che era stata organizzata in casa dei due. Una «valutazione psicologica» sulla donna «è rimandata agli esperti e in altra sede», ha affermato il capo della Mobile, Gabriele Presti. La donna, interrogata dagli investigatori, «ha provato a mitigare giustificando il fatto con gravidanze che non erano andate a buon fine». La polizia sta cercando di capire anche se ci sono stati altri tentativi dei due di mettere in atto un sequestro. Riguardo alla festa nel loro appartamento, gli agenti l'hanno definita una pantomima. «Siamo tutti sconvolti. Nel nostro condomino le famiglie abitano da più di 40 anni e siamo, non per modo di dire, una famiglia. Rosa è sempre stata una ragazza sana, vivace. Ha trovato l’amore con questo ragazzo bravissimo. Un gran lavoratore e molto rispettoso di tutti». Così un vicino di casa della coppia, che abita nello stesso palazzo a Castrolibero. «Per quello che ne so – ha quindi dichiarato – ha sempre mostrato gli esiti delle ecografie, persino la morfologica. E non ha mai chiesto alla madre o alla sorella di farsi accompagnare alle visite mediche».

Rosa Vespa e Acqua Moses - Ansa
E poi c’è la mamma di Sofia, colpita da una sofferenza difficile da rimarginare. È rimasta in clinica. Lo choc subito ha suggerito ai sanitari di trattenerla ancora. Ma è probabile che la donna e la neonata possano tornare a casa nelle prossime ore. Nei suoi occhi un incubo ancora presente: «È stato come morire e risorgere – ha dichiarato assieme al marito –. Ho pensato il peggio, di non rivederla più. Ma tutta la Calabria si è data da fare per ritrovarla». Poi si è rivolta a Samantha, la poliziotta che le è stata più vicina, l’“angelo” a cui, pensando ai sequestratori, ha espresso un desiderio: «Promettimi che non lasceranno mai il carcere, che non me li vedrò più davanti».